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Aumento di quasi il 30% per le materie prime, Coldiretti: “E’ crisi per imprese e famiglie”

Fiori (Coldiretti Varese): “La guerra coinvolge un ¼ del grano mondiale. Necessario investire e puntare sempre più sull’autosufficienza delle risorse alimentari”

coldiretti varese presidio

Sono imprese agricole e consumatori gli “anelli deboli” della catena colpiti dal balzo delle quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale che sono aumentate del 29,8% nell’ultimo anno. Un’ulteriore conferma giunge dai dati emersi dall’indice Fao che ad aprile 2022 ha raggiunto il valore di 158,5, in calo dello 0,8% rispetto al mese precedente.

«A tirare la volata – sottolinea Coldiretti Varese attraverso il presidente Fernando Fiori – sono i prezzi internazionali dei cereali cresciuti del 34% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre i lattiero caseari salgono del 24%, lo zucchero aumenta di oltre il 22%, la carne del 17% ed i grassi vegetali sono balzati addirittura del 46% rispetto all’anno scorso anche per il crollo delle spedizioni di semi di girasole dall’Ucraina che è un grande Paese esportatore e per la decisione dell’Indonesia di sospendere le esportazioni di olio di palma, di cui il Paese e il primo produttore mondiale. E’ una situazione molto preoccupante che mette in seria difficoltà anche le imprese zootecniche, particolarmente per quanto riguarda la fiammata dei prezzi dei cereali».

«A quasi due mesi e mezzo dal suo inizio la guerra è già costata, secondo la Coldiretti, quasi 100 miliardi di dollari a livello globale solo per l’aumento dei prezzi di mais e del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto. Un trend che rischia di aggravare una situazione che nel 2021 ha visto le persone colpite da grave insicurezza alimentare nel mondo raggiungere la cifra di quasi 200 milioni, con numeri destinati a salire, secondo il rapporto annuale Fao-Programma alimentare Onu-Ue – prosegue la nota dell’associazione -. La guerra coinvolge infatti gli scambi di oltre ¼ del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate), secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga».

«Una situazione aggravata dal blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero a causa dell’invasione russa che ha alimentato l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che – spiega la Coldiretti provinciale – si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori. L’emergenza – conclude Fiori – sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri».

Secondo il presidente Fiori è necessario «investire per rendere l’intero Paese il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari facendo tornare l’agricoltura centrale negli obiettivi nazionali ed europei. Nell’immediato occorre salvare aziende e stalle da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni, incoraggiando chi fa agricoltura montana; va infine sostenuta la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici».

Pubblicato il 10 Maggio 2022
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