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Il sindacato: “Non tutti i comuni rispettano le regole anticovid”. In arrivo una circolare del prefetto

I tre segretari della Funzione pubblica sono stati ricevuti dal prefetto che convocherà anche un tavolo provinciale sull'emergenza. Sul territorio si potrebbero far lavorare da remoto almeno tremila dipendenti pubblici in più, ma alcuni sindaci non credono nello smartworking

Generica 2020

C’è molta preoccupazione tra i segretari provinciali della Funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil. Ciò che sta avvenendo in alcuni enti locali, può essere la spallata a una situazione che è già di per sé molto grave. Il rapido diffondersi del contagio da coronavirus, che in provincia di Varese ha ormai raggiunto livelli drammatici, richiede l’applicazione ferma delle disposizioni anticovid come, per esempio, l’attivazione, in tutte le situazioni in cui sia possibile farlo, dello smartworking. (nella foto la prefettura di Varese)

Una preoccupazione che i sindacalisti hanno manifestato anche di fronte al prefetto di Varese. Dario Caputo, dopo aver ricevuto una lettera firmata da Gianna Moretto (Fp Cgil), Lorenzo Raia (Uil Fpl) e Nunzio Praticò (Fp Cisl dei laghi), in cui si ricordavano le disposizioni dei vari Dpcm da attuare negli enti locali, a partire dall’utilizzo del lavoro agile, ha deciso di ascoltare i tre segretari provinciali di categoria.

«È stato un atto di responsabilità nei confronti dei dipendenti e dei cittadini – ha detto Nunzio Praticò -. Con la recrudescenza della seconda ondata di Covid bisognava sollecitare l’attuazione negli enti pubblici locali di tutte quelle misure utili e necessarie a contrastare il contagio, a cominciare dal lavoro da remoto per evitare al dipendente di uscire e non entrare in contatto con l’utenza, continuando però a fornire il servizio».

Dopo il primo lockdown, sembrava che il lavoro agile fosse stato sdoganato e anche acquisito culturalmente. Invece pare che ci siano ancora sindaci che ritengono questa misura non in grado di garantire gli stessi livelli di qualità di erogazione del servizio in presenza, nonostante ci siano numerosi studi e testimonianze che dimostrano l’esatto contrario.

Secondo il sindacato, sono almeno tremila i lavoratori che in provincia di Varese potrebbero lavorare da casa, ma che in questo momento non lo fanno. Inoltre, essendo saltata la tracciatura dei contagi da parte delle istituzioni sanitarie, gli enti locali non comunicano più i dati relativi alla situazione dei contagi tra i dipendenti. «Questa è una delle motivazioni forti che ci ha convinto ad andare dal prefetto – ha spiegato Lorenzo Raia -. Abbiamo bisogno di fare sintesi perché è difficile arrivare dappertutto e avere risposte sull’applicazione delle disposizioni di sicurezza e sull’organizzazione del lavoro in un momento in cui la comunicazione non c’è. Molte pratiche si fanno online e nel caso non fosse possibile si va su appuntamento. Ma le questioni aperte sono ancora troppe si va dalla mancata sanificazione dei locali e degli automezzi utilizzati in maniera promiscua al mancato isolamento di coloro che invece dovrebbero restare isolati, fino al rifiuto dell’utilizzo dello smartworking».

IL PROBLEMA SONO I PICCOLI COMUNI
Il sindacato in questa fase drammatica non vuole andare allo scontro, perché creerebbe solo più ulteriori problemi, ma esercitare una legittima pressione attraverso il rappresentante dello Stato sul territorio. Il prefetto, dopo aver ascoltato i tre segretari della funzione pubblica, ha preso due impegni significativi: emanare una circolare indirizzata ai 139 comuni della provincia, nella quale si richiamerà all’attivazione tempestiva di tutte le norme emergenziali, e la convocazione di un tavolo provinciale a cui parteciperanno i sindaci dei cinque comuni più grandi e lo stesso ente provinciale.

La parte che oppone più resistenza all’applicazione di alcune misure che diminuirebbero il contagio, secondo i rappresentanti sindacali, è quella politica, non quella tecnica. «Conosco i miei polli» ha sentenziato ironicamente Raia, ben sapendo che se il prefetto ha deciso di emanare una circolare su questo punto, vuol dire che la preoccupazione del sindacato è condivisa anche da altri soggetti.

«Bisogna bloccare le persone e agire perché l’onda si sta alzando – ha concluso  Gianna Moretto – . Le regole ci sono ma non sempre vengono applicate. Se un contagiato o chi dovrebbe stare in quarantena va al lavoro senza che venga fatta scattare la procedura di isolamento, il contagio avanzerà sempre di più. Ricorderemo all’Ats di collaborare immediatamente per la tracciatura, pur comprendendo che le sue forze non sono infinite. Basterebbe ascoltare chi è dentro gli ospedali per capire quanto sia drammatica la situazione. Sullo smartworking  non ci sono dati ufficiali, molti si sono attenuti alla disposizione del 50%, sicuramente ce n’è stato di più durante il primo lockdown. L’unica possibilità che abbiamo è cercare di frenare la propagazione del virus».

Pubblicato il 10 Novembre 2020
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