Per fare la “spesa sballata” c’è bisogno di cambiare abitudini
L'esperimento condotto da 12 esercizi commerciali in quattro comuni, per una stagione, ha evidenziato i maggiori problemi. L'indagine promossa da Cooperativa Totem, Provincia di Varese, Scuola Agraria del Parco di Monza e il partner tecnico Ars Ambiente srl
12 esercizi commerciali su quattro comuni, un esperimento durato una stagione, per capire se e come è possibile fare la Spesa Sballata anche nelle località turistiche, nel commercio al dettaglio, nei negozi di paese e nelle realtà ricettive. Ci hanno provato in provincia di Varese, in alcuni comuni che si affacciano sul Lago Maggiore (Laveno Mombello, Angera, Monvalle) e a Sesto Calende, dove il fiume Ticino domina il paesaggio.
UN PROGETTO RIVOLUZIONARIO
Cooperativa Totem, Provincia di Varese – Osservatorio Provinciale dei Rifiuti, Scuola Agraria del Parco di Monza e il partner tecnico Ars Ambiente srl, dopo il successo di Spesa Sballata 1 che aveva coinvolto alcuni punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata, hanno deciso di puntare sulla zona turistica per diffondere la cultura della “Spesa Sballata”, cioè senza imballo.
Il principio chiave del progetto è rivoluzionario, perché va oltre i materiali di cui sono fatti gli imballi e – di conseguenza – i rifiuti che vengono prodotti: non si tratta di sostituire, ad esempio, la plastica con la carta, ma di ridurre il più possibile gli oggetti che non possono essere riutilizzati. Preferire un sacchetto di carta ad uno di plastica può già essere un passo avanti per l’ambiente, ma utilizzarne uno di stoffa che può essere lavato e riutilizzato infinite volte va alla radice del problema rifiuti, perché anche la carta, per essere riciclata, ha bisogno di energia, acqua e risorse che potrebbero restare intatte cambiando l’ottica con cui facciamo la spesa.
UN CAMBIO CULTURALE
Un cambio culturale, però, che resta ostico per i consumatori: lo dimostrano inchieste come “Carrelli di plastica”, portata avanti da Greenpeace e IlFattoquotidiano.it, che riporta soprattutto una politica poco trasparente da parte delle grandi catene di distribuzione. Se la maggior parte delle famiglie fa la spesa “ordinaria” in esercizi dove non esiste di fatto nessuna iniziativa in grado di sensibilizzare né invogliare alla riduzione di imballaggi inutili, per esercizi commerciali “di paese” è sicuramente ancora più difficile educare i propri clienti.
Il motivo, come emerge anche dal questionario somministrato agli esercenti da Coop Totem, è principalmente legato al cambio di abitudini necessario per innescare il circolo virtuoso. Il progetto ha previsto un sistema di bollini e distribuzione di “packaging riutilizzabile” (dalle borse lavabili ai contenitori per alimenti adatti anche alla lavastoviglie), ma la difficoltà lamentata dai clienti è soprattutto di tipo logistico: il banale ricordarsi di prendere il contenitore da casa per la spesa.
I feedback più positivi li ha ottenuti chi già aveva la riduzione del packaging nella mission aziendale: a Laveno Mombello, ad esempio, ci sono esercizi commerciali che hanno distribuito più “bollini” e hanno avuto risposte più entusiaste tra i clienti. Ma si parla di esercizi commerciali che hanno a cuore il rispetto per l’ambiente, indipendentemente dal progetto Spesa Sballata. Lo dimostra anche la loro filosofia di acquisto di prodotti a “chilometro zero” e coltivati attraverso metodi di coltivazione sostenibili, dunque sono già frequentati da una clientela attenta ai temi della sostenibilità.
Altri tipi di commercianti, sempre a Laveno, pur con l’impegno dei titolari, scontano anche la tipologia di prodotto venduta. Nel questionario di Totem emerge, infatti, come anche la semplice proposta di riportare il cartone della pizza per garantirne un riciclo da parte del negozio non sia una pratica facile da portare avanti. E la questione, dicono i commercianti, è tutta nella cultura e nelle abitudini acquisite delle persone.
I VANTAGGI CI SONO. MA COLLETTIVI
Eppure i vantaggi collettivi ci sarebbero: secondo le stime di Ars ambiente, un anno di spesa sballata porterebbe ad una riduzione possibile tra il 17 e il 30% del rifiuto totale da imballaggio prodotto mediamente per abitante (469,6 kg/ab*anno), passando da 114 a 80 kg di rifiuti da plastica e, più in generale, da imballaggio. Un risparmio che inciderebbe positivamente sulla salute pubblica, su larga scala perfino sul pianeta ma, e questo è il vero problema, non avrebbe una ricaduta economica immediata sui singoli. Anche per quei comuni dove vige la TARIP, la tariffa puntuale che tiene conto delle effettive quantità di rifiuti prodotti, si arriverebbe ad un risparmio medio annuo di 10 euro a famiglia. Troppo poco per innescare il vero cambio culturale necessario.
TUTTO INUTILE?
Tutto inutile allora? Ovviamente no: tutte le grandi rivoluzioni partono da piccole avanguardie. E se le Famiglie Sballate del primissimo progetto del 2019 erano una decina, oggi la Spesa Sballata sta lentamente iniziando a diventare un’espressione parte del “già udito” dai consumatori, tanto da spingere sempre più aziende, anche legate alla grande distribuzione, a produrre linee “green”, dove anche la riduzione di plastica e di imballo inizia ad essere un valore da mettere in evidenza.
L’Unione Europea, del resto, sta facendo la sua parte: lo scorso 30 novembre la Commissione Europea ha presentato ufficialmente la sua proposta per la revisione della legislazione Ue sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio. La proposta prevede anche, ed in modo significativo, obiettivi vincolanti di riduzione e di riuso, a partire dai settori più vocati. Una strategia alla avanguardia a livello mondiale, e di cui il progetto sul territorio della Provincia di Varese si fa anticipatore, iniziando a predisporre il cambiamento organizzativo e di comportamento. Si ragioni poi sul fatto che gli imballaggi sono fatti principalmente di plastica, prodotta dal petrolio. Quindi, se la direzione che il mondo deve prendere è quella della decarbonizzazione (riduzione delle emissioni di gas serra) anche la produzione di plastica deve necessariamente ridursi.
Ecco perché parliamo di cambio culturale necessario: tornare a pensare collettivamente, andando oltre il risparmio effettivo ed immediato per i singoli. Del resto, è la sopravvivenza della specie umana sulla Terra ad essere in gioco. Un obiettivo che, a lungo termine ma inevitabilmente, diventa anche dei singoli.
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