Festa in piazza
di Laura De Filippo
La vita di 17 frenetica, gioiosa. Gente che canta, ride, scherza, un semplice caffè si trasforma in festa di paese. Con i miei vassoi faccio lo slalom tra i tavolini, dentro e fuori dal bar. Ci porta due caffè per favore. Pure le pastorelle, le sfogliatelle, una riccia e una frolla. Grazie. I fidanzatini, lui molto contento, lei è emozionata. Si guarda la mano, la allunga a destra, poi a sinistra, cerca la luce giusta per ammirare la pietra dell’anello appena ricevuto.
Dal banco prendo il vassoio con le ordinazioni, e prima di uscire recupero una rosa da un tavolo vuoto, una carineria per il loro amore. La chiacchierata è concitata, sento parlare di parenti, viaggi, direi che “la cerimonia è servita”, sorrido tra me e me. Sono molto teneri. Controllo gli altri tavoli, sono tutti a posto. Anche l’ultimo arrivato, granita al limone. Ha una giacca molto pesante, ma non ha caldo? Che tipo strano, avrà vent’anni, con una giacca da vecchio. Il cantante del quartiere, un ragazzo giovane e bello, come ogni pomeriggio, allieta i clienti e non solo. “Oggi canterò, e voi ballerete, una delle più belle canzoni napoletane”. Parte la musica Io, mammeta e tu, con questa canzone si dà la svolta festosa alla giornata. La gente balla, anche la coppietta batte le mani a tempo. Lei si alza, saltella, lui la guarda innamorato. Il cantante li incita, provoca la ragazza che continua a danzare tra i tavoli … passiammo pe Tuledo nuie annante e mammeta arrete, cheste vene pure o’ viaggio e nozze…il fidanzato è imbambolato dalle sue movenze. Cede, con tutto il resto della clientela. La musica si quieta un attimo, tutti approfittano per riposare, i futuri sposini si tuffano stanchi sulle sedie. Lei urla e si accascia con gli occhi aperti, stupiti, impauriti. Lui la chiama, lei prova a rispondere ma esce solo un suono sordo. Uno stiletto affilato, incastrato nei ricami dello schienale della sedia, le ha trapassato l’esile corpo. È caduta in avanti, tra le braccia del suo sposo. La gente guarda intorno atterrita, grida, non capisce cos’è successo. Al tavolo accanto c’è un medico, si avvicina al ragazzo per aiutarlo ma riesce solo a constatare la morte. Lo stupore e la paura dipingono i visi dei clienti, il mio collega chiama i carabinieri. Io aiuto il dottore, prendo una sedia per una signora, ha un malore per lo spavento. Mi accerto che gli altri stiano bene, un momento, ma dov’è il tipo con la giacca pesante?
Ispirato a Io, mammeta e tu – Domenico Modugno, 1955
Racconto di Laura De Filippo (www.ilcavedio.org)
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