In chiesa o in comune: la “rivoluzione” nei matrimoni in provincia di Varese
Nel 2014 i matrimoni con rito religioso erano il 63%, nel 2019 questa percentuale si è completamente ribaltata. Ecco una panoramica dei dati su chi è sposato nel Varesotto negli ultimi 16 anni
I varesotti non si sposano più? Non è così, anche se va detto che in provincia di Varese negli ultimi anni il numero di matrimoni è sicuramente calato. Rispetto alle unioni matrimoniali che si registravano tra il 2004 e il 2008 (in media più di 3,2mila l’anno) dieci anni dopo si registra un calo di poco meno del 20% (negli anni pre-covid il numero si era assestato intorno ai 2,5mila).
Il vero cambiamento lo si è visto nella tipologia di matrimoni celebrati: la panoramica dei matrimoni con rito civile e quelli con rito religioso ha visto una vera e propria rivoluzione con il sorpasso dei sì di fronte al sindaco rispetto a quelli di fronte all’altare.
Sta facendo molto discutere in questi giorni la proposta di un gruppo di deputati leghisti che vorrebbe introdurre un bonus economico a sostegno dei matrimoni celebrati con rito religioso. Il Governo ha spiegato che si tratta di un’iniziativa prettamente parlamentare e gli stessi promotori hanno corretto il tiro dicendo che nel dibattito in aula l’iniziativa potrebbe essere ampliata a tutti i matrimoni. Oppure la proposta potrebbe non avere seguito. Ma vale comunque la pena sfruttare l’occasione per restituire una panoramica precisa del fenomeno in provincia di Varese.
Partiamo dunque dal numero complessivo dei matrimoni. Attraverso le banche dati dell’Istat è possibile ricostruire quanti sono stati in provincia di Varese dal 2004 al 2020, un anno reso decisamente “particolare” dalla pandemia e dalle restrizioni che si sono susseguite. Il trend però è abbastanza chiaro: il numero di matrimoni è diminuito nell’ultimo decennio di circa il 20%.
Più interessante però osservare le tipologie di riti celebrati in provincia di Varese dove, in questi 16 presi in considerazione dai dati dell’Istat, è possibile osservare una vera e propria rivoluzione: se nel 2014 i matrimoni con rito religioso erano il 63% e quelli con rito civile il 37%, nel 2019 (ultimo anno significativo prima della pandemia) queste percentuali si sono completamente ribaltate: i matrimoni religiosi sono stati il 35% e quelli con rito civile il 65%.
Un’ulteriore spunto di analisi lo restituisce l’osservazione dell’età di chi decide di sposarsi. Questo perché il comportamento di chi si sposa è molto diverso in base alle età. Cominciamo col dire che la propensione a sposarsi è in costante diminuzione nelle fasce di età più giovani: i matrimoni celebrati tra sposi dai 16 ai 34 sono stati in sempre di meno. La fascia di età dai 35 ai 39 anni è rimasta più o meno costante mentre dai 39 anni in su è molto aumentata la propensione a convolare a nozze. Nel grafico potete osservare l’andamento di ogni fascia di età e selezionarle singolarmente.
Molto interessante osservare che tipologia di rito celebrativo viene scelto a seconda della fascia di età di chi si sposa. In generale, e contrariamente a come si potrebbe pensare, c’è una maggiore propensione al rito religioso nei più giovani (fascia di età 16-34 anni) anche se le differenze si stanno sempre di più assottigliando negli anni. Dai 39 anni in su, ormai da molti anni, si predilige invece il rito civile.
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