Lagoni di Mercurago, l’ArcheoMuseo di Arona festeggia il decennale Unesco
In occasione del decennale il Museo ha organizzato una rassegna di approfondimenti online dedicati al palafitticolo aronese con dieci speciali focus sui reperti trovati nel Lagone
L’ArcheoMuseo di Arona festeggia i dieci anni dall’inserimento del sito archeologico dei Lagoni di Mercurago nel patrimonio Unesco e lo fa con una speciale rassegna dedicata al palafitticolo aronese e all’area protetta sul versante piemontese del Verbano.
Per festeggiare il primo importante anniversario “dei Lagoni”, l’ArcheoMuseo, aperto nei weekend e il martedì mattina (ingresso gratuito), ha deciso di spegnere – virtualmente – una candelina alla volta, così da creare dieci speciali approfondimenti ai reperti ritrovati nel Lagoni.
La prima “candelina” è dedicata alle palafitte del Lagone di Mercurago, di cui riportiamo lo speciale focus e le cartoline dell’Archeo Museo:
Anzitutto dovete sapere che il sito del Lagone di Mercurago, oggi all’interno dell’area protetta dei “Lagoni”, annoverato tra i 19 siti di palafitte italiani (e gli oltre 100 di tutta la rete, che comprende anche Francia, Svizzera, Austria, Germania e Slovenia), riveste tra questi un PRIMATO, è infatti il primo sito di questo genere scoperto in Italia, fin dal 1860 grazie alle indagini condotte dal geologo torinese BARTOLOMEO GASTALDI (1818-1879).
Siamo davvero orgogliosi di questo primato, come di tutti gli interessanti elementi che furono messi in luce in quelle prime indagini pionieristiche e che vi racconteremo, a partire proprio dall’aspetto più qualificante: LE ABITAZIONI su pali.
Delle palizzate rinvenute lo stesso Gastaldi fece un disegno con sezione e planimetria, riprese anche dall’archeologo svedese Oscar Montelius (1843-1921), e fin dalla prima pubblicazione dimostrò un certo interesse per le specie legnose documentate nella costruzione delle abitazioni, tra le quali osservò la presenza di betulle e olmi.
I pali superstiti della palafitta scoperta nell’Ottocento sono stati oggetto di indagini anche negli anni ‘90 del secolo scorso, quando sono stati segnalati con boe galleggianti (ricerche della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, direzione F.M. Gambari).
Per farci un’idea di come fossero queste particolari costruzioni studiate per sorgere presso l’acqua possiamo osservare il bellissimo disegno realizzato per le altre palafitte piemontesi inserite nella rete UNESCO, quelle del Lago di Viverone.
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Ricostruzione di un complesso palafitticolo sul Lago di Viverone (Museo di Ivrea)
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