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L’Intelligenza artificiale scatenerà la guerra dei talenti

Tre voci dalla Cina, dalla Silicon Valley e dall'Europa si sono confrontate sull'impatto dell'AI nell'economia in un webinar organizzato da Univa. Modelli differenti che offrono opportunità di sviluppo economico e sociale ma non prive di rischi

Ogni volta che si parla di intelligenza artificiale bisognerebbe capire di quale modello parliamo e se c’è concordanza su questa definizione. C’è chi sostiene che sia inopportuno parlare di intelligenza riferita alla tecnologia e più in generale ai computer, perché avere una grande capacità di calcolo, con velocità inimmaginabili per il cervello umano, non significa essere intelligenti.

Riducendo la questione in una battuta, si potrebbe dire che i computer non sanno fare domande, o meglio l’intelligenza artificiale è meramente funzionale ben lontana dalla ricerca di senso che contraddistingue gli umani, dove l’intuizione, l’emozione, i sentimenti e l’empatia sono determinanti nella costruzione di un pensiero intelligente e creativo.

Il webinar dal titolo “Intelligenza artificiale: sfide e opportunità“, organizzato da Univa e parte dei side events del World Manufacturing Forum, ha aperto una serie di scenari interessanti relativi a questo argomento. Marco De Battista, coordinatore aree economiche di Univa, e Marco Astuti, coordinatore scientifico di TechMission, hanno coinvolto tre studiosi che operano nelle aree che si stanno misurando con questa sfida: la Cina, gli Usa e l’Europa.

L’importanza di definire il perimetro in cui si muove l’intelligenza artificiale è stata sottolineata da Giuseppe Linati, direttore del Digital innovation hub della Lombardia, che nella sua introduzione ha ricordato come le dieci raccomandazioni della World manufacturing foundation hanno l’obiettivo di indirizzare un’adozione di successo e al tempo stesso etica e affidabile dell’intelligenza artificiale nella produzione industriale. Obiettivo per nulla scontato, soprattutto in questa fase, dove le opinioni oscillano tra l’entusiasmo esagerato e il pessimismo cosmico.

GREATER BAY AREA IL CUORE DELLO SVILUPPO TECNOLOGICO CINESE

Lo sguardo di Denis Bastieri, docente di fisica dell’università di Padova e special advisor for Guangdong , si proietta lungo la Greater Bay Area, ormai identificata come la Silicon Valley cinese, che si candida a diventare nel prossimo decennio il cuore dell’innovazione tecnologica mondiale. In quell’area  hanno impiantato i loro laboratori i colossi della tecnologia, tra cui Huawei, e i maggiori sviluppatori di piattaforme digitali. «Per capire bene il futuro bisogna capire la Cina nella sua interezza – ha esordito Bastieri -. Ci sono alcuni numeri che hanno un impatto sulla politica dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale: pensiamo alla  popolazione, oltre un miliardo di persone, al mercato, cinque volte quello dell’intera Europa e al suo valore complessivo che ne permettono sia il mantenimento che l’espansione».

Quasi tutti cinesi utilizzano dispositivi con intelligenza artificiale per personalizzare le varie esperienze della vita a partire da una semplice fotografia, passando dai suggerimenti per gli acquisti e per la scelta del ristorante. Insomma, in Cina c’è un uso massivo di intelligenza artificiale spalmati a tutti i livelli. «La ragione di questa diffusione – ha continuato Bastieri – dipende dal fatto che in Cina c’è una gestione centralizzata dei dati che permette una migliore profilazione del cliente. Da noi sarebbe impossibile per ragioni di privacy».

LA GRANDE MURAGLIA HA LE FONDAMENTA NEL LUNGO PERIODO

La Cina ha una visione strategica e la Grande Muraglia, secondo il docente di fisica dell’università di Padova, ne è la riprova. Quel progetto è andato ben oltre le aspettative di vita del singolo cittadino perché i cinesi hanno la capacità di creare progetti che si estendono nel lunghissimo periodo. «L’altra caratteristica della Cina sono le derivate temporali che hanno sempre il segno giusto – ha precisato Bastieri -. Cresce il Pil e diminuiscono i poveri, la qualità della tecnologia migliora di anno in anno all’aumentare degli investimenti in ricerca. Secondo Nature la Cina è diventata la più grande produttrice di articoli scientifici ed è all’avanguardia nella pubblicazione sui temi della genomica e della biotecnologia. Tutto questo ha un impatto notevole sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale».

In Cina ci sono dunque due tipi di intelligenza artificiale, quella domestica, molto ben vista dai cinesi perché li aiuta in tutto, e quella industriale. «Quest’ultima ha bisogno di quattro componenti senza le quali non ci puo’ essere il passaggio a industria 4.0 – ha concluso il docente – Sono: l’Iot (internet delle cose), big data, l’implementazione del 5G e naturalmente l’intelligenza artificiale. E la Cina ce li ha tutti».

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELLA SILICON VALLEY 

Il modello di intelligenza artificiale della Silicon Valley è profondamente diverso da quello cinese perché si sostanzia nel trasferimento di tecnologia dai centri di ricerca alle imprese, ha nel venture capital il carburante finanziario e nella costruzione di una community il suo obiettivo sociale.

Luigi Congedo è un imprenditore che da 8 anni vive e lavora nella Bay Area ed è il titolare di BootstrapLabs una società di venture capital. Secondo la sua visione, l’intelligenza artificiale è il nuovo modo di digitalizzare il mondo e questo è ilmotivo pe cui se ne parla tanto, ma tra dieci anni non se ne parlerà più. «Sarà lo standard delle aziende e accadrà quello che è avvenuto per  i big data – ha detto Congedo –  che oggi tutti utilizzano senza più citare. Il mondo si sta spostando dall’automatizzazione alla creazione di sistemi autonomi che prendono decisioni e possono imparare e migliorarsi. L’intelligenza artificiale oggi è strategica in quanto permette questa transizione».

BootstrapLabs è alla ricerca di aziende di qualsiasi dimensione per testare e sviluppare nuove tecnologie. «Il venture capital negli Usa investe circa 150 miliardi di dollari l’anno di cui il 15 per cento dedicati alla AI – ha precisato l’imprenditore -. E quanto più l’intelligenza artificiale è scalabile tanto più grande sarà il mercato a cui si riferisce».

A partire dal 1950 fino all’inizio degli anni duemila sono stati fatti investimenti in ricerca soprattutto nell’hardware e nel software, investimenti che hanno preparato il terreno allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Il Covid a sua volta ha fatto da volano a ulteriori investimenti concentrandoli nell’assistenza sanitaria, nel biomedicale e nella logistica. L’impatto più forte però sarà sulle risorse umane. «Per non essere schiavi di Microsoft, Google e degli altri colossi tecnologici – ha concluso Congedo – bisogna portare più intelligenza artificiale nelle aziende e bisogna farlo in fretta perché si scatenerà la guerra dei talenti» la vera risorsa scarsa di questa partita.

IN EUROPA LA SFIDA È ETICA

In un mercato in rapida evoluzione le imprese così come i loro prodotti per competere ed essere rilevanti sul mercato dovranno dunque usare l’intelligenza artificiale. Questa prima conclusione ha trovato d’accordo anche Massimo Craglia, direttore generale del Centro di ricerca della Commissione europea, che però ha rivendicato l’originalità del modello europeo nel creare un quadro normativo per chiunque venga nel Vecchio Continente a fare business con le nuove tecnologie. «Da noi il quadro etico è diverso – ha specificato Craglia -. Mentre in Cina è lo stato il proprietario dei dati ed è per questo che sono i leader nel riconoscimento facciale, negli Usa i signori di Google e Amazon utilizzano i dati che noi regaliamo sulle loro piattaforme».

Se l’80% dei dati su cui oggi viene addestrata l’intelligenza artificiale sono per un buon 80% personali e per il 20% industriali, con Iot e 5G queste percentuali sono destinate a  invertirsi. Occorrerà dunque fare investimenti pesanti in formazione e ricerca, in particolare nel digitale e nel green che sono gli elementi portanti della nuova Commissione. «Non ha senso regolamentare tutto – ha continuato il direttore del centro di ricerca europeo –  L’approccio corretto è identificare aree di applicazione e all’interno di quelle individuare le applicazioni che hanno un rischio superiore alle altre».

L’intelligenza artificiale e il digitale offrono molte opportunità di sviluppo all’economia e alla società più in generale ma richiedono tanta attenzione. «Dobbiamo essere vigili sulle possibili minacce ai nostri valori democratici e al tessuto sociale – ha concluso Craglia – . Il futuro non è scritto, sta a noi scriverlo tutti insieme altrimenti a scriverlo sarà qualcun altro».

Pubblicato il 27 Novembre 2020
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