In cerca di un editore 2
di FMK
Credo che fossimo almeno al decimo appuntamento, noi tre pirla con i vestiti della festa, e già al secondo si era capito che non c’era niente da fare, la nostra bella rivista a fumetti non ce la faceva ancora a vedere la luce, forse in futuro, chissà, le buone intenzioni c’erano ma i conti non tornavano, eppure eravamo ancora lì a discuterne e ci chiedevamo il perché, e ogni volta alle riunioni dall’editore c’era sempre da parte loro qualcuno di nuovo, all’inizio il titolare e il direttore generale, e poi si era aggiunta la mamma, che era quella che contava di più, e la volta dopo la nipote, e poi il direttore delle vendite, e sembrava che tutti ci tenessero a partecipare, ma era ovvio che nel frattempo dovevano pure lavorare, e così facevano un po’ per uno, si alternavano… E quando arrivavamo si sentiva un’agitazione nell’aria, il custode ci annunciava al citofono e su in alto, dietro ai vetri, qualcuno guardava giù e vedendo il nostro cavallo di razza che tirava il gruppo si faceva una risatina dalla contentezza, e in sala riunioni non sapevano come essere gentili con noi, e avevano iniziato con un caffè, e la volta dopo c’era anche una brioscina sfornata al momento, e poi una spremutina di pompelmo, la marmellata fatta in casa da spalmare e il dolcetto che arrivava dalla Sardegna, e l’art-director ogni volta razzolava metà del cabaret di caramelle, quelle di gelatina che si sciolgono in bocca, e ogni volta gliene facevano trovare di nuovi gusti, ed era lui che ammiravano di più, e infatti quando parlava stavano tutti a bocca aperta, e anch’io lo ammiravo perché si esprimeva con un linguaggio pacato e preciso, si vedeva che aveva una preparazione, e qualche balla la rifilava anche, ma sempre con stile, e i numeri migliori li faceva quando si arrampicava sui vetri, e se l’editore obiettava a una sua affermazione dopo due minuti tutto cambiava e nessuno si accorgeva di niente, il soggetto diveniva oggetto, e il predicato verbale toglieva il disturbo e usciva di scena, e se qualcuno lo fermava e gli diceva ti ho visto sai, lui, il predicato verbale, rispondeva… chi, io? E il cavallo di razza si esaltava all’idea e raccontava di quando da ragazzo faceva la raccolta di figurine, e così ogni volta avevamo una bambolina in regalo, non andavamo mai via a mani vuote, era una cosina semplice, donata col cuore, forse era meglio farci pagare, ma non eravamo i tipi, la nostra capacità di fermare il tempo e di essere apprezzati per questo era la cosa più grande che ci potesse capitare, e a noi sembrava di avvicinarci sempre più a come in realtà stanno le cose, e però avevamo anche una rivista da portare avanti, da vendere a qualcuno, e non ce ne ricordavamo nemmeno… E a proposito, mi sapete dire quand’è il prossimo incontro? (Visto il successo della precedente pellicola)
Racconto di FMK (www.ilcavedio.org). Disegno stile Bansky
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