Il “post” piace ai galleristi e la sua arte vola a Innsbruck
L'artista angerese Carlo Maria Baranzini parteciperà alla grande esposizione di arte contemporanea. Ad attirare l'attenzione sulle sue opere le foto pubblicate su Facebook
Cosa racconta di noi il nostro profilo Facebook? Quanto rivela di quello che siamo, dei nostri interessi, delle nostre abilità? Nel caso di Carlo Maria Baranzini, ventiseienne di Angera, molto più di un curriculum o di una biografia. Ad attirare l’attenzione della galleria d’arte, che oggi lo ha preso “sotto la sua ala”, sono state proprio le foto delle opere che il giovane aveva postato sulla sua pagina personale.
Sostengono alcuni esperti, che sul social network creato da Zuckerberg sia naturale entrare in contatto con chi condivide il nostro pensiero o le nostre passioni e questo caso sembrerebbe confermare un’ipotesi simile. Così infatti è stato: «Sono stato contattato per i miei lavori da una galleria d’arte fiorentina, Art-Expertise, – racconta Baranzini – e da quel momento è nata la mia collaborazione con loro. La prima esposizione a cui ho partecipato è stata la Biennale internazionale d’arte contemporanea della Versilia e devo dire che è stata un’esperienza molto positiva». Positiva al punto da offrire una seconda grande opportunità: «Subito dopo è arrivata l’occasione di portare una mia opera ad Art Innsbruck, il più importante evento artistico austriaco, un’esposizione internazionale di arte contemporanea giunta quest’anno alla sua ventesima edizione. La rassegna si terrà dal 28 al 31 gennaio e sono appena tornato da Firenze dove sono stato per consegnare personalmente il mio lavoro: un dittico che racconta in un certo senso il mio rapporto con questo grande evento».
Fotografia concettuale, cinema ma anche scrittura e poi il mondo “senza confini” dei videogiochi: non importa quale sia lo strumento, l’importante è avere un contenuto, un messaggio, una storia da comunicare. È per questo che Baranzini può essere definito un artista dell’era digitale: «Mi piace cercare di rompere gli schemi, percorrere forme di espressione innovative e sperimentali. La mia passione più grande è sempre stata la scrittura ma poi ho scelto anche altri strumenti. L’arte oggi ha grandi potenzialità anche se non è sempre facile uscire dai canoni a cui siamo abituati. Quello dei videogiochi, ad esempio, è un canale di espressione molto interessante, che ha il solo limite dell’immaginazione e che oggi non riguarda più soltanto il pubblico dei giovanissimi».
Può l’arte essere considerata una componente dell’incredibile successo di alcune saghe come Assassin’s Creed o Minecraft o di passatempi da smartphone come Candy Crush? «Si dice che un videogioco “ci cattura” e questo non dipende da variabili che possono essere decise a tavolino. C’è anche una componente istintiva ed emotiva verso ciò che rende un gioco accattivante. Qui l’arte gioca un ruolo decisivo». Ed è in questo campo che Baranzini sta concentrando parte della sua formazione e attività: frequenta il corso di game design della Digital Bros Game Academy ed è redattore per GameSoul (GameStop Italia’s blog) dove cura una rubrica cinematografica settimanale (Popcorn Time).
La cittadina della Rocca ha potuto apprezzare il talento di questo suo giovane cittadino in occasione dell’ultima edizione di Cortomaggiore, manifestazione dedicata ai cortometraggi che da alcuni anni si tiene sulle rive lombarde del Verbano. Nel corso dell’edizione 2015, Carlo Maria Baranzini ha presentato il suo cortometraggio dal titolo “Tartare” ed è la videocamera ad assorbire in questo momento la maggior parte del suo tempo: «Il percorso artistico intrapreso da ormai un paio d’anni è sfociato nell’opera che occupa la maggior parte del mio tempo e del mio pensiero, un lungometraggio, dal titolo provvisorio “Tiger”, ispirato alla meravigliosa, intricata, controversa mente del noto pittore italiano Antonio Ligabue ed alla concezione di arte come evasione e sfogo delle più profonde, incontenibili emozioni».
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