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Ferdinando Buscaglione detto Fred

di Abramo Vane

Il racconto della domenica

Quel giorno io non ero ancora nato, e quel giorno me lo raccontò lo zio Stefano. Aveva una particolarità, mio zio, che poche persone al mondo hanno, non sapevo mai se nel parlare era serio o scherzava. Poi nel tempo capii una cosa, che se tutti gli uomini la praticassero il mondo sarebbe migliore, ed è quella di ridere di sé stessi, in ogni occasione, bella o brutta, meglio in quelle brutte. Grazie zio!
Veniamo al dunque, diceva, e tirava fuori quelle storie nelle quali lui era sempre presente, testimone di vicende che appartenevano alla storia.
Quando raccontava si calava nel personaggio, ne imitava i gesti, il tono della voce e le espressioni del viso.
Caro nipote, veniamo al dunque. Fred Buscaglione lo conobbi quando mio fratellino, cioè tuo zio Andrea, cantava nel coro di voci bianche della compagnia di Gino Franzi e la Tv di Stato gli dedicò una serata.
Lo zio intanto interpretava la figura dello spaccone, come faceva il grande Fred, e con un dito sollevò la visiera del suo panama bianco.
Son Fred dal whisky facile. Se c’è una cosa che mi fa tanto male, sapete cos’è, sapete cos’è?
E i bimbetti del coro: Lo sappiamo É l’acqua minerale.
Una sera il presentatore Mario Riva portò tutti i canterini dello spettacolo a piazza Navona. Fred arrivò con la sua Tunderbird di colore rosa, si fermò una ventina di minuti, bevve un whisky al banco e andandosene fece un ampio gesto al cameriere… A tutte le voci nuove della canzone italiana qui presenti un gelato in omaggio! Questo era Fred Buscaglione, piaceva ai bambini , ai ragazzi e agli adulti.
Ma di Fred pochi ricordano che lui qui in Italia morì lo stesso giorno in cui in America, l’anno prima, persero la vita su un dannato trabiccolo volante tre musicisti fra i grandi del Rock’n’Roll.
Fred Buscaglione, l’anno dopo, e Ritchie Valens, Buddy Holly e Big Bopper, l’anno prima, non avrebbero visto i raggi del sole di quel giorno chiamato 3 febbraio, e che il cantautore Don McLean nel 1970 chiamò. “Il giorno il cui morì la musica”.
D’inverno, al mattino, è ancora buio. La Tunderbird rosa era pensierosa, e un po’ stanca, dopo una notte al night andava a riposare, e a un incrocio si schiantò contro un furgone che iniziava la giornata di lavoro. Fred da un po’ di tempo si scollava il personaggio che l’aveva reso celebre, il duro di Chicago. Aveva un’altra natura da esprimere, più romantica, per intenderci quella di Guarda che luna, guarda che mare, senza te non potrei restare. Fred era uno che sapeva ridere di sé.

Racconto di Abramo Vane (www.ilcavedio.org), tratto da “Il giorno in cui morì la musica”, Edizioni IL CAVEDIO.

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Pubblicato il 04 Febbraio 2024
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