Le cooperative sociali di tipo B alleate ideali delle aziende private
La loro finalità è favorire l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. A Confcooperative - Federsolidarietà Insubria aderiscono 45 realtà, di cui 23 in provincia di Varese. Il presidente Aldo Montalbetti: «Siamo pronti a gestire questo cambio strategico e gestionale»
Quando si parla di cooperative sociali di tipo B, si intendono quelle cooperative la cui attività produttiva o di servizio ha come fine l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Si va dai disabili fisici, psichici, sensoriali, ex tossicodipendenti ed alcolisti fino ai pazienti in cura psichiatrica, passando per i minori in età lavorativa con particolari difficoltà e ai condannati ammessi alle pene alternative alla detenzione.
Quelle che aderiscono a Confcooperative – Federsolidarietà, in provincia di Varese e Como, rappresentano una galassia composita con numeri interessanti sia sotto il profilo dei reinserimenti delle persone svantaggiate sia dal punto di vista del valore che apportano all’economia nel suo complesso.
In questa intervista Aldo Montalbetti, presidente di Confcooperative – Federsolidarietà Insubria, spiega cosa fanno e soprattutto quali prospettive si aprono per queste realtà.
Montalbetti, qual è il perimetro in cui operano le cooperative sociali di tipo B, quante sono e quante persone fanno lavorare?
«Il loro scopo sociale è chiarito dall’articolo 1 della Legge 318 del 1991: “Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: A) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi; B) lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate”.
A Confcooperative – Federsolidarietà Insubria aderiscono 45 cooperative sociali di tipo B, e in particolare in provincia di Varese sono presenti e operano 23 cooperative associate. Queste cooperative varesine occupano 730 persone, tra soci lavoratori e dipendenti, 296 di questi appartengono alle categorie svantaggiate. Il volume di affari che generano è di oltre 21 milioni di euro annui».
Quale vantaggio porta la cooperativa sociale di tipo B alla società nel suo complesso?
«I dati evidenziano l’efficacia della nostra cooperazione sociale di tipo B, che nella stragrande maggioranza offrono opportunità di lavoro ben oltre la soglia minima data per legge al 30%, dando piena realizzazione alla propria mission e valorizzando il più possibile il loro fatturato a tale scopo. Tanto per farsi un’idea e ragionando per paradossi, se ci confrontassimo con il Pil globale della provincia di Varese del valore di oltre 23 miliardi di euro, e se immaginassimo che venisse utilizzato per il medesimo scopo per il quale viene utilizzato dalla cooperazione di tipo B, si creerebbero più di 345.000 postazioni di lavoro per soggetti svantaggiati. Aggiungo un ulteriore valore: molti studi e ricerche calcolano che per ogni persona inserita, disabile o con altro tipo di svantaggio, la società ha un risparmio di costi assistenziali e di sostegno al reddito. Questi studi definiscono cifre che oscillano tra i 3.500/4.500 euro all’anno di risparmi per ogni persona svantaggiata in più che lavora. Le 296 persone svantaggiate inserite dalle cooperative associate producono quindi un risparmio alle casse dei servizi sociali degli Enti Locali della provincia di più di 1 milione di euro. In sintesi, ogni servizio, commessa, lavoro affidato ad una cooperativa di tipo B produce tre risultati: si ottiene un servizio di cui si ha bisogno, in maniera efficace ed efficiente, si favorisce il lavoro per persone svantaggiate supportandole nella loro piena inclusione sociale, si produce risparmio della spesa sociale pubblica».
Che tipo di servizi offrono le cooperative associate e a chi li offrono?
«I servizi nei quali riescono ad effettuare gli inserimenti lavorativi sono moltissimi. Ecco alcuni esempi: servizi pulizie e sanificazione civili ed industriali, manutenzione del verde, servizi di pulizia ambientale e gestione piattaforme ecologiche, servizi di assemblaggio e confezionamento, servizi logistici, sgomberi, falegnameria, servizi informatici e digitali, gestione di servizi di business process outsourcing, archiviazione digitale e servizi call center, servizi di lavanderia, stireria e sartoria, servizi di trasporto ed accompagnamento persone non autosufficienti, gestione bar, servizi mensa e catering, gestione parcheggi, agricoltura biologica produzione di imballi in cartone. La lista sarebbe lunga e non si esaurisce in questo elenco. Questi servizi vengono offerti a clienti pubblici e privati. Caratteristica della cooperazione sociale di tipo B è cercare di rispondere ai diversi bisogni che i clienti pubblici e profit possono evidenziare, costruendo i servizi più appropriati e più efficaci per risolvere a loro i problemi e creare opportunità di lavoro anche per le persone più fragili. Le possibilità sono molteplici e non si limitano solo alla fornitura di servizi. Spesso le cooperative sono coprotagoniste, insieme agli enti locali e altri enti del terzo settore, di progetti territoriali con un altissimo impatto sociale per le nostre comunità e i loro bisogni».
Quali sono le prospettive e quali i bisogni nel futuro?
«Dato lo scopo sociale delle cooperative sociali di tipo B, e i diversi vantaggi che offrono all’interesse-bene comune, viene naturale pensare ad una stretta collaborazione con le pubbliche amministrazioni e a una ricerca di soddisfare le loro richieste di servizi e commesse. Così è stato per molti anni e per molte cooperative, parlo al passato perché è ormai considerazione comune che sia necessario implementare i contatti e le collaborazioni con le imprese profit e i diversi attori del mercato privato. Diverse sono le problematiche che ci portano ad ampliare i nostri mercati di riferimento, infatti le contrattazioni con le pubbliche amministrazioni e gli enti locali sono state molto irrigidite da un’applicazione parziale del nuovo Codice degli Appalti. Applicazione parziale perché da un lato sono state recepite tutte le norme a tutela del libero mercato e della regolamentazione delle offerte, ma dall’altro non sono state quasi per niente recepite ed applicate le specifiche riservate alle cooperative ed imprese sociali capaci di operare gli inserimenti lavorativi. Il quasi sconosciuto art. 112 del codice prevede infatti che si possano riservare appalti e servizi finalizzandoli all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, richiedendo offerte economicamente vantaggiose, cioè capaci di valutare sia gli aspetti economici e di efficienza del servizio che si mette a bando, ma anche tutte le modalità con le quali le diverse imprese sociali gestiscono e curano i percorsi di inserimento lavorativo. Anche l’elemento della “rotazione” obbligatoria, cioè dell’impossibilità di poter partecipare ad un affidamento di servizio se precedentemente già eseguito, pone un grave problema alle cooperative di tipo B. Infatti molti di questi servizi vedono inserite al lavoro persone disabili, con malattie psichiatriche o con ritardi mentali anche gravi, per cui la stabilità delle relazioni e degli interventi di supporto educativo sono elementi fondamentale per provare a garantire una tenuta lavorativa adeguata. Il cambiare ogni anno il datore di lavoro, a causa del passaggio d’appalto, non è propriamente la cosa migliore per il loro percorso formativo e di vita».
Che cosa può offrire questo tipo di cooperazione alle aziende profit?
«L’approccio che la cooperazione sociale di tipo B può offrire a quel mercato è caratterizzato da collaborazioni “win to win”, cioè che portano benefici a entrambe le realtà. In particolare con tutte le aziende che hanno obblighi derivanti dalla Lg. 68/99, che devono quindi prevedere delle assunzioni di persone disabili, possono assolvere ai loro obblighi affidando servizi e commesse di lavoro a cooperative di tipo B. È la possibilità sancita dalle convenzioni Ex Art. 14 D.Lgs. 276/03, convenzioni che vengono concordate con gli Uffici di collocamento disabili territoriali. L’impegno delle cooperative è quello di impegnarsi nel progettare e proporre servizi e prodotti innovativi, corrispondenti alle esigenze delle aziende che si incontrano, e fornirli con efficacia ed efficienza, sempre valorizzando l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Siamo pronti a gestire tale cambio strategico e gestionale, necessario per aumentare le risorse per raggiungere il nostro scopo sociale, e per “contaminare” in tale prospettiva il mondo economico territoriale. Oltre all’articolo 14, vi sono poi nuove e diverse opportunità di collaborazione con l’economia profit, come ad esempio le “Isole Formative”, cioè la creazione all’interno delle aziende di ambienti di formazione lavorativa dedicati ad accogliere percorsi di tirocinio lavorativo di persone disabili, che affiancate da competenti tutor specializzati, si integrino nei processi produttivi aziendali, occupandosi di svolgerne una parte. Questa modalità consente all’azienda di ottimizzare i problemi logistici delle lavorazioni e permette alle persone disabili inserite di respirare il “clima aziendale” e di sentirsene parte attiva».
Di cosa avete bisogno e come si può sviluppare la vostra attività?
«Provo a descrivere tre priorità, due che hanno a che fare con la Pubblica Amministrazione e una riferita al mercato profit. Come dicevo alcuni aspetti del Codice degli Appalti limitano ed ostacolano la nostra azione. Sarebbe opportuno una revisione e un ripensamento di alcuni aspetti per le imprese sociali che operano nell’inserimento lavorativo: la destinazione e riserva di partecipazione negli appalti dedicati (Art.12), e il concetto di rotazione obbligatoria a fronte dell’interruzione dei percorsi individuali si inserimento lavorativo. Questi due elementi sono senz’altro un attuale limite operativo che oggi frena la nostra crescita, e di fatto limita il perseguimento del nostro scopo sociale. La Legge Regionale 13/2003 per la promozione all’accesso al lavoro delle persone disabili e svantaggiate, mette a disposizione un Fondo Regionale annuale di decine di milioni di euro per finanziare attività e progetti che favoriscano l’inserimento lavorativo di persone disabili. Le Isole Formative di cui parlavo prima ne sono un esempio. Pensare di finanziare sempre più, e sempre in maniera più adeguata progetti di ampio respiro, che consentano la creazione di luoghi formativi e di primo accesso al mondo del lavoro, in forma stabile e permanente sui territori, in stretta correlazione tra il mondo profit e la cooperazione sociale di tipo B, è sicuramente un interesse e bene collettivo fondamentale. Le cooperative sociale di tipo B, da quasi quarant’anni sono un vero e proprio ambiente di formazione in situazione, di formazione on the job. Tutto il know out acquisito e perfezionato nel corso di questo tempo può ora divenire strumento e risorsa per supportare il mondo profit nelle difficoltà che hanno a lavorare con la disabilità. Questo ultimo passaggio mi consente di delineare la terza priorità. Per collaborare bisogna essere almeno in due a volerlo. L’appello è quindi agli imprenditori del nostro territorio, piccoli e grandi, con obblighi o senza obblighi, che abbiano voglia di accettare la sfida di lavorare con cooperative, che se da un lato inseriscono al lavoro disabili e svantaggiati, a tutti gli effetti sono aziende, e quindi come tali sono attente alla qualità, all’efficienza e all’efficacia dei servizi offerti».
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