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“Fai troppe docce“: il figlio ai domiciliari a Luino non sopporta più la madre e si fa arrestare

La grottesca vicenda finita di fronte al giudice nella giornata di lunedì. L’avvocato fa da paciere per ricomporre il dissidio famigliare “almeno fino a quando non si troverà una soluzione”

tribunale di varese

Ai domiciliari dall’estate. Reati di droga. Giornate spese senza poter uscire. E solo vent’anni sulle spalle. Una convivenza casalinga con la madre che si trasforma però via via in un incubo e dunque l’unica soluzione è quella di evadere e farsi arrestare.

Allora il piano di un ventenne luinense, buona conoscenza delle forze dell’ordine, è stato quello di chiamare i carabinieri e dir loro di aver l’intenzione di evadere dai domiciliari ipotizzando un improbabile «macello», invocando l’intenzione di «voler fare una strage».

Il tutto per il clima che si viveva a suo dire all’interno della casa di Luino dove era – ed è, come si vedrà – ristretto da mesi in attesa di giudizio. Litigi continui, diverbi. Il sospetto che la donna sia la responsabile della morte del cane. E poi la faccenda delle docce: «Te ne fai troppe al giorno: ma la vuoi finire?». Una volta. Poi due, tre e così tutti i giorni.

La goccia – è il caso di dirlo – che ha fatto traboccare il vaso è caduta lo scorso weekend quando la made era fuori casa per lavoro e il giovane ha deciso di prendere carta e penna e lasciare un biglietto per spiegare alla mamma le sue ragioni: un «Non ce la faccio più» (di “magdiana” memoria, vedi il capolavoro “Bianco, rosso e verdone”).

I carabinieri gli dicono di stare tranquillo, che sarebbero arrivati. Ma lui esce di casa e prende la via della caserma, fatto che per i codici ha un nome e un preciso schema di legge: evasione, all’arresto in flagranza di reato e conduzione lunedì mattina dinanzi al giudice per il rito direttissimo e la convalida del provvedimento.

Qui il pubblico ministero, dottor Massimo Politi legge le carte e si accorge delle frasi pronunciate ai militari (la questione della strage “parlata“): socialmente pericoloso, va messo in carcere. Ma il giudice Luciano Luccarelli è d’altra visione e la reiterazione dei reati viene ritenuta improbabile (e anche il pericolo di fuga, visto che il soggetto stesso invoca il carcere!). Risultato: niente prigione. E qui subentra la figura del difensore, l’avvocato Corrado Viazzo, che contatta la madre del giovane e fa da paciere: «La donna era decisamente stupita da quanto accaduto e abbiamo così convenuto che il figlio potrà tornare fra le mura domestiche, almeno fino a quando non riusciremo a trovare una diversa sistemazione».

Una tregua, insomma, almeno fino alla prossima doccia.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it
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Pubblicato il 16 Novembre 2022
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