Checco Pellicini ricorda il suo incontro con Gigi Riva: «Complici una canzone e la sorella Fausta»
L'attore luinese racconta il suo rapporto speciale col grande campione che ci ha lasciato lunedì: “Dalla canzone nacque lo spettacolo teatrale ma lui mi proibì di metterlo in scena in Sardegna"
“Ciò che ci hai saputo donare rimarrà per sempre nella storia. Nei nostri cuori lacustri” – dice ad un certo punto Maicol Trotta nello spettacolo dedicato al grande e compianto Gigi Riva, scritto dall’artista luinese Checco Pellicini.
Mai come oggi questa frase rappresenta il pensiero di un territorio che l’ha visto nascere e spiccare il volo. Si intitola “Da Leggiuno in nazionale” e da quasi 20 anni questo pezzo di teatro-canzone gira l’Italia per riportare il mito a casa, dove ha dato i primi calci ad un pallone, sul campetto dell’oratorio di Leggiuno.
Pellicini ce lo racconta questa mattina da Milano mentre beve un caffè al bar, in attesa di un’altra telefonata che riguarda il suo nuovo progetto artistico che, come sempre, ha al centro il lago: «È una giornata triste. Sono molto legato a Gigi Riva e alla famiglia, soprattutto alla sorella Fausta. Il mio spettacolo è nato nel 2006, quasi inconsciamente, essendo uomo di lago e sempre alla ricerca di una storia che racconti queste terre» – racconta.
Tutto è nato da una canzone a lui dedicata: «La cantai per la prima volta 20 anni fa proprio nel campetto della squadra in cui esordì Rombo di Tuono. La sorella Fausta era presente e io non lo sapevo. Alla fine dello spettacolo si avvicinò commossa per ringraziarmi. Il giorno dopo mi chiamò proprio lui, Gigi Riva e io, preso di sorpresa, risposi “si va bene io sono Beccalossi. Ma che scherzi sono” e invece era lui davvero che mi ringraziava per avergli dedicato quella canzone».
Checco, a quel punto, decide di scriverci uno spettacolo intero che poi porterà un po’ in tutta Italia «tranne in Sardegna perchè Gigi me lo proibì e io non ho mai tradito quella promessa. Pensa a quanti soldi ho perso» – racconta scherzando.
Pellicini racconta che la sorella era l’unica che lo faceva ragionare: «Era un testone e lei era l’unica a cui dava retta quindi riuscii ad entrare in contatto con lui e a siglare una sorta di accordo non scritto. Avevo accettato tutte le sue condizioni». L’accordo prevedeva anche che ogni volta che sarebbe andato in scena lo avrebbe avvisato. «Piacque alla famiglia Riva che io rispettassi la sua volontà».
Lo spettacolo non parla solo delle gesta calcistiche ma soprattutto della sua sofferenza, del suo carattere, dei suo i tormenti: «Perse il padre giovanissimo a soli 9 anni, la madre a 16. Arrivò in Sardegna che aveva 18 anni ed era solo».
La tristezza di Pellicini per questo lutto è tanta, al punto da pensare di non riportare in scena lo spettacolo ma il ricordo dell’incontro con lui è forte e vivido: «Porterò sempre con me l’improvvisata che gli feci a Cagliari, nel ristorante in cui mangiava sempre. Mi presentai e lui fu felice di questa visita ma mangiammo in tavoli separati per non disturbare la sua proverbiale riservatezza. Alla fine pagò il conto anche per me e mia moglie ma poi abbiamo fatto mattina a chiacchierare tra una sigaretta e l’altra».
Tra i tanti aneddoti raccontati quella sera uno lo colpì particolarmente: «Mi raccontò che giocava per fame. I premi erano in cibo e quando li portava a casa la madre pensava che andasse a rubare». E ancora: «Era particolarmente affezionato a Gianluigi Buffon. Sul pullman con la squadra, di ritorno dalla vittoria dei Mondiali del 2006, ad un certo punto chiese di scendere e tornare a piedi. Era un solitario»
L’ultima volta che l’ha sentito? «Cinque giorni fa avevo sentito il figlio per un progetto in cui avrei voluto coinvolgerlo. Non c’è stato il tempo».
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