Addio Mattia, giovane uomo generoso: “Ci regalò le mascherine fatte da lui nel cuore della pandemia“
Il ricordo di un volontario del Cva di Angera che raccolse un aiuto concreto e destinato a chi era in prima linea durante il lockdown della primavera 2020
«È giusto che la gente sappia che esistono persone che fanno le cose spinte solo dal cuore e dalla volontà di aiutare gli altri. Mattia era uno di quelli».
Ci sono momenti che rimangono fissati per sempre in un’immagine. E c’è una foto che vale la pena di essere raccontata perché vede ritratto Mattia Rizzon, la giovane vittima che giovedì mattina ha perso la vita sul Sempione in un incidente stradale.
Lo scatto lo ritrae in uno dei momenti più tragici della nostra esistenza, quello dell’inizio della pandemia, del primo lockdown nella primavera 2020 quando il virus – come ora – faceva paura, ma l’orizzonte dei vaccini, di una strada da seguire per uscire dall’incubo, ancora mancava. Allora ci si aggrappava a quello ciò che si aveva, fisicamente, e mentalmente.
La foto ritrae due persone che sorridono dietro la mascherina.
Una è appunto Mattia, a sinistra; l’altra è Alessandro Cerreto, autista soccorritore del Cva di Angera (Corpo Volontari Ambulanze) dal 2016, 48 anni, lavoratore di una grande multinazionale come operaio che dopo le sue 8-10 ore al giorno, a volte riesce ad indossare i panni dell’autista.
«È stato il periodo peggiore. Avevamo bisogno di mascherine, e non se ne trovavano. Un giorno sono stato contattato da un amico che mi ha presentato Mattia, ai tempi venticinquenne, che ci regalò diverse mascherine lavabili realizzate in tessuto. Devo dire che questo gesto mi ha profondamente colpito e mi è rimasto dentro ancora oggi».
Mattia aveva realizzato quelle mascherine assieme ad un’amica: nessuna certificazione ufficiale, certo, solo un pezzo di stoffa da mettere davanti alla bocca per evitare il contagio (e del resto le indicazioni regionali parlavano in termini generici di “coprire naso e bocca anche all’aperto”, non di sigle e certificazioni, almeno in un primo momento).
Ma in quel frangente era qualcosa. In realtà era molto, moltissimo. «Non conoscevo bene Mattia, ma di certo è stato un esempio per molte persone», conclude emozionato il volontario d’ambulanza Alessandro Cerreto.
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