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Otto giugno 1990, Omam Biyik e la prima delle Notti Magiche

Trent'anni fa presero il via i Mondiali di Italia '90, vinti dalla Germania Ovest sull'Argentina di Maradona. Quelli della delusione azzurra, delle gioie, delle polemiche e di Totò Schillaci capocannoniere

I ragazzini appassionati di sport, trent’anni fa, si erano segnati sul calendario due date con il pennarello rosso: 8 giugno e 8 luglio. Giornate attese da anni, da quando la FIFA aveva assegnato all’Italia il campionato del mondo del 1990 e aveva deciso che in quei due momenti avrebbero avuto inizio e fine i “mundial” tricolori.

Una competizione epocale, per il nostro Paese, anche se poi si rivelò essere una sorta di “canto del cigno” dell’Italia che fu, quella del Pentapartito e della Milano da Bere, tra le altre cose. In tribuna d’onore spuntarono i primissimi telefoni cellulari visti sulla Penisola, gli stadi – rinnovati a carissimo prezzo e in qualche caso deturpati rispetto alle origini – erano le “case” della maggior parte dei giocatori che avrebbero fatto la storia del calcio in quell’estate, grazie a una Serie A ancora “campionato più bello del mondo”. Molta di quella Italia – la parte bella, soprattutto – è riassunta nella cerimonia di apertura che vedete nel video a inizio articolo.

In quei giorni si respirò un clima di festa per l’arrivo dei tifosi da tutto il mondo, di polemica per le storture dell’organizzazione (specie quello su certe spese altissime per opere mal – o mai – concluse) ma soprattutto di attesa perché la Nazionale di Azeglio Vicini sembrava destinata a grandissime cose. Giovane, ricca di una nidiata che aveva fatto bene con l’under 21, con alcune certezze e molti uomini destinati a diventare leggende del calcio (Maldini, Baggio, Vialli, Baresi e, a modo suo, Totò Schillaci), la squadra azzurra aveva tutto per seguire le orme di quella di Bearzot, trionfatrice nell’82 in Spagna. Insomma, le “Notti Magiche” cantate dall’inno ufficiale dalle voci di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, furono un sogno cavalcato in tutto lo Stivale.

Le cose, purtroppo, non andarono in quella direzione e così le due date indicate all’inizio dell’articolo – 8 giugno e 8 luglio – videro protagonista un’altra squadra, l’Argentina di Diego Armando Maradona, sconfitto in entrambe le circostanze e con il medesimo risultato, 1-0. Se la finale – quella dell’8 luglio appunto – venne però decisa da un rigore dubbio realizzato da Andreas Brehme (e lì lo stregone Goycoechea, portiere di riserva sudamericano, non riuscì nel sortilegio che costò l’eliminazione dall’Italia), la partita inaugurale terminò con una sorpresissima. L’Argentina infatti perdette, da campione in carica, contro il Camerun in uno stadio di San Siro vestito a festa.

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Totò Schillaci, sei gol ai Mondiali del ’90

A confezionare il miracolo fu un tale François Omam-Biyik, sconosciuto ai più fino a quella sera (nel Camerun era ben più famoso Roger Milla), capace però di entrare nella storia del football con un pazzesco salto verso l’alto e con un colpo di testa che sorpresero il portiere argentino Nery Pumpido. La palla, malfermata dall’estremo difensore, si infilò in rete per la gioia del pubblico che per la stragrande maggioranza tifò per gli sfavoriti “Leoni Indomabili” (e contro Maradona che, all’infuori di Napoli non è che godesse di grande simpatia…). Quel Camerun si fermò poi nei quarti di finale contro una delle Inghilterre più belle, quella di Lineker, Platt e Gascoigne, quarta alla fine. Battuta 2-1 dall’Italia nella finalina giocata a Bari.

Un match, l’ultimo degli azzurri, che regalò almeno una piccola soddisfazione: la sesta e ultima rete di Salvatore Schillaci, 26enne attaccante palermitano della Juventus che iniziò il Mondiale da riserva e lo concluse da fenomeno. Un fenomeno durato poco ma dagli occhi grandi grandi, l’immagine forse più significativa di quelle notti magiche a cui purtroppo mancò la ciliegina finale.

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it
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Pubblicato il 08 Giugno 2020
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