Le ragazze programmano meglio
L'accesso alle professioni scientifiche è ancora in gran parte una cosa da uomini. Per superare l'ostacolo si parte anche dalla scuola e dalle nuove tecnologie
Centocinquanta ragazzine impegnate a programmare, scrivere righe di codice, far muovere robot, creare ipertesti modificabili: l’8 marzo, alle scuole medie di Lonate Pozzolo, è stato un momento di rivoluzione, digitale e di genere. Un po’ meno retorica, un po’ più tentativo di affrontare problemi reali: a partire da quello del gap di genere nell’accesso a materie e professioni scientifiche. Un approccio – quello del coding, della programmazione – che sta toccando più di una scuola, tra testi wiki, robotica, stampa in 3D.
La questione del “gap di genere” nella formazione e – soprattutto – nelle carriere scientifiche non è solo affare italiano, anzi tutto sommato l’Italia rientra nella media europea (da guardare in quanto media, appunto). Ad esempio la presenza femminile nelle carriere scientifiche in Università è in media del 33%, in Europa e anche in Italia. Le donne sono il 45% nei livelli più bassi della carriera, il 34% di donne a livello intermedio e il 20% ai vertici. Altro esempio, i medici: le donne sono il 40% del totale, addirittura il 60% delle under 40 (a inizio carriera, quindi), ma sono solo il 16% dei primari (con un enorme divario Nord-Sud).
Da dove si riparte? Certo molto ha a che fare con il mondo del lavoro e il welfare, ma c’è anche una questione culturale. E in questo senso si riparte dalla scuola. A guardare i dati emersi da un recente studio a livello europeo (qui una sintesi di Wired con grafici) gli anni delle scuole medie – il picco a undici anni e mezzo – sono quelli in cui si sviluppa maggiormente l’interesse per le discipline scientifiche. La sigla definisce le materie come “STEM“, che sta per scienza, tecnologia, ingegneria, matematica: e proprio sul versante tecnologico – che poi “attraversa” ormai più campi – parte l’impegno nella scuola di Coding4All, gruppo di lavoro in provincia di Varese che sta portando tecnologia e digitale nelle scuole.
«Usiamo il coding non come strumento fine a se stesso, ma come metodo didattico, anche come strumento per aiutare le fasce deboli in alcuni campi» spiega Luca Perencin, che con Laura De Biaggi (docente di matematica e fisica, promotrice di DigiDonna) conduce molte delle attività nelle scuole. Il coding diventa un modo per offrire nuove opportunità. Un approccio scientifico, ma anche culturale: “Il lato scientifico-culturale dell’informatica, definito anche «pensiero computazionale», aiuta a sviluppare competenze logiche e capacità di risolvere problemi in modo creativo ed efficiente, qualità che sono importanti per tutti i futuri cittadini”. È un approccio che viene sperimentato con tutti gli alunni, per cogliere le capacità dei singoli, magari inespresse quando si ha a che fare con le lezioni classiche in aula.
«Non si forza nessuno, ma si incoraggiano le ragazze a scoprire che magari hanno una ambizione sul versante scientifico» spiegano ancora Perencin e De Biaggi. I progetti sperimentati nelle scuole sono stati diversi: all’Istituto Rosetum di Besozzo hanno portato un progetto che s’inserisce nell’ iniziativa più ampia Girls code IT better (le ragazze programmano meglio), che coinvolge 65 scuole italiane. «Abbiamo avviato un progetto multidisciplinare che coinvolge matematica, informatica, scienza, geografia. In un contesto tutto al femminile, con una ventina di ragazze tra le classi prime e terze delle medie». Le ragazze hanno lavorato ad una geomappatura dell’Isolino Virginia, parte di un bene patrimonio dell’umanità Unesco: hanno fatto uscite all’Isolino e al museo archeologico di villa Mirabello a Varese, hanno documentato con foto e video luoghi e ritrovamenti, hanno costruito un sito con tecnologia wiki (editabile e ipertestuale). «E abbiamo usato la stampa 3D per creare un supporto fisico per i QR code da posizionare nei luoghi fisici» (i QR code consentono di accedere da cellulare alle pagine wiki e alle schede).
A Lonate Pozzolo, invece, all’8 marzo il progetto di Coding4All ha visto la partecipazione di 150 ragazzine delle scuole medie, divise in tre gruppi: una scelta sostenuta e spiegata dalla dirigente Fabiana Ginesi, che insieme al Comune per la Giornata della Donna ha previsto tante attività diverse per alunni e alunne. Mentre i ragazzi riflettevano sulla prevenzione della violenza (e sul cyberbullismo), le ragazze si sono dedicate al coding, «usato come pretesto per incuriosire sulle capacità scientifiche». Laura De Biaggi di Coding4All ha mostrato le potenzialità del coding in modo agile (programmando un’animazione), il gruppo ha poi condotto due laboratori di robotica e sviluppo di app.
L’approccio alla tecnologia e digitale viene portato anche in altre realtà scolastiche, forti anche del fatto che tra i promotori di Coding4All ci sono anche insegnati (oltre a De Biaggi, anche Angela Puglisi ad esempio è docente alle primarie). Ad Albizzate Coding4All sta coinvolgendo 180 bambini delle primarie nella robotica educativa, mentre a Sesto Calende sta partendo un ciclo di formazione rivolto invece ai docenti, dedicato alla stampa in 3D.
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