Saturazione dei posti letto e mortalità da Covid-19: fatti e misfatti
L'analisi di Lorenzo Schettini e Daniele Bellavia del Centro sull’economia e il management nella sanità e nel sociale della Liuc Business School
Nonostante tutto il mondo sia interessato dalla pandemia da Covid-19, che affligge ormai migliaia di persone, la percezione e valutazione dell’emergenza nelle diverse popolazioni e negli stati, risulta ancora variegata e caratterizzata da differenti priorità e argomentazioni. Ci si divide, infatti, tra chi è preoccupato per un imminente collasso del proprio sistema sanitario nazionale, chi paragona ancora il virus a una “tradizionale” influenza e chi invece teme per il tessuto industriale e produttivo.
Sebbene la pandemia, per definizione, abbia colpito moltissimi paesi al mondo, questa analisi, si sofferma sul solo contesto nazionale italiano che, come ben sappiamo, presenta delle caratteristiche peculiari. Da una parte, l’Italia è stata fortemente colpita da questa emergenza Covid-19, sia per numero di contagi, sia per numero di cittadini deceduti. Dall’altra parte, a differenza di molti altri paesi europei, è stata teatro, negli ultimi anni, di azioni di spending review, all’interno del contesto pubblico, in senso più ampio, ma con particolare riguardo all’ambito sanitario.
Nelle more di queste azioni di revisione ed efficientamento, per ottemperare alle richieste normative, dalla Legge Balduzzi del 2012, al DM n.70 del 2015, sono stati tagliati complessivamente ben 7.389 posti letto. Come è ormai noto, la diffusione del COVID-19 nel nostro Paese non risulta essere omogenea, infatti interessa in modo specifico le Regioni del Nord Italia e soprattutto la Lombardia, Regione del focolaio d’origine. È altresì noto che il Covid-19 abbia sovraccaricato in modo repentino e inaspettato le capacità dei sistemi sanitari regionali anche se in modo molto differente: proprio per tutto questo ordine di ragioni, i ricercatori della Liuc Business School propongono alcune considerazioni distinguendo la situazione nelle diverse Regioni.
In particolare, si riportano all’interno di questo contesto di analisi degli indicatori che tipicamente vengono utilizzati per la valutazione delle performance gestionali delle unità operative, ma che sono divenuti elementi di discussione comune con l’avvento della pandemia. Tali tematiche trovano ampio spazio di trattazione all’interno di tutti i percorsi formativi manageriali per i futuri coordinatori di unità operativa o servizio e dirigenti di struttura complessa erogati dal Centro sull’economia e il management nella sanità e nel sociale della Liuc Business School, così come nelle attività di ricerca condotte per la valutazione delle performance delle strutture sanitarie del sistema. Nello specifico «l’oggetto di indagine di questo contributo è il calcolo del tasso di saturazione (o tasso di occupazione) dei posti letto di terapia intensiva nelle diverse Regioni, indice che sintetizza la quota parte dei posti letto mediamente occupati in uno specifico periodo, sul totale dei posti letto a disposizione nel medesimo spazio di tempo», dichiara Fabrizio Schettini del Centro sull’economia e il management nella sanità e nel sociale della Liuc Business School. «La scelta di valutare un indicatore di efficienza e un indicatore di outcome è in linea con l’esigenza di trovare un equilibrio gestionale tra gli elementi di efficacia clinica e quelli di efficienza produttiva».
In prima analisi, spiega Daniele Bellavia, «sono stati raccolti i dati sui posti letto dedicati interamente alla terapia intensiva di ogni Regione (Ministero della Salute, 2020) e i dati sui pazienti affetti da Covid-19 ricoverati (Protezione Civile, 2020). Con l’ausilio di queste informazioni, è stato possibile calcolare sia il tasso medio di saturazione dei posti letto dal momento dell’emergenza, sia il tasso di saturazione puntuale, calcolato nella data del 31 marzo».
I ricercatori hanno fatto anche un confronto tra la mortalità per Covid-19 tra quelle causate dalle infezioni dell’apparato respiratorio più comuni, nello specifico influenza e polmonite, utilizzando i dati del triennio 2015-2017 a nostra disposizione (ISTAT). Per rendere tali dati confrontabili con la mortalità da Covid-19, il numero di pazienti deceduti per influenza e polmonite è stato riproporzionato su un intervallo di tempo pari a 39 giorni (equivalenti al tempo trascorso tra la data del primo paziente ricoverato in Italia, il 21/02/2020) e la data in cui sono state raccolte le informazioni (31/03/2020).
Innanzitutto, per comprendere i dati è importante sottolineare come, mentre in una Unità Operativa tradizionale, il tasso di saturazione atteso per la gestione ottimale è sicuramente superiore al 90%, e dovrebbe assestarsi intorno al 95%; per quanto riguarda la terapia intensiva, diviene critico con percentuali pari o superiori all’80%. Si sottolinea che i tassi di occupazione dei posti letto riportati in tabella fanno riferimento solo ai pazienti affetti da Covid-19, senza contare i volumi di prestazioni sanitarie volte a curare altri bisogni di salute.
Come si evince dalla tabella, le Regioni con il tasso di saturazione medio e assoluto più alto sono Lombardia, Marche, Liguria e Piemonte, che sono anche le Regioni con il più alto numero di decessi. La Valle d’Aosta dispone di una dotazione strutturale di solo 12 posti letto, avendo scelto di non avere strutture di terzo livello: ciò però implica come un solo paziente degente, rappresenti, dunque, un’occupazione dell’8%. Riflessione differente sia per il Veneto sia per l’Emilia-Romagna, regioni che per prime si sono adeguate ai dettami imposti negli anni per la riduzione dei posti letto e sono riuscite a mantenere un tasso di saturazione dei posti letto più contenuto, avendo anche improntato politiche lievemente differenti (come il Veneto per i tamponi).
È stato calcolato, infine, l’incremento di decessi dovuti a Covid-19 rispetto a quelli causati da influenza e polmonite. Le Regioni con il Sistema Sanitario più saturo, sono quelle che hanno un’incidenza di deceduti per Covid-19 maggiore rispetto alle più note infezioni respiratorie; infatti regioni come Lombardia o Val d’Aosta hanno avuto un incremento percentuale addirittura maggiore, rispettivamente, del 2000% e del 1000%, mentre regioni come Basilicata, Lazio e Sardegna, hanno registrato un numero di decessi per Covid-19 pressoché sovrapponibile alle morti per le più comuni infezioni respiratorie. L’intento di questo contributo non è certo quello di sminuire la gravità del fenomeno in atto, ma di sottolineare l’esigenza di strutturare adeguati flussi di dati che possano supportare ragionamenti comparativi di analisi critica. Allo stesso tempo, si evidenzia la necessità di supportare al meglio gli ospedali italiani con adeguate risorse, ma che siano realmente coerenti con le necessità locali, che sono differenziali, così da non dover più incorrere, in futuro, in soluzioni ex post, ma agendo proattivamente.
Sicuramente una domanda nasce spontanea, alla conclusione di queste considerazioni: l’emergenza Covid-19 costringe a rivedere le scelte intraprese a partire dal 2012?
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