Gli speleologi prealpini mappano la “Linea Cadorna”
L’area interessata al lavoro è quella del Monte San Martino, nel territorio del Comune di Mesenzana. È stata realizzare la cartografia completa iniziando dalla sentieristica
Inizio anno con programmi impegnativi per il Gruppo Speleologico Prealpino, che oltre alle consuete esplorazioni in grotta è protagonista di un singolare progetto che prevede la misurazione e mappatura delle innumerevoli installazioni militari della “Linea Cadorna”, opera difensiva risalente al periodo della prima Guerra Mondiale voluta dall’omonimo generale.
Comunemente chiamata Linea Cadorna, in realtà per lo Stato Maggiore dell’Esercito era la Linea di Difesa alla Frontiera Nord. Un progetto risalente al 1898 che venne però realizzato nel periodo tra l’autunno del 1915 e l’estate del 1918. Il progetto era stato studiato per proteggere la frontiera con la Svizzera.
Poiché nel 1914 la Germania aveva attaccato la Francia passando dal Belgio e visto che la Svizzera era propensa a lasciar passare un eventuale esercito tedesco se la Germania avesse fatto formale richiesta, lo stato maggiore pensò che era arrivato il momento di costruire una difesa lungo il confine con la Svizzera. Se agli inizi i lavori venivano fatti con una certa accuratezza senza lesinare sui materiali, dal novembre 1917, dopo la rotta di Caporetto, i finanziamenti diminuirono moltissimo ed alcuni tratti della Linea furono realizzati con strutture a “secco”, per risparmiare sul cemento.
Allo stesso modo agli inizi solo i ragazzi con età superiore ai 16 e gli uomini con età inferiore ai 60 anni potevano essere impiegati dai lavori di mina o più pesanti. Con il giugno del 1916, dopo lo sfondamento degli austriaci nelle valli alte del Veneto, si cominciò ad impiegare nei lavori pesanti ragazzi dai 14 anni in su ed anche uomini con più di 60 anni, poiché una parte dei lavoratori già impiegati era stata inviata sull’altopiano di Bassano a costruire le difese per l’esercito che arretrava.
La linea di difesa parte dalla val Ferret sul gran San Bernardo ed arriva fino a Bellano-Dervio nel lecchese, passando per l’Ossola, il varesotto ed il comasco, sempre a ridosso dei laghi che qui si trovano.
A fine guerra erano stati costruiti 72 km di trincee, 88 appostamenti per artiglieria (di cui 8 in caverna), più altri 32 appostamenti individuabili con pilastrini, 300 km circa di strade camionabili e circa 400 km di carrarecce o mulattiere.
La particolarità in provincia di Varese è che sono state costruite due linee difensive: una a ridosso del confine con la Svizzera ed un’altra a formare una sacca che, partendo da Cuasso, arriva fino a Ganna, sale sul Scerré, passa par Masciago e Cassano Valcuvia, salendo poi al San Martino, Colonna, Monte Pian Nave per scendere a Brezzo di Bedero, chiudendo infine a Luino. Negli altri punti la linea difensiva copre il confine oppure copre il Lago Maggiore o il Lario, sia sul lato comasco, sia su quello lecchese.
La direzione dei lavori dipendeva dal 5° corpo d’armata, e con il suo scioglimento, avvenuto nel febbraio 1917, verrà creato il Comando dell’Occupazione Avanzata Frontiera Nord sotto il comando del generale Mambretti, con sede a Varese in villa Albertina.
Nonostante fosse stato studiato un piano per la veloce occupazione delle postazioni di fanteria ed artiglieria, di fatto i combattenti non arrivarono mai ad essere impiegati.
Le costruzioni verranno poi utilizzate dai partigiani durante la Seconda Guerra Mondiale e le postazioni più vicine al confine svizzero avrebbero fatto da base per i contrabbandieri negli anni successivi alla costruzione.
Da non dimenticare poi che alcune strutture furono già smantellate da privati negli anni trenta e parte delle trincee diventarono un cantiere a cielo aperto per l’acquisizione di materiali da costruzione delle case dei paesi in cui si trovavano le fortificazioni.
L’area interessata al lavoro è quella del Monte San Martino, nel territorio del Comune di Mesenzana, l’Ente che ha commissionato il lavoro agli speleologi.
Si tratta in pratica di realizzare la cartografia completa iniziando dalla sentieristica, con una lunga e complessa poligonale che dal paese sale sino alle zone alte della montagna seguendo le vie boschive che conducono ai siti militari, un percorso che ha totalizzato quasi 7 chilometri di sviluppo con un dislivello di oltre 600 metri, informazioni che verranno poi elaborate e pubblicate su una brochure consultabile da chiunque desideri trascorrere una giornata particolarmente interessante, a contatto con natura e vicende storiche legate al territorio dell’alto varesotto.
Il complicato e impegnativo lavoro di campagna relativo alla raccolta dei dati ha richiesto varie giornate, percorrendo in lungo e in largo il San Martino per posizionare tutti i siti, riportare le trincee a cielo aperto e misurare le postazioni sotterranee, dove gli speleologi hanno operato con le metodologie adottate in grotta, usando gli stessi strumenti che forniscono i dati trigonometrici indispensabili per riportare su carta le misure esatte delle postazioni presenti nel sottosuolo.
Una iniziativa voluta da Andrea Degrassi, socio dell’ “Associazione Culturale Regio Esercito” di Mesenzana e dal sindaco Alberto Rossi, progetto poi pianificato e coordinato dal Presidente del Gruppo Speleologico Prealpino con l’intervento di una decina di associati.
“Oltre alle operazioni di campagna, merita una menzione il lavoro condotto da Claudia Crema, vice Presidente del G.S. Prealpino e contitolare della ditta Grafica Express di Gallarate, che ha seguito con attenzione e professionalità la realizzazione grafica del progetto -spiegano gli speleologi -. Tempo a disposizione assai limitato, circa un mese, oltre il quale il progetto andava presentato nella sua integrità ma non è stato semplice rispettare le scadenze, tenendo presente che chi ci ha lavorato lo ha fatto nel tempo libero, quindi nei fine settimana.
Complici le belle giornate e l’assenza di precipitazioni nevose che ne avrebbero probabilmente compromesso il buon esito, il Gruppo Speleologico Prealpino ha quindi consegnato al Comune di Mesenzana il lavoro rispettando le tempistiche, ed ora si attende che chi di dovere voglia pubblicare ciò che sarà il “Nuovo Percorso Storico” per renderlo disponibile a tutti gli interessati”.
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