Prigionieri nella loro stanza, Hikikomori i giovani che non escono di casa
Il ritiro sociale dei giovani è un fenomeno che si sta diffondendo in tutto il mondo. A Villa Recalcati venerdì 16 ottobre nell'ambito del Premio Chiara lo psicologo Marco Crepaldi presenterà il libro "Hikikomori" (Alpes)
Il termine Hikikomori in giapponese significa letteralmente “stare in disparte“. È un termine che viene utilizzato per quei giovani che si autorecludono nella propria abitazione tagliando ogni contatto con il mondo esterno. In genere si tratta di ragazzi, per lo più maschi, che sviluppano un senso ipercritico verso la società fino a rifiutarla completamente, scegliendo l’autoisolamento.
Il ritiro sociale, che oggi è diffuso con numeri preoccupanti in tutto il mondo, è stato osservato per la prima volta in Giappone all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso.
«Questo fenomeno – scrive Marco Crepaldi, psicologo e presidente dell’associazione Hikikomori Italia – all’inizio venne confuso con diverse psicopatologie, in particolare schizofrenia e depressione, e i casi furono trattati farmacologicamente con scarsi risultati. Questo grave errore di valutazione portò i numeri del fenomeno a crescere ulteriormente fino a raggiungere le centinaia di migliaia».
Quarant’anni fa nessuno aveva ancora capito cosa stesse succedendo alle giovani generazioni giapponesi, fino a quando uno psichiatra agli esordi della carriera professionale, Tamaki Saito, pubblicò alla fine degli anni ’90 un libro intitolato “Ritiro sociale: adolescenza senza fine”, in cui per la prima volta compariva il termine Hikikomori.
Fu una vera e propria svolta per un fenomeno che a quel punto coinvolgeva almeno un milione di giovani giapponesi in quanto si dava rilevanza scientifica autonoma a un comportamento patologico che non veniva identificato con nessuna delle psicopatologie già esistenti. Insomma, era una malattia vera e propria con caratteristiche ben definite: uno stile di vita centrato a casa, nessun interesse per il lavoro o la frequentazione della scuola, persistenza di tale comportamento per almeno 6 mesi. Una descrizione stringata che ne individuava però i caratteri distintivi, aiutando sia gli psichiatri che le famiglie colpite a circoscrivere il perimetro di una nuova malattia.
Oggi la classificazione di questa patologia è certamente più articolata e meglio definita. Quelle evidenze originarie hanno lasciato il posto a una classificazione più accurata che individua fasi e stadi di evoluzione diversi.
Il fenomeno del ritiro sociale dei giovani ha iniziato a diffondersi anche in altri continenti, compresa l’Europa. Va dato merito all’associazione Hikikomori Italia, presieduta da Marco Crepaldi, di aver portato questo fenomeno, che è in aumento nel nostro Paese, all’attenzione dell’opinione pubblica. Anche in provincia di Varese il ritiro sociale dei giovani è emerso in tutta la sua gravità. A Sesto Calende, nell’aprile del 2019, è stato presentato il progetto “Fuori camera”, dedicato agli Hikikomori per dare un supporto alle famiglie che vivono questa situazione con i loro figli e affrontano quotidianamente la difficoltà di portarli fuori di casa.
Marco Crepaldi ha dedicato a questo tema il libro dal titolo “Hikikomori – I giovani che non escono di casa” (Alpes) che sarà presentato venerdì 16 ottobre alle 21 a Villa Recalcati nell’ambito del Premio Chiara. L’autore sarà intervistato da Michele Mancino vicedirettore di Varesenews.
Il “ritiro sociale” si combatte coinvolgendo gli adolescenti
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