I sindacati: mettere in sicurezza anche i lavoratori transfrontalieri
“Vigilare rispetto al rischio concreto che il prolungarsi della situazione, determini condizioni economiche tali da indurre le imprese alle scorciatoie dei licenziamenti di massa”
I Coordinatori nazionali dei Consigli sindacali interregionali di Cgil, Cisl e Uil Giuseppe Augurusa, Luca Caretti e Pancrazio Raimondo chiedono misure di contrasto al coronavirus omogenee tra i vari Paesi, l’applicazione del protocollo siglato tra Governo e Sindacati e misure a sostegno del reddito per i lavoratori frontalieri residenti in Italia.
In relazione alla drammatica situazione del contagio del Covid – 19, agli effetti sulla salute delle persone nei luoghi di lavoro, alle ricadute economiche su imprese e famiglie, le Organizzazioni sindacali operanti nelle aree transfrontaliere, ribadiscono la necessità che alle misure già intraprese dal Governo, si affianchino provvedimenti in tutti i paesi confinanti e limitrofi per tutti i lavoratori, che impediscano la rapida diffusione del virus, determinando una situazione di difficile controllo per le aree di confine.
La dimensione del contagio estesa e particolarmente acuta che sta mettendo a dura prova il sistema sanitario delle Regioni del nord Italia, richiede senza ulteriori indugi, la messa in atto di modalità solidaristiche interregionali tra le aree confinanti laddove queste fossero possibile in termini di strutture e risorse umane nel comparto sanitario. Mai come in questa occasione l’interrelazione tra persone ed economie deve farci mettere da parte ogni ripiegamento localista, ogni irrazionale polemica identitaria, lasciando il passo ad una più pragmatica cooperazione tra le risorse migliori dei rispettivi paesi.
E’ necessario altresì stigmatizzare i comportamenti di quelle imprese che, in maniera articolata nei differenti paesi, attraverso un diffuso ricorso ad affitti di camere di Hotel, ove non addirittura all’interno delle stesse fabbriche, costringono i lavoratori frontalieri alla permanenza forzosa per il timore di una possibile chiusura delle frontiere, ma con il ricatto di fatto del mantenimento del posto di lavoro, oltreché foriere di complicazioni giuridiche future rispetto alla tipologia dei permessi di lavoro adottati. Misure come la chiusura delle dogane o il blocco del rilascio dei permessi sono, allo stato attuale, puramente propagandistiche.
Va ancora una volta valutata, in linea con quanto richiesto da più parti e già proposto in molti paesi, la chiusura di tutte le attività produttive non essenziali, iniziativa di forte impatto che, riducendo in modo consistente i flussi dei lavoratori frontalieri, rappresenterebbe l’unica misura realmente efficace per arginare questa emergenza tanto all’estero, quanto in Italia.
Anche i Paesi devono vigilare rispetto al rischio concreto che il prolungarsi della situazione, determini condizioni economiche tali da indurre le imprese alle scorciatoie dei licenziamenti di massa, mettendo a disposizione per tutti i lavoratori ulteriori forme di ammortizzatori sociali di media durata.
Occorre prevedere con maggiore determinazione da parte degli Stati, e verificarne poi l’attuazione, misure uguali a quelle contenute nel protocollo sottoscritto tra governo e parti sociali italiani per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020, che qui riportiamo e decliniamo alle differenti realtà del lavoro di frontiera spesso privo di rappresentanza aziendale:
• il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
• l’incentivo all’utilizzo di ferie, permessi e congedi retribuiti per i dipendenti, nonché tutti gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva ove esistente;
• la sospensione delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
• l’assunzione di protocolli di sicurezza per prevenire il contagio e l’impiego di strumenti di protezione individuale ove non fosse possibile rispettare la distanza minima interpersonale di un metro;
• le operazioni di sanificazione nei luoghi di lavoro;
• la limitazione massima degli spostamenti all’interno dei siti contingentando l’accesso agli spazi comuni;
E’ necessario infine che il Governo italiano adotti misure a sostegno del reddito per i lavoratori frontalieri residenti in Italia che svolgono la propria attività nei paesi confinanti o limitrofi, definiti ai sensi del Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, modificato da: Regolamento (CE) n. 988/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, nonché nella versione dell’Allegato II all’Accordo tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, sulla libera circolazione delle persone, prevedendo:
1. Un’indennità per i periodi di assenza per malattia (ovvero per quarantena equiparata all’assenza per malattia) qualora la stessa non fosse già prevista dalla legge, ovvero dai contratti di lavoro individuali o collettivi applicati dal Paese estero, in misura non superiore a quanto previsto per analoghi trattamenti applicati ai lavoratori che prestano la propria attività in Italia da norme di legge e/o di CCNL.
2. La garanzia degli ammortizzatori sociali Naspi e CIG in deroga per l’intero periodo dell’emergenza,
3. L’estensione dell’uso del congedo parentale già previsto dal DPCM per i lavoratori in Italia
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