Il nuovo accordo fiscale renderà meno attraente il lavoro in Svizzera?
Fino ad oggi il numero dei lavoratori frontalieri è sempre cresciuto tanto da sfiorare la soglia degli 80mila. Una diversa tassazione invertirà questa rotta? Cosa potrebbe cambiare e perché fare previsioni oggi è azzardato
Il 1 gennaio 2024 sono entrate in vigore le norme della nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera che introducono, per i “nuovi frontalieri”, il meccanismo della doppia tassazione. Le nuove regole prevedono che coloro che sono diventati frontalieri dopo il 17 luglio 2023, debbano pagare sia l’imposta alla fonte nel Cantone (con aliquote intorno all’80% di quelle ordinarie) sia l’IRPEF in Italia secondo le aliquote ordinarie andando poi a detrarre la quota già pagata in Svizzera. Sono previste però anche alcune importanti agevolazioni fiscali che sono state negoziate all’interno della Legge italiana n. 83/2023.
Per chi vive a ridosso del confine i vantaggi salariali restano
Di fatto si tratta effettivamente di un maggior prelievo rispetto al passato (ricordiamo: valido solo per i nuovi frontalieri) ma tale da rendere meno attraente il lavoro oltre confine? Per rispondere bisogna fare alcune premesse: “Prima fra tutte – spiega Andrea Puglia, responsabile area Frontalieri del sindacato svizzero Ocst – è che è davvero molto presto per fare valutazioni sugli impatti che avrà la nuova tassazione e non possiamo lanciarci in giudizi in assenza di dati. In linea generale il Ticino potrebbe perdere un po’ della sua attrattività nei confronti dei nuovi frontalieri ma direi quasi esclusivamente verso chi ha già una buona posizione salariale in Italia e si trova dunque a dover ponderare due situazioni che, a conti fatti potrebbero risultare simili. Lo stesso potrebbe valere per le persone che non vivono vicino al confine e che quindi alla valutazione sul salario devono aggiungere altre variabili importanti come potrebbero essere l’acquisto di una casa nella fascia di frontiera e anche il cambio di vita. Parlando invece quotidianamente con chi vive a ridosso del Ticino, dobbiamo riconoscere che il guadagno economico resta evidente».
Il divario salariale resta importante, anche con un prelievo fiscale più oneroso: «In linea di massima i lavoratori continuano a guadagnare fino a due o tre volte il salario lordo che hanno in Italia e in base al nostro osservatorio, chi ci ha contattato in questi mesi per avere un confronto sulle condizioni di alcune offerte di lavoro poi decide di accettare per i vantaggi che ne derivano.
80mila frontalieri: il trend si fermerà?
Il numero dei frontalieri oltre confine è in costante crescita e siamo alla soglia degli 80mila lavoratori. Il mercato ticinese resta tuttavia uno dei più vivaci e innovativi, con diverse opportunità ancora aperte e un peso sempre più importante del settore dei servizi, anche ad alto contenuto tecnologico.
Qui i dati più recenti sul mercato del lavoro:
In Ticino disoccupazione ai livelli pre Covid. I frontalieri sono quasi 80mila
Settori dove è più difficile trovare personale
Camerieri, cuochi, addetti alla contabilità e personale specializzato sono le professioni più ricercate in molte zone d’Italia, compreso il Varesotto. Una carenza di disponibilità a svolgere alcuni lavori che gli esperti hanno provato a spiegare in modi diversi e che vanno dal basso livello delle retribuzioni ai cambiamenti avvenuti nella società dopo la pandemia, dal fenomeno delle “grandi dimissioni” post Covid alla decrescita demografica. Tanti fattori che vanno a influire sulla ricerca di un’occupazione “di qualità” e che non riguardano solo il nostro paese ma che si rispecchiano in molti altri stati europei e non. Anche la Svizzera non è esente da questi macro trend, a conferma che non è solo l’importo in busta paga a determinare la bontà di un’offerta di impiego.
Oltre la busta paga: che cosa cerca chi vuole un lavoro di qualità
Per le aziende ticinesi si apre la sfida per un nuovo welfare
«Il Ticino è una piazza molto viva, con un’economia dinamica e per questo non temo una desertificazione – prosegue Puglia -. Certi settori, anche strategici, hanno bisogno di manodopera qualificata dall’estero perché matematicamente non c’è una risposta alternativa da parte della popolazione interna: pensiamo ad esempio al settore sanitario o a quelli dove è richiesto personale specializzato in informatica, competenze tecnologiche o digitali. Andando oltre i salari, le aziende ticinesi dovranno iniziare a puntare anche su migliori condizioni di welfare, come ad esempio maggiori tutele, congedi di maternità o parentali, calcolo delle ferie o benefit. Aspetti che finora sono molto meno vantaggiosi rispetto ai contratti stipulati in Italia».
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