A Luino i racconti di Branduardi regalano verità, il Lions Club gli consegna un’onorificenza
La Melvin Jones Fellow: "Per aver rivoluzionato il mondo della musica italiana, richiamando costantemente la spiritualità, la natura e le sue Creature"
Cinquant’anni di carriera alle spalle, una chioma invidiabile (a molti) e la poesia negli occhi. E’ così che si scorge Angelo Branduardi varcate le porte dell’incantevole Palazzo lacustre di Luino che venerdì 4 novembre lo ha ospitato per la presentazione del suo nuovo libro “Confessioni di un malandrino. Autobiografia di un cantore del mondo“.
Un incontro promosso dal Lions Club Luino che con orgoglio ha riservato al musicista, cantautore e menestrello d’Italia un’accoglienza degna di merito. Per l’occasione la sala principale di Palazzo Verbania si è spogliata per poter ospitare una grande cena, a cura di Ruzzenti Catering, e con lei anche «quel malandrino di Branduardi» che, con una dolce e ironica naturalezza ha raccontato simpatici e importanti aneddoti che hanno segnato la sua vita.
A fare gli onori di casa, è stato il neo presidente del Lions Club Luino Pierfrancesco Buchi: «Buonasera a tutti, do il benvenuto ai soci Lions, agli amici, agli estimatori del Maestro Angelo Branduardi, ma in particolar modo al nostro ospite d’eccezione. In questo contesto bellissimo, di cui ringrazio il Sindaco per la concessione gratuita degli spazi, che è Palazzo Verbania, simbolo della storia della Città di Luino, della vita culturale del nostro territorio oggi come nel passato, conosceremo il maestro Branduardi, celebreremo la sua vita ripercorrendola anche grazie alla testimonianza che ci verrà offerta dal libro “Confessioni di un malandrino. Autobiografia di un cantore del mondo” che stasera con Roberto Radice avremo modo di conoscere».
Al momento della cena è infatti succeduto quello della presentazione del libro, moderato dal professor Roberto Radice e a cui i presenti hanno preso parte con tante domande. Chi è Angelo Branduardi? Chi è stato? Di cosa parla questa autobiografia? Secondo Radice, la risposta sta tutto nel titolo: «Tutti gli elementi dominanti di questo testo sono presenti nel titolo, che è nello stesso tempo anticipazione e sintesi del contenuto stesso. Confessioni è un termine che va trattato, nel nostro significato sta dietro o sta davanti ad una colpa. Originariamente vuol dire esplicitazione, cioè desiderio di voler esternare qualcosa. Autobiografia, invece, significa che il tema è il soggetto specifico del tema stesso, cioè ‘il se stesso’, io stesso. I 24 capitoli non sono effettivamente capitoli, sono frammenti della vita e del sentire dell’autore, messi in un certo ordine, accanto i quali si trova sempre un sottotitolo delle canzoni che lui ha prodotto. In verità c’è un legame molto stretto tra la sua musica e il suo modo di essere. Perchè racconta la sua personalità in quanto tale. Anche se nel suo caso molte delle canzoni, che io ho conosciuto e ammirato, sono strane, c’è una musica importante, costruita, approfondita, che esce in una forma semplice. Diciamocelo, lui potrebbe musicare anche la rubrica del telefono». E in effetti Angelo Branduardi è un “caso unico nella storia della musica italiana. Un musicista che nella sua carriera ha esplorato in lungo e in largo i vasti territori del nuovo, navigando tra le culture, tra sacro e profano, e che ha fatto sì che ogni suo brano fosse un piccolo giro del mondo”, come si legge nel libro.
Complici le suggestioni del professor Radice, Branduardi racconta del momento in cui gli fu chiesto di narrare/musicare le gesta di san Francesco: «Io non amo la musica devozionale, odio radio Maria e sono un peccatore. Perchè a me? Bè la risposta fu ‘perchè dio sceglie sempre i peggiori’, e lì non ho più avuto dubbi». Eclettico e divertente Branduardi porta il pubblico a contatto con il suo passato, dal precoce inizio della sua carriera, alla fortuna di aver incontrato grandi intellettuali e musicisti italiani come Franco Fortini ed Ennio Morricone.
Da sempre supportato nella scrittura dei testi dalla moglie Luisa Zappa – che simpaticamente dice essere scritti a quattro mani, tre delle quali della moglie – Branduardi definisce la musica come l’unica forma di arte in grado di unire il sacro e il profano, in cui il corpo ha una funzione importantissima, come lo aveva nell’arte primitiva. Un contesto in cui i musicisti si dividono tra lupi e agnelli e dove lui, invece, si ritrova come un uomo inquieto in cerca di pace, quasi immortale, grazie al successo delle sue canzoni.
Ricco di storie, che risuonavano come una delle più belle delle melodie, il Palazzo lacustre ha in ultimo visto la consegna da parte del Lions Club di Luino dell’alta onorificenza “Melvin Jones Fellow” all’artista.
«Sono onorato che Luino e in particolar modo il Lions Club di Luino possa rendere omaggio ad Angelo Branduardi, artista poliedrico le cui radici musicali e poetiche hanno diramazioni profonde e variegate che attingono da culture estremamente
diverse tra di loro, culture appartenenti a Paesi diversi, di popoli spesso lontani – commenta Buchi, prima della consegna dell’onorificenza -. Avete mai pensato a quante storie, quanti volti e quanti mondi si possono trovare mettendo in fila un po’ delle sue canzoni? Ci potrete trovare bambini, anziani, animali piccoli come pulci e orizzonti più grandi dei vostri sguardi. Signori di castelli medievali, viaggiatori del futuro e donne in attesa davanti al mare, ciliegi che piegano i rami, mele ancora da cogliere e lepri che vanno a finire sulla luna. C’è un artista che queste cose le ha sempre cantate, viaggiando con la fantasia tra cielo e terra. Con una chitarra, un violino e chiudendo gli occhi quando canta. Angelo Branduardi lo possiamo seguire in questo viaggio meraviglioso, ascoltando la sua musica o leggendo il suo libro, dove ogni cosa se ne tira dietro un’altra. Come fanno tutte le storie, quando sono raccontate perché anche chi ascolta o chi le legga ci finisca dentro. Ad Angelo Branduardi – conclude Buchi – va tutta la nostra stima, la nostra ammirazione, la nostra riconoscenza per averci donato in tanti anni di carriera artistica: emozioni, pianti e gioie nei momenti spesso più significativi della nostra vita. Ed è anche per queste ragioni che abbiamo voluto conferirgli, la Melwin Joan Fellow “Per aver rivoluzionato il mondo della musica italiana, richiamando costantemente la spiritualità, la natura e le sue Creature. Ha saputo riunire nell’amore verso le tradizioni e le sonorità antiche, la storia e la cultura di molte generazioni, trovando ispirazione nelle leggende popolari, nella musicalità della poesia e nelle ballate, attraverso la ricerca e la sperimentazione”».
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