A Laveno Mombello la Giornata della legalità: “La mafia porta via le vostre vite, non fatevi rubare il futuro”
Un incontro organizzato dall'Ite Galileo Galilei con tante testimonianze per raccontare cos'è la mafia di ieri e di oggi, dalla Strage di Capaci alla cattura di Provenzano
Il racconto della cattura di Bernardo Provenzano, il ricordo dell’agente Giovanni Montinaro, la Palermo del 1992, le stragi di la mafia di ieri e di oggi. Un mattina intensa quella che si è tenuta nella sala consigliare del Comune di Laveno Mombello. Un pubblico giovanissimo quello che l’ha riempita.
Studenti e studentesse delle scuole del territorio hanno partecipato all’iniziativa organizzata dell’ITEP “Galileo Galilei” in occasione della Giornata della Legalità. Villa De Angeli Frua questa mattina, venerdì 22 settembre, si è “vestita” elegante con un tappeto rosso ad accogliere i suoi ospiti.
Il sindaco di Laveno Mombello Luca Santagostino e gli assessori del comune, il questore Michele Morelli, il presidente di Comunità Montana Simone Castoldi e molti altri rappresentati delle istituzioni locali e dell’arma, hanno accolto Tina Montinaro, moglie del caposcorta di Giovanni Falcone ucciso nella Strage di Capaci.
Accanto a lei Renato Cortese, oggi a capo dell’ufficio ispettivo del Viminale e uomo che catturò Provenzano, la Dottoressa Alessandra Dolci, Procuratore Capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. Ad aprire la mattinata è stato il Professor Leonardo Salvemini, preside dell’istituto G. Galilei che ha sottolineato l’importanza di una iniziativa dal titolo di “Il costo di una scelta”.
Perché, come ha ricordato il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana ogni giorni si combatte la mafia, scegliendo come comportarsi: «A partire proprio dal mondo della scuola e dal rispetto che noi abbiamo per gli altri e per la loro libertà, ogni giorno».
«La legalità è un modo di essere, è un sentimento profondo come diceva il Generale Nando Dalla Chiesa» ha sottolineato Alessandra Dolci, Procuratore Capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano rivolgendosi agli studenti. «Educazione all’onestà, all’altro e alla memoria per chi ha sacrificato la vita per questo Paese. L’imprinting parte dalla scuola e dalla famiglia, siamo noi a dovervelo trasmettere ma voi dovete essere dei buoni ricettori». Dolci ha portato al suo pubblico tanti esempi, spiegando che spesso la mafia non si vede ma c’è, è una questione di potere e non solo di soldi e ha concluso il suo intervento leggendo una lettera di Abraham Lincoln.
Roberto Cortese, capo dell’ufficio ispettivo del Viminale, ha raccontato la Palermo del 1992 per tracciare una linea temporale fino ad oggi e portando tante testimonianze del suo lavoro: la cattura di Provenzano, ma anche esempi per far capire come la mafia abbia ancora oggi la capacità di avere un consenso sociale.
«Oggi possiamo dire che lo Stato è più forte della mafia, ma non è sempre stato così. Quando ho iniziato a lavorare ero un giovane funzionario, ma ho sempre sentito la responsabilità di fare la mia parte. Per tutte le vittime di mafia. Nel 1992 Palermo era una città ammutolita e atterrita dalla mafia, per le stragi di Capaci e Via D’Amelio ma non solo. A Palermo sono stati uccisi presidenti di regione, magistrati, poliziotti, giornalisti, avvocati, sindacalisti, preti, politici, cittadini. Questo non è mai successo in nessuna altra città al mondo. Palermo era una città indifferente a questo, ma anno dopo anno lo Stato è stato capace di riprendere terreno: la cattura di Aglieri, Vitale, Grego e molti altri. Fino a quella di Bernardo Provenzano nel 2006 quando i cittadini per la prima volta sono usciti di casa e li abbiamo trovati sotto i nostri uffici ad applaudirci per quell’arresto». Cortese racconta nei dettagli la cattura di Provenzano, dall’intercettazione dei “pizzini” fino all’arresto. E conclude ricordando: «La mafia entra dappertutto, vi porta via le vostre vite. Vuole controllare tutto».
Tina Montinaro prende parola per ricordare il marito Giovanni, caposcorta di Giovanni Falcone, morto nella strage di Capaci: «Aveva solo 29 anni quando è morto e da allora è passato molto tempo, ma io ho deciso di continuare la sua strada, quella dell’impegno e della legalità. Quel giovane agente grazie alle sue scelte mi ha dato la possibilità di camminare a testa altra e non c’è niente di più bello nella vita che fare questo». E conclude, guardando i ragazzi: «Le scelte sono responsabilità, come quella di stare dalla parte giusta».
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