L’accordo tra Regione e Confindustria Lombardia sulla campagna vaccinale fa infuriare il sindacato
Stefania Filetti (Cgil) e Antonio Massafra (Uil) criticano senza mezze misure il protocollo: "Una fuga in avanti che non fa bene al Paese"
Il protocollo d’intesa firmato da Regione Lombardia, Confindustria Lombardia, Confapi e Anma (Associazione Nazionale Medici di Azienda e Competenti) per estendere la campagna vaccinale anti-covid19 alle aziende manifatturiere lombarde, ha fatto infuriare il sindacato.
L’accordo prevede, a partire dalla disponibilità del datore di lavoro, la somministrazione del vaccino da parte del medico competente, a sua volta resosi disponibile, in azienda a tutti coloro che vi lavorano e che volontariamente aderiscono all’offerta.
L’ESCLUSIONE DEL SINDACATO
La sottoscrizione di questo protocollo ha scatenato immediatamente le reazioni delle organizzazioni sindacali a vari livelli. Antonio Massafra, segretario provinciale della Uil, parla di «ennesimo tentativo di disintermediazione del sindacato con riflessi pericolosi sulla coesione sociale».
«La Uil a suo tempo – continua Massafra – per voce del segretario nazionale Bombardieri, aveva detto che non era contraria a vaccinare i lavoratori sui luoghi di lavoro purché venissero soddisfatte due condizioni entrambe necessarie: che tutte le categorie fragili a cui spetta la precedenza fossero già tutelate e che i vaccini non venissero sottratti a quelle categorie».
La firma di questo protocollo con l’esclusione del sindacato, secondo Massafra, è anche un grave errore di metodo. «Se qualcuno è convinto che il sindacato voglia giocare un ruolo passivo nelle aziende – prosegue il segretario provinciale della Uil – sbaglia clamorosamente. Nei luoghi di lavoro abbiamo le rls (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, ndr) e la rsu (rappresentanza sindacale unitaria, ndr) che hanno gestito benissimo tutta la fase di contenimento del contagio sulla base di un protocollo nazionale. Il rischio che si corre con questa nuova intesa è che si facciano discriminazioni tra figli e figliastri, sommersi e salvati. Pensiamo ai dipendenti delle piccole imprese e dell’indotto che hanno lo stesso diritto di essere vaccinati rispetto a quelli delle grandi aziende, preoccupazione avanzata anche dal direttore di Confartigianato Imprese Varese. E che dire poi dei lavoratori della grande distribuzione? Quell’accordo non è accettabile e va convocato un tavolo regionale con tutte le parti coinvolte».
LE FUGHE IN AVANTI NON FANNO BENE AL PAESE
«Le fughe in avanti non fanno mai bene, soprattutto in una fase come quella che stiamo vivendo e su un tema così delicato come la salute pubblica». Stefania Filetti, segretaria provinciale della Cgil, è a dir poco contrariata per la sottoscrizione del protocollo.
«Era da giorni che si rumoreggiava su questa possibile intesa – spiega la sindacalista -. È una scelta negativa che innesca alcune domande: perché Regione, Confindustria, Confapi e l’Associazione medici del lavoro hanno sentito l’esigenza di fare un protocollo di quel tipo? Se non ci saranno vaccini sufficienti per tutti, con quale criterio sceglieranno, per esempio, tra lavoratori e disoccupati? Se il piano nazionale fornisce dei criteri per le vaccinazioni, stabilendo priorità precise nei confronti di alcune fasce fragili della società, pensiamo agli anziani o a coloro che soffrono di altre patologie, e di alcuni settori a rischio, come scuola e sanità, vuol dire che in Lombardia quel piano è già stato completato? La verità è che questo protocollo introduce nel sistema un nuovo criterio sulla distribuzione dei vaccini basato sull’interesse economico delle parti. Ci sono persone che devono avere la priorità a prescindere che siano studenti, disoccupati o occupati. Anche sulle modalità a cui si è arrivati all’intesa tra Confindustria Lombardia e Regione ci sarebbe molto da dire: Cgil, Cisl e Uil non sono state consultate su questa scelta per una valutazione politica. La giunta regionale deve recuperare terreno sul piano del consenso e per farlo ha usato in modo strumentale il tema della sicurezza, rivelando così una memoria molto corta. Il protocollo sottoscritto a marzo a livello nazionale tra il governo e i tre segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil ha avuto successo perché la messa a terra di quell’intesa fu affidata alle strutture del sindacato all’interno delle aziende».
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