“Quando ero giovane” il ricordo di Battiato a Sesto Calende e a Castelletto
Marziano Balzarini, organizzatore del festival che portò sul lago i più grandi artisti italiani, racconta gli anni in cui un giovane Battiato si esibì con la moglie di Gaber all'Enal (la Marna). Qualche anno più tardi una stagione al Bones e poi il grande concerto dell'83 allo stadio della Castellettese
“Andavamo a suonare nelle sale della Lombardia, e c’era un’atmosfera eccezionale, la domenica, di pomeriggio, in quelle balere, si divertivano a ballare, operai e cameriere. Era passata un’altra settimana”.
Si conclude così “Quando ero giovane”, uno degli ultimi singoli di Franco Battiato, che spegnendosi ieri mattina, martedì 18 maggio, ha lasciato un profondo vuoto nel mondo della musica italiana. Come suggerito dal titolo, la canzone, tratta dall’album “Apriti Sesamo”, ricorda gli esordi di quella che sarebbe stata una straordinaria carriera costellata non solo di grandi successi ma anche di innovazione e sperimentazione, tratti distintivi in tutta la ricchissima produzione artistica del cantautore siciliano che sul finire degli anni Sessanta e primissimi Settanta “sbarcò” in Lombardia, dove il lungo viaggio nel mondo della sette note ebbe inizio.
Può sembrare incredibile a pensarci, considerando lo status che Battiato ha acquisito col passare degli anni – tanto da meritarsi il titolo di “Maestro” – ma “Francuzzo” suonò per diversi anni in balere, club e sale da ballo della provincia meneghina, di Varese (qui il ricordo di un nostro lettore di Battiato al Circolo di Tradate) e del Lago Maggiore, fra cui spicca un concerto a Sesto Calende e una stagione al Bones di Castelletto Ticino, come ci racconta Marziano Balzarini, che a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 portò a Castelletto Ticino alcuni dei più grandi artisti della scena italiana fra cui Gianni Morandi, Zucchero, Vasco Rossi e anche lo stesso Battiato per il festival “Azzurro Estate”.
«Battiato mi ha lasciato un marchio: mi ricordo ancora la prima volta che lo sentii – racconta Marziano -. Era la fine degli anni Sessanta, io avevo 16 anni e lui cantava nel salone dell’Enal di Sesto Calende (il dopolavoro della Siae Marchetti, ndr), quello che oggi è la Marna. Faceva parte del gruppo musicale che accompagnava Ombretta Colli, la moglie di Giorgio Gaber. dotato di una tecnica davvero eccellente, mi ricordo che era bravissimo a suonare la chitarra».
In quegli anni, infatti, Battiato era diventato amico di Gaber, i due si erano conosciuti al Club 64 di Milano, tempio del cabaret e palcoscenico di casa per artisti come Enzo Jannacci e Renato Pozzetto.
«Pochi anni più tardi – prosegue Marziano -, Battiato suonò come complesso stabile al Bones di Castelletto, l’attuale Gilda. Rimase a Castelletto per quasi un anno a suonare in quello che era una delle sale da ballo più famose della zona».
Quello che Mariziano non sapeva era che in futuro lui e Battiato si sarebbero rincontrati di nuovo, sempre a Castelletto Ticino, all’inizio degli anni Ottanta. In poco meno di dieci anni Battiato si guadagnò di diritto un posto fra i più grandi della musica leggera italiana, grazie al successo (artistico e commerciale) di album come “La Voce del Padrone” (1981); nel frattempo, Marziano, insieme a un gruppo di amici fra cui Pino Muscolino, aveva dato il via ad Azzurro Estate, un festival che in molti sul Verbano ricorderanno con nostalgia, quando allo stadio della Castellettese venivano a suonare i grandi nomi della musica italiana, spesso in concomitanza con le “notti magiche” di Europei e Mondiali di Calcio a far da cornice.
«Nell’agosto del ’83, ebbi modo di organizzare uno dei concerti più belli di Azzurro Estate, quello con Battiato – ci confida Marziano – Un concerto davvero ineguagliabile. Mi ricordo che quell’anno in tournée insieme a lui c’erano Giuni Russo, una bravissima cantante siciliana (famosa per “Un’estate al mare”, ndr) e il maestro Giusto Pio al violino, entrambi scomparsi».
Una persona riservata, a tratti anche timida, e di una «sensibilità infinità»: questo il ricordo di Battiato che Marziano custodisce a distanza di tanti anni, frutto di più incontri nel corso di tre diverse decadi (60-70-80).
«Lo considerato un genio, visionario sì ma “reale”, autore di musica incantevole, alla continua ricerca di sonorità. Quando suonò a Castelletto aveva già composto canzoni bellissime, anche se per me la più bella canzone di Battiato è “La Cura” (1997): la più bella canzone d’amore che abbia mai sentito: una poesia musicale».
“Caro Gianni Morandi anche io ricordo bene quella sera a Castelletto”
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