Out of, i Mudiva tornano sulle scene con un nuovo album in inglese
Sette nuovi brani, tra sperimentazioni e cavalcate elettroniche, per la band alternative rock del Varesotto. Un disco a tratti oscuro, in cui chitarre distorte ed elettronica si fondono per narrare le inquietudini e le ansie del nuovo Millennio
A distanza di quasi sei anni dall’ultimo album studio tornano i Mudiva. La band alternative rock attiva nel Varesotto – provincia che dà, sotto forma di acronimo, il nome al gruppo: Mu(sica) Di Va(rese) – torna di nuovo sulle scene musicali con sette nuovi brani in inglese contenuti nel nuovo disco Out Of, disponibile in tutti gli store digitali.
Mixato e masterizzato con cura da Pasquale Vitali all’AStudio di Angera per la label More Than Indie Records, Out of è il quarto album del trio composto da Fabrizio Brentan, Pietro Saggin e Max Baranzini, il primo dopo l’addio di Davide Berviglieri con cui i Mudiva hanno pubblicato Lavoretti Casalinghi (2014), Venerdì 13 e Pezzi (2015), recentemente rimasterizzati e disponibili negli store digitali grazie al progetto Save The Music.
Per la band Out Of rappresenta una sorta di nuovo inizio, caratterizzato anche dalla scelta di tornare a cantare in lingua inglese, proprio come agli esordi, quando, all’inizio degli anni 2010, la band nasceva dalle ceneri dei Work in Progress. Da quei giorni sono cambiate molte cose e anche il sound della band si è modificato, evoluto, contaminato, pur senza perdere quello stile a metà tra new wave e rock elettronico che ha sempre caratterizzato il sound Mudiva, compresi i quasi venticinque minuti di Out Of.
«Out Of – spiega la band – segna il ritorno dei Mudiva: prima di tutto “ritorno alla musica”, che dal nostro punto di vista è sempre stata intesa come attività creativa, di sperimentazione e innovazione, ma anche ritorno alla vita, all’ amicizia, alla voglia di stare insieme. La diversità fra i vari brani è un po’ il nostro marchio di fabbrica. Ci piace realizzare ogni idea musicale che ci coinvolge nei vari momenti di creatività».
Ad aprire il disco è il riff di chitarra – rincorso da un galoppante basso – della scanzonata On my knees. Una richiesta di attenzione celata in una canzone elettrizzante, in cui battere e levare sono dettati anche dai “clap” dei ritornelli. Dopo più di un lustro lontani dagli studi di registrazione nelle prime battute del disco i Mudiva hanno voglia di tornare a divertire e divertirsi: e si sente. Il groove ritmico basso e batteria della band prosegue energico così anche nelle successive Doctor don’t care ed Everyday, che con il suo ritornello, seguito da un solo di una tastiera elettronica, chiude idealmente l’ipotetico side A del disco.
Le chitarre e i vocoder robotici di Burning Up spalancano infatti le porte a una dimensione più oscura e metropolitana, a tratti anche sperimentale, per una band che ha sempre voluto uscire degli schemi del (hard)rock “old style”, preferendo orientarsi maggiormente verso gli artisti delle generazioni successive come Killers, Muse e Subsonica.
Col progredire del disco le tracce si fanno più oscure e il bridge di Fury è forse la massima rappresentazione di un tormento, di un’ossessione cantata per tutto il brano e riproposta anche in altri brani come in Rock will keep us. Alternando strofe robotiche alla Kraftwerk «Sometimes I’m scared of the world») a ritornelli a squarcia gola la penultima canzone in scaletta ripropone una dicotomia ormai all’ordine del giorno: quella tra macchine ed esseri umani, mostrati nella fragilità della carne che riesce e renderli esseri unici.
A spegnere lentamente le luci del disco è infine “Out of the city”, brano che nel nome contiene anche il titolo dell’album. Una cavalcata notturna fuori dalla città, la stessa rappresentata anche nella copertina del disco. La pioggia incessante cade sui grattacieli e sui neon della metropoli, è l’arpeggiatore a scandirne il tempo. Intanto, nel frastuono della rumorosa notte metropolitana la macchina guidata dai Mudiva si è allontana da quella Gotham colma di dolore da lasciarsi alle spalle, la band è pronta così a intraprendere nuove strade e sentieri non ancora battuti.
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