Addio a Gina, poetessa d’inverno
La scrittrice Rossana Girotto ricorda Gina Bonenti Mira d’Ercole scomparsa domenica 25 febbraio a 97 anni
Ci ha lasciato in un turbinìo di fiocchi di neve, Gina Bonenti Mira d’Ercole, in una mattina domenicale di fine febbraio. Lei, figlia dell’inverno – aveva appena compiuto 97 anni – ha scelto l’inverno per ripartire. Me la immagino, la Gina, guardare con i suoi occhi di brace il suo splendido giardino imbiancato attraverso la vetrata e pensare “adesso vado”.
Lo ha fatto per noi, perché il freddo, la neve, possano confondersi con le lacrime di noi che rimaniamo, possano posarsi come gocce di balsamo sulla nostra tristezza.
Perché pensava a tutto, la Gina. Sapeva tutto, la Gina.
Ho pensato a lei il giorno in cui il Papa comunicò la decisione di dimettersi. Avrei voluto conoscere il suo pensiero, che immodestamente affiancai al mio. Un lampo negli occhi, un sorriso ironico depositato nell’anima. E subito una frase, dettata alla nipote. Perché Gina era presente, sempre, a questo mondo che si sgretola, a questo paese che non è più per i vecchi, che non è più per i giovani. Voleva sapere. E sapeva.
Andai a trovarla in occasione della sua ultima pubblicazione, quando ero direttore di SestoCalendeInformazioni, e la trovai adagiata tra i cuscini di un divano, circondata dai premi letterari, oltre centocinquanta, e le opere del figlio medico e artista.
Mi colpì la voce chiara e ferma e mi incatenò con lo sguardo, conducendomi nella sua vita: giorni fatti di parole che sono letteratura ma soprattutto coscienza, impegno, levità e passione. Mi chiese di me e io, un microbo al suo cospetto, le parlai di Daniel Varujan, il poeta armeno ucciso a 33 anni nell’ultimo genocidio, e del Canto del Pane, che aveva in tasca quando lo giustiziarono. Ne rimase colpita, le lasciai il libro. Non era la mia vita, ma era un pezzo della mia storia, ero io e questo soltanto chi ha la Poesia dentro può capirlo.
In seguito ci sentimmo ancora: le piacevano i miei racconti, le piaceva la mia scrittura.
Mi illudo di somigliarle un po’. Chissà…
E fu incredibile trovarsi tra le mani il suo nuovo lavoro “…Poi la gramigna fiorì” – edito da Ibiskos -, incantevole e sorprendente il pensiero che dopo anni e anni di pregevole letteratura e vita, si cambino le carte con il gusto di giocare e regalare al pubblico cento pagine di haiku. Così. Come se fosse la cosa più semplice e naturale del mondo. E certo per Gina Bonenti Mira d’Ercole lo era, equilibrista della parola e padrona della tecnica poetica, danzatrice lieve di sillabe e guerriera tagliente del pensiero. A molto e ancor di più ci aveva abituati,Gina, ma evidentemente non a tutto.
Ora l’aspetta il migliore dei cieli. Lei e io sappiamo qual è.
Pure qualcosa manca che io non so:
una tristezza scarna estenua la sera
è come una libellula che passa torna passa
a filo dei canneti…
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