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«Così ho riportato in vita l’antico libro dimenticato»

La seconda parte della storia dell’Antifonario Ambrosiano di Brezzo di Bedero raccontata da chi lo ha restaurato: Fratel Nicola, un monaco che da 50 anni mette a nuovo libri di ogni età, minacciati dal tempo e dalle intemperie

antifonario monaci dumenzaQuelle pagine nascoste per secoli sulle travi della chiesa non potevano sapere che il loro salvatore sarebbe stato un monaco benedettino di un lontano monastero del Veneto, e venuto a vivere a poca distanza da dove probabilmente vennero vergate. La storia dell’antico antifonario ambrosiano, risalente al XII secolo, si arricchisce di un altro tassello. Eravamo rimasti al “mistero Rosenthal”: una delle due parti del libro sacro è stata venduta al British Museum da un libraio tedesco a fine ‘800, mentre quella posseduta dalla parrocchia di Brezzo di Bedero è invece stata trovata sui vecchi legni di sostegno sopra la navata centrale della Pieve dedicata a San Vittore. Cosa accadde dalla data del ritrovamento (fine anni ’70) ad oggi, a queste pergamene su cui vennero impresse le antiche liturgie del rito ambrosiano? E il mistero (su chi le nascose sulle navate, e su come la parte mancante arrivò nelle mani del libraio Rosemberg) riuscirà ad essere svelato?
Una volta trovate, queste pagine vennero custodite nella sacrestìa della Pieve e successivamente affidate all’abbazia benedettina di Santa Maria Assunta di Praglia, in provincia di Padova: un luogo ancora oggi rinomato come centro di eccellenza per il restauro librario. Qui, le prime mani che toccarono questo libro sono le stesse che abbiamo vistoantifonario monaci dumenza all’opera nella comunità monacale di Dumenza, alle prese con antiche stampe da restaurare: mani salde, con cinquant’anni di lavoro scritte fra le pieghe della pelle e nella fermezza del polso: intento a stendere la cellulosa trasparente per rinforzare i fogli, Fratel Nicola, 77 anni, ha dedicato la sua vita al restauro dei libri antichi.
«Entrai nel laboratorio di Praglia nel 1958 – racconta il religioso – . Il mattino seguente al mio ingresso in monastero, il superiore mi disse: “Ti occuperai di restaurare libri”. Ero un po’ perplesso. Ma è un’attività che appassiona. Da allora è la mia attività».
A dire il vero Nicola è a riposo, ma il ruolo di pensionato davvero non gli si addice: in camice bianco, con barba e sorriso sincero ammette: «San Benedetto diceva che non bisogna stare in ozio…e quindi…»
Fratel Nicola si è trasferito a Dumenza, dove oggi trova casa assieme ad altri 10 monaci nel monastero Santissima Trinità, a mezza strada fra la strada provinciale e il Pradeccolo, località da cui si parte per raggiungere a piedi il monte Lema.
Mille metri di quota, coi rumori ovattati da una tranquillità complice con natura selvaggia, animali in libertà e nuvole che arrivano all’improvviso portando la temperatura a 12 gradi in poche ore nel cuore della rovente estate. Nella pancia del monastero, protetto da spesse mura e affacciato sul chiostro, si raggiunge l’austero e operoso laboratorio di restauro: è la “sala operatoria”, dove i libri tornano a vivere.
antifonario monaci dumenzaUno di questi ammalati – l’antifonario di Bedero – con pagine raggrinzite e sporcate dal tempo, venne curato proprio da Fratel Nicola, nel corso degli anni ’90: difficile ricordare, è passato molto tempo, centinaia di libri sono passati sotto gli strumenti del medico dei testi antichi. «Esatto, siamo come dei medici dei libri, che li curano e senza stravolgerne la forma, rispettando il tempo passato che ha rovinato quella copertina o sbiadito quella pagina – spiega Fratel Andrea, responsabile del laboratorio – . Un tempo la “scuola” era diversa. Per intervenire su una copertina usurata, spesso la si asportava e si sostituiva con materiale nuovo, ma così facendo venivano perse preziose informazioni contenute nei matreriali: la provenienza, gli inchiostri, i colori».
«Dalla copia anastatica dell’antifonario di Brezzo di Bedero che è in nostro possesso – spiega fratel Andrea – ci arrivano degli indizi, che permettono solo di ipotizzare cosa avvenne. In primo luogo si tratta di un testo in pergamena. La pergamena è la pelle della pecora, o della capra. Ma per realizzare un libro in pergamena, occorreva un gregge di animali; quindi soldi, tanti, e una disponibilità di risorse elevata, fattore che si affievolì con l’arrivo della carta e poi della stampa, rispettivamente al principio del XII secolo e intorno al 1460».antifonario monaci dumenza
Questo libro venne realizzato da qualcuno di potente, magari dalla Chesa stessa, e con pelli che presentarono alcune imperfezioni, alcuni buchi frutto di malattie dell’animale: ancora oggi si notano fra le pagine addirittura alcune cuciture frutto di lacerazioni. Poi venne abbandonato sulla trave della chiesa, forse nella certezza che ladri o invasori non riuscissero a trovarlo. «Anche se non ci risulta che nella zona di Brezzo di Bedero vi siano mai state battaglie o fatti cruenti – spiega fratel Andrea – ma nel corso dei secoli tutto è possibile».
I modi per nascondere gli scritti sacri, in passato, erano molto ingegnosi: nella bassa Padovana, in un fienile, venne trovata una nicchia scavata nel legno di una trave che sosteneva il tetto di una stalla: in quella cavità segreta era contenuta una pergamena della misura di 8,5 metri di lunghezza e larga 3,5: una mappa, che venne lasciata lì’, chissà da chi, e dimenticata per secoli.
Spesso non sono le pagine, o la copertina, a svelare la storia di un libro. A volte sono le “carte di guardia”: pagine presenti fra copertina e testo che venivano abilmente incollateper custodire veri e propri tesori. «Mi capitò di trovare un manoscritto copia della “Vita Nuova” di Dante ma coevo dell’autore – spiega con soddisfazione fratel Nicola – incollato nelle carte di guardia di un testo che stavo restaurando: è stato subito visionato da professori universitari e ora rappresenta un importante documento di proprietà del convento di Maria Maddalena de’ Pazzi a Firenze».
antifonarioNon sapremo mai in che modo la raccolta di liturgie ambrosiane realizzata a Brezzo di Bedero sia arrivata sulle travi della chiesa: spesso questi testi facevano gola ai collezionisti ed erano oggetto di furti su commissione. Altrimenti anche i testi sacri rappresentavano un patrimonio che in molti casi veniva venduto e scambiato secondo i canali ordinari e legali: in mancanza di fondi e in periodi di crisi molti monasteri vendettero in passato parte delle loro biblioteche finite, come il caso della pars hiemalis dell’Antiphonarium ambrosianum, alla British Library. Il tempo, e le caratteristiche costanti di umidità e temperatura, hanno invece permesso di preservare per secoli e fino ad oggi questo misterioso e affascinante manoscritto a cui Fratel Nicola ha ridato la vita.

Gli altri articoli sulla storia dell’antifonario:

– Il “mistero Rosenthal” dietro al manoscritto di mille anni fa


– Quella fucina di fede che fioriva con la musica

– Il testo che raccoglie gli antifonari

Pubblicato il 31 Luglio 2013
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