“Lama Gangchen aveva lo sguardo di un bambino e la saggezza di mille vite”
Il regista Emanuele Caruso ricorda con affetto il fondatore del centro buddista di Albagnano. Il suo ultimo film "A riveder le stelle" inizia proprio con la sua benedizione
“Le sue erano sempre poche parole, ma illuminanti”.
Emanuele Caruso, regista di “A riveder le stelle” (il docufilm girato in Val Grande sull’emergenza climatica) e “La terra buona”, ricorda con un lungo post su Facebook Lama Gangchen, scomparso per Coronavirus. Le sue sono parole cariche di affetto per il fondatore del centro di Albagnano Bèe.
“Lama Gangchen non c’è più – scrive Caruso -. Ho appreso la notizia ieri sera, fra incredulità e grande tristezza. Mi aveva accolto 2 anni fa nel suo centro buddista di Albagnano, ai piedi della Val Grande, per guardare insieme “La Terra Buona“. Non lo conoscevo. Non sapevo chi fosse. Aveva sentito del film e voleva vederlo. Siamo andati lì la prima volta con Viola Sartoretto (Gea) nel 2018. Aveva lo sguardo di un bambino e la saggezza di mille vite.
Ho sempre sentito in lui una grande carica spirituale, anche se credo di non averlo mai compreso veramente. Ricordo ancora il giro che ci fece fare nel Tempio di Albagnano, portandoci a braccetto, la sera della proiezione del film. Quando tornai la seconda volta, mi disse: “Puoi venire qui quando vuoi Emanuele. Ci sarà sempre un posto per te qui, ogni volta che vorrai. Perché hai un compito da fare e sebbene questo sia solo un piccolo aiuto che possiamo darti, saremo felici di farlo per te.” Non sapevo e non so tutt’ora di cosa stesse parlando, ma sono tornato diverse volte in questi 2 anni.
Sono sempre stato accolto e ospitato. Senza un motivo. Senza che sapessi perché. Nell’imbarazzato di così tanta immeritata gentilezza. Non mi era mai successo. E ogni volta che il Lama mi vedeva arrivare la sera, mi invitava a fermarmi per il pranzo a casa sua, il giorno dopo. “Lama non posso, domani ho del lavoro da fare” ero tentato di dirgli. Oggi sono davvero contento di aver sempre rimandato il lavoro, per fermarmi il tempo di un pranzo con lui. Quest’uomo, senza sapere chi fossi, mi ha accolto come un amico. Addirittura come un figlio.
Non mi sono mai capacitato dei sorrisi e dei grandi abbracci con cui non ha mai mancato di accogliere uno sconosciuto come me. “A Riveder Le Stelle”, il mio ultimo documentario che doveva uscire a inizio Marzo al Cinema, inizia proprio con Lama Gangchen che ci benedice per il viaggio attraverso la Val Grande.
Il film dovevamo vederlo insieme al cinema il 13 Marzo scorso al Multisala Reposi di Torino. Covid non ce lo ha permesso. E ora non potremo neanche più recuperare. Pensavo davvero ci saremmo ancora visti. Di nuovo. L’ultima volta a Febbraio abbiamo di nuovo pranzato insieme.
Gli ho chiesto di questo pianeta, di che fine avrebbe fatto. Le sue erano sempre poche parole, ma illuminanti. Mi fece ancora dei doni in quell’occasione. Gli ennesimi. Gli ultimi e non lo sapevo. Nella solitudine di questa quarantena, oggi mi sento ancora un po’ più solo. Orfano di tanta gratuità e benevolenza che ho ricevuto senza far nulla, in modo così spontaneo, da lasciarti senza fiato. Il messaggio più bello è qualcosa che ancora non ho imparato. In questi giorni in cui osservavo sempre più un’umanità che non vuole cambiare e che vuole tornare ad essere come prima (e più di prima), un grande senso di fuga mi pervadeva.
Questa mattina invece ho pensato a lui e anche a un tale di 2000 anni fa, che nel mondo sono rimasti fino alla fine. «Seguire un sentiero spirituale non vuol dire abbandonare il mondo, ma lavorare per migliorarlo.» Caro Lama Gangchen, avevi ragione tu. Anche se adesso sarà tutto più difficile senza di te”.
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