Nasce il museo della radioattività
Una piattaforma di divulgazione virtuale e gratuita per conoscere meglio la radioattività e scoprire i tanti oggetti radioattivi che usiamo tutti i giorni senza saperlo
(Foto dal Museo della radioattività)
Sapevate che la birra contiene potassio-40 radioattivo? E che nel succo di carota ce n’è dieci volte tanto? Qualcuno si ricorda le vecchie etichette sulle che pubblicizzavano l’acqua radioattiva? Queste sono solo alcune delle tantissime curiosità da scoprire percorrendo le sale virtuali del Museo della radioattività: una piattaforma di divulgazione online completamente gratuita e adatta a tutti per conoscere meglio le radiazioni della vita di tutti i giorni.
Il museo è composto da nove stanze, ognuna dedicata a una tematica differente, ma tutte con l’obiettivo di illustrare la radioattività in modo semplice e chiaro. Sfogliando le pagine del sito è così possibile scoprire quanti e quali oggetti innocui di uso quotidiano emanano bassissimi livelli di radiazioni (alcuni tipi di lampade, vecchi orologi da polso, ma anche moltissimi alimenti e – appunto – anche l’acqua di fonte); osservare manifesti e pubblicità d’epoca per conoscere come le persone di allora consideravano la radioattività; e consultare una ricca collezione di titoli tra libri, film e fumetti per approfondire l’argomento.
Supposte al radioIl Museo della radioattività, “divulgare per combattere la disinformazione”
Il Museo della radioattività è nato grazie a sei esperti che hanno messo a disposizione l’esperienza costruita in anni di lavoro nel campo della radioattività in una piattaforma di divulgazione facile da consultare e ricca di spunti interessanti per visitatori di tutte le età. «Tutte le volte che ognuno di noi sei si trova a cena coi propri amici o parenti – spiega il curatore del museo Franco Cioce – la discussione finisce sempre per virare sulla questione della radioattività e spesso chi non conosce molto questo tema si stupisce di quanti siano gli oggetti nella vita di tutti i giorni che emanano radiazioni. Abbiamo quindi deciso di cercare un modo per divulgare informazioni e curiosità riguardo la radioattività, e quale luogo migliore per diffondere conoscenza che un museo?».
Ovviamente, realizzare un museo fisico con veri reperti radioattivi sarebbe stato difficilissimo se non impossibile (non sono esposti neppure al museo dedicato a Marie Curie a Parigi). «Nei primi mesi della pandemia – racconta Cioce – abbiamo quindi deciso di allestire una piattaforma online adatta a visitatori di ogni età e con qualsiasi livello di istruzione».
Un museo virtuale, quindi, per divulgare e combattere la disinformazione che circonda la radioattività. «Troppo spesso – commenta il curatore del museo – chi fa informazione insegue la visibilità con notizie false, titoli sensazionalistici, termini incorretti e senza consultare persone che conoscono a fondo l’argomento. Questo può portare lettori e spettatori a spaventarsi o costruirsi convinzioni errate».
Un aperitivo “radioattivo”I prossimi passi del Museo della radioattività
Il Museo della radioattività è sempre in espansione e in aggiornamento. «Chiunque volesse aiutare a far crescere il progetto – ricorda Cioce – può inviarci tramite i nostri contatti foto e dettagli dei propri oggetti collegati alla radioattività. Intanto noi siamo al lavoro per tradurre il sito in Inglese, Francese e Spagnolo. Stiamo pensando di organizzare anche i primi incontri in presenza per raccontare le curiosità che circondano il tema della radioattività. Abbiamo già cominciato a collaborare insieme ad alcune scuole realizzando alcuni seminari per ragazzi».
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