Siamo stati nelle “stanze delle meraviglie” di Frank Raes a Laveno
Nel 2017 il climatologo belga che vive da anni sul Lago Maggiore ha fondato il Museo della Tecnologia dell'Antropocene, un percorso per raccontare la società del presente e del rapporto tra uomo e natura
Entrare nel Museo della Tecnologia dell’Antropocene è come fare un salto nel futuro per capire il presente che viviamo. Un percorso tra piccole stanze dove oggetti all’apparenza misteriosi raccontano il nostro tempo, ma soprattutto il rapporto tra l’essere umano e la natura. Nella sua evoluzione e spesso nelle conseguenze negative che il primo ha sulla seconda, come il cambiamento climatico ad esempio. Ma non c’è solo questo nella Wunderkammer di Frank Raes.
Il climatologo di origine belga, per lunghi anni dipendente del JRC di Ispra, oggi “ha cambiato lavoro” e dal 2017 porta avanti il suo sogno: creare delle “stanze delle meraviglie” dove scienza, tecnologia, architettura e arte si fondono insieme per riflettere sull’oggi e sul domani. Elementi che hanno fatto parte anche della prima edizione del Festival della Meraviglia che Raes ha presentato nella sua prima edizione a maggio a Laveno, con un palinsesto molto ricco di incontri aperti al pubblico.
Il “Museum of Anthropocene Technology” (MAT) è a Laveno Mombello, sulla strada che collega Mombello a Leggiuno. Si trova in una piccola frazione, tra altre case, ma si riconosce dall’esterno perché in giardino ha dei grossi tronchi trasformati in opere d’arte e “panettoni” di cemento con sopra dei coni segnaletici che gli fanno da cappello.
Quando si entra nella casa lunga e stretta invece, si viene accolti da una parete di vetri e scale di metallo che accompagnano il visitatore su tre livelli. «Già dodici anni fa ho chiesto all’architetto Toribio Sosa di pensare ad una struttura che poteva ispirare per i successivi 20 anni», racconta Raes. Il museo si sviluppa in un percorso tra diverse stanze, passando da ambienti diversi.
«Questo posto è stato fondato nel 52017 d.c., oggi siamo nel 52023, nel futuro – racconta il climatologo prima di varcare la porta del museo -. Nel percorso vediamo oggetti che fanno parte dell’Antropocene, un periodo di tempo intorno al 2000 d.C. e che raccontano delle relazioni tra la natura e la tecnologia in quel tempo. Tramite questi “reperti” noi umani del futuro cerchiamo di capire come vivevano, cosa facevano e qual è stata la causa della fine di quell’era. Ci interroghiamo: è per il cambiamento climatico, per le pandemie, per le guerre? Non lo sappiamo, lo stiamo ancora scoprendo».
A metà tra un laboratorio, un museo d’arte contemporanea e di scienza, la visita coinvolge i diversi strati del cervello umano, da quello più emotivo a quello della razionalità più profonda. Mentre si cammina tra gli oggetti sorgono diverse domande su chi siamo e come saremo.
Nel “gabinetto delle Meraviglie” di Raes infatti, un guanto di plastica riesce a raccontare lo shock che ha vissuto l’intero pianeta con l’arrivo della pandemia, un trittico di mascherine chirurgiche dorate la “salvezza”, le parole di Italo Calvino indicano le attitudini da seguire per un tempo migliore, mentre le grandi teorie di Platone e Aristotele si confrontano in un’intera stanza che è lei stessa un’opera d’arte.
Al momento il museo è privato ma è visitabile, tanto che durante l’anno anche le classi di diverse scuole vengono accompagnate in questo luogo così curioso. Come spiega Reas d’altronde, qui non si trovano risposte ma domande e ognuno ne esce con la sua opinione sul tempo che stiamo vivendo.
Tra atomi di legno, sistemi solari meccanici, proiezioni, disegni e costruzioni in plastica, spesso sono proprio i bambini a fare le riflessioni meno banali. E chiedersi, ad esempio, se il vero male della nostra società non sia la solitudine. Un essere umano sempre più solo e solitario che pensa solo a se stesso, piuttosto che al bene di tutti.
Il sito ufficiale del museo www.museumofanthropocenetechnology.org.
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