Le parole sussurrate della Libertà (La Rosa Bianca)
di Abramo Vane
Il ticchettio dei passi di Sophie risuonava su marciapiedi freddi e silenziosi. Monaco era una città avvolta da ombre oscure, e nessuno ci faceva caso, anzi. Tutti in uniforme, in marcia compatti, con braccio teso e minaccioso.
Sophie incontrò Hans, e di nascosto gli passò un volantino. Erano fratello e sorella, uniti dal sangue e da un segreto ardente e proibito. Lui era uno spirito indomito, lei delicata, e forte, come sono tutte le ragazze. Trasformava la passione del fratello in lacrime di ribellione, come fanno tutte le ragazze. Le loro notti erano un intreccio di inchiostro e sussurri. E poi la Fede incrollabile e pura, un riferimento oltre alle piccole cose terrene, che sembrano grandi e sono soltanto polvere che torna polvere.
Il popolo tedesco aveva un pensiero unico, aggregare una parte di mondo sotto un solo comando. Preparato al coraggio, pronto al sacrificio per la libertà dei popoli, ma le parole spesso si confondono, a seconda di chi le pronuncia. Quelle di Hans e Sophie, intense e vitali, scorrevano su carta, non erano pallottole nel fucile.
“Non possiamo restare in silenzio” diceva Hans.
“No, se il silenzio è morte dell’anima, precisava Sophie”.
Libertà, coraggio e sacrificio erano bisbigliate dai due fratelli, e le stesse erano pronunciate dai soldati tedeschi con accenti perentori. Le parole hanno un suono diverso, e pochi colgono la differenza. E così spararono ai due ragazzi, e puntarono al cuore, offesi da quelle voci sottili e tenere. Dal petto uscirono petali di rosa bianca che volarono via, rincorsi da altri proiettili, che inseguivano invano. Allora li decapitarono, e i petali di rosa bianca volarono ancora più in alto.
Racconto di Abramo Vane (www.ilcavedio.org). – Omaggio al Gruppo della Rosa Bianca
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