“Bobo uno di noi“, le lacrime e gli applausi nella basilica
Nell’omelia di monsignor Vegezzi il ricordo di un uomo concreto e attento agli altri, sempre vicino alle proprie origini
Gli occhiali rossi e neri in una giornata di sole, lo sfondo il mare, il sorriso. È la foto scelta e messa sul feretro, guardata, ammirata da mezzo Governo, dalle più alte cariche dello Stato e da una folla dentro e fuori la basilica di San Vittore per dare l’ultimo saluto ad uno dei figli illustri del capoluogo prealpino. Per questo, per salutare Roberto Maroni, hanno fatto ingresso nella piazza cuore del centro storico della città le più alte cariche dello Stato a partire dalla Presidente del consiglio Giorgia Meloni e dai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa.
Presente l’intero stato maggiore della Lega, fatta eccezione per il fondatore Umberto Bossi ancora ricoverato all’ospedale di Circolo dopo il problema di salute accusato sabato scorso. La musica, dopo l’applauso all’ingresso del feretro in chiesa e lo sbattere dei tacchi del picchetto d’onore. La musica del coro, il pezzo dei Distretto51 “come una bugia”, canzone scritta proprio da Roberto Maroni.
Si è respirato tanto affetto reso in maniera molto chiara e concreta dall’omelia di monsignor Giuseppe Vegezzi che ha elogiato le doti di Roberto Maroni, la sua capacità di ascolto e la semplicità: «Da molti negli ultimi giorni ho sentito dire che era uno di noi. Robi era esattamente così. Bobo ha cercato di vivere la politica nel segno della concretezza ambrosiana del bene. È sempre stato vicino alle proprie origini».
Durante la funzione è stato letto anche il messaggio fatto inviare a Varese dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini che partecipa al dolore della famiglia di questo «stimato figlio della terra varesina che ha assunto ruoli di primo piano nella politica italiana. La sua vita contraddistinta da passione e meditazione, capace di prendere posizione senza aggressività, di essere di parte e aver cura dell’insieme, di proporsi e farsi da parte. Ha affrontato con serenità la vita e il tempo della malattia». Poi la preghiera di San Michele Arcangelo seguita da un breve scritto letto dai famigliari che ha anticipato l’uscita del feretro dalla basilica, fra un mare di applausi.
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