Il 2022 è l’anno dell’invasione delle zecche? Facciamo chiarezza
Con Nicola Ferrari, docente di parassitologia dell’Università degli Studi di Milano, spieghiamo qual è la situazione e perché olio, alcool, fiammiferi e antibiotici siano da evitare
Puntuale come ogni stagione calda, tornano anche loro: le zecche. E con loro i titoloni sensazionalistici che urlano all’invasione, che raccontano storie di contagi scoperti dopo anni e dagli effetti devastanti e tante altre notizie acchiappaclick, generatrici di panico e spesso antiscientifiche, che propongono rimedi non solo errati ma pericolosi. Vediamo allora di fare un po’ di chiarezza per vivere con serenità le nostre ore all’aria aperta, fra i tanti luoghi verdi che offre il Varesotto.
Abbiamo intervistato il professor Nicola Ferrari, docente di parassitologia del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università degli Studi di Milano, che ci ha aiutato ad analizzare meglio la questione.
Intanto le zecche non sono insetti, ma artropodi, “parenti” dei ragni per intenderci, il cui nome scientifico della specie più diffusa da noi è Ixodes ricinus. La zecca vive una vita fatta di tre stadi di sviluppo: larva, ninfa, adulta. Per passare da una fase all’altra ha bisogno, come qualsiasi animale, di mangiare. E i suoi gusti in fatto di cibo sono piuttosto monotoni: sangue, sangue, sangue. Non proprio la regina dei gourmand, insomma. Nel corso della sua vita mangia tre volte, per passare da uno stadio all’altro. Giunta all’ultimo banchetto cerca un compagno/a con cui riprodursi, depone le uova e passa a miglior vita.
Il panico e clamore mediatico che generano è perché nel fare il suo “pasto di sangue”, così si è soliti chiamare il processo fisiologico che mette in atto per nutrirsi, può essere vettore di malattie trasmissibili all’ospite del cui sangue si nutre. Le zecche vivono nel terreno e necessitano di umidità: le troverete difficilmente perciò in alta montagna o lungomare, mentre l’ambiente Prealpino, coi suoi boschi, è decisamente un luogo dalle caratteristiche ideali per la loro esistenza e riproduzione.
Abbiamo chiesto al professor Nicola Ferrari se, effettivamente, questo è un anno anomalo per la presenza di zecche e no, non lo è. «Dagli anni ‘60 la popolazione di zecche è in aumento.
Quest’anno non è un anno straordinariamente anomalo, ma vero è che una serie di condizioni climatiche particolari – banalmente un inverno non troppo freddo e un caldo anticipato – ha fatto sì che questi artropodi si “svegliassero” in anticipo rispetto al solito, dandoci la (giusta) impressione che già a maggio fossero presenti in numero maggiore rispetto agli altri anni: è come se il picco dell’ondata fosse stato anticipato e il numero di zecche in circolazione a maggio-giugno giugno è raffrontabile con quello che solitamente abbiamo a giugno inoltrato , che in linea di massima è il momento dell’anno in cui circolano di più».
Cosa fare per evitare di essere morsi dalle zecche
Posto che le zecche ci sono, vediamo insieme quali i rimedi più efficaci per evitarne il morso. «Se è vero che il modo migliore per non prenderle è non andare per boschi, vero è anche che (comprensibilmente) non ci va di rinunciare ad una passeggiata nella bella stagione – prosegue il professor Ferrari – Esistono però semplici norme comportamentali che possiamo mettere in campo durante e dopo un’escursione per limitare il rischio del morso di zecca. Ovvero:
Indossare abiti lunghi e chiari
Se andiamo nel bosco o per prati non indossiamo calzoncini corti e infradito, ma scarpe chiuse e possibilmente abiti chiari. Su capi bianchi è più facile individuare e togliere gli sgraditi ospiti.
Calzettone sopra il pantalone
Ok, forse non ci vedrete la Ferragni in Piazza Duomo a Milano (a parte che dopo le calze + ciabatte possiamo aspettarci di tutto), ma un bel paio di calzettoni alti sotto cui infilare i pantaloni sono un’ottima strategia per evitare che le zecche possano infilarsi e banchettare su di noi.
Il controllo al rientro
Fondamentale è un accurato controllo post escursione. Guardate con attenzione in quelle zone del corpo che le zecche prediligono, per la loro umidità: inguine e tutta la zona genitale, ascelle, intercapedini fra le dita di mani e piedi, orecchie, cuoio capelluto.
Dodici ore a basso rischio
Non tutti sanno che la zecca ha un modus operandi particolare, quando si tratta di mangiare. Al contrario delle zanzare non si limita a mordere e succhiare in breve tempo: per nutrirsi ha bisogno di infilare l’intero “capitulum” sotto cute e per farlo le occorrono circa 12 ore.
Una volta che inizia il pasto di sangue, anche qui a differenza delle zanzare, non si limita a succhiare, ma alterna momenti di suzione ad altri in cui rigurgita il sangue ingerito. E’ questo il momento più pericoloso in cui può trasmettere infezioni. Se noi però ci controlliamo appena rientrati dalla nostra avventura “outdoor” e le troviamo prima che siano trascorse 12 ore, queste non hanno avuto il tempo materiale per iniziare a mangiare ed eventualmente infettarci.
Rappresentazione di una zecca che ha inserito l’intero capitulum sotto cute e può iniziare il pasto di sangueMa come si toglie una zecca?
Con il professor Ferrari abbiamo anche qui sgombrato il campo da falsi miti e rimedi della nonna non solo inefficaci, ma potenzialmente pericolosi. «Il modo migliore è utilizzando una semplice pinzetta, prendendo la zecca il più possibile vicino alla pelle ed estrarla con un leggero movimento rotatorio.
L’uso di sostanze varie quali olio, alcool, fiammiferi non solo non sono utili ma sono controproducenti: se la zecca ha già iniziato il pasto di sangue tenderà a rigurgitare quanto ingerito, aumentando il rischio di infezione. E’ quello che gli inglesi chiamano “effetto siringa”».
E se “rimane dentro un pezzo”?
Anche qui, no panico. Il docente di parassitologia lo spiega bene: «Nella maggior parte delle volte si può verificare una piccola infezione locale che non è automaticamente sintomo di un’infezione grave, quale per esempio la malattia di Lyme. Se resta un pezzettino sottocute, togliamolo con l’ausilio di una pinzetta e, in ogni caso, disinfettiamo con cura la zona».
L’antibiotico non va dato “in automatico”
Si sente spesso che per “profilassi” è necessaria una cura antibiotica per il semplice fatto di essere stati morsi da una zecca. Non è così perché, come sottolinea il professore, «Gli antibiotici, come tutti i farmaci, vanno somministrati in presenza di sintomi. Il semplice fatto di essere stati morsi da una zecca non crea la necessità di una cura antibiotica. Anzi, si rischia di fare danni peggiori somministrandoli senza che ve ne sia la necessità, quali l’antibiotico resistenza.
Lo si fa in presenza di sintomi: come tutte le infezioni quelle trasmesse da zecche inducono tra i primi sintomi febbre e “spossatezza”. Se compare qualche giorno dopo il morso di zecca è fondamentale andare dal medico e fare presente il morso. Anche perché le infezioni da zecca sono specifiche e necessitano di antibiotici specifici».
Ricordiamo poi che se si inizia la terapia antibiotica prima della comparsa dei sintomi, questi possono essere in qualche modo “mascherati”, perché l’antibiotico può alterare la comparsa di sintomi utili ad una diagnosi puntuale. Quindi antibiotici solo se compare la febbre o altro sintomo e, ovviamente, dopo aver consultato il medico.
Non le prendiamo da cani e gatti
Altro punto da chiarire è come le zecche arrivino a noi e la risposta è: «Non da cani, gatti o altri animali, ma dall’ambiente. Se una zecca si attacca ad un animale e specie se lo fa nel suo ultimo stadio di vita, cioè da adulta, non ha nessun interesse a staccarsi dall’ospite per andare a mordere qualcun altro. Il suo obiettivo è completare il pasto di sangue, che dura quasi cinque giorni, per poi staccarsi».
Quindi se il vostro cane vive in casa o il gatto fa “fuori e dentro”, sappiate che anche se anche avesse una zecca e questa dovesse staccarsi cadendo a terra, difficilmente troverà l’ambiente adatto alla sua evoluzione: sui nostri pavimenti e nelle nostre case non c’è l’umidità necessaria. Prestate attenzione a moquette o vecchie coperte dove magari riposano i nostri amici a 4 zampe.
Ringraziando il professor Nicola Ferrari per la sua disponibilità e la chiarezza che ci ha aiutato a fare sull’argomento, speriamo che il nostro articolo vi faccia stare un po’ più sereni nel vivere le vostre gite all’aria aperta. Copritevi bene se andate a passeggiare e non affidatevi a google, ma alla scienza.
Buona estate per boschi!
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