Una Video game therapy in piccolo gruppo contro il Ritiro sociale dei ragazzi
A Corgeno, frazione di Vergiate, è partito il laboratorio sperimentale di Video Game Therapy promosso dal Progetto Sakidō per contrastare il Ritiro sociale dei ragazzi
Foto di benp92 da Pixabay
Grande passione per gli adolescenti e grande ansia per i genitori: sono i videogiochi. Accusati, di istigare alla violenza, di sostituirsi alla realtà e disincentivare le relazioni interpersonali da un lato, dall’altro rappresentano uno dei mercati più solidi e in crescita a livello mondiale, capace di sviluppare tecnologie grafiche, emotive e narrative sempre più complesse e immersive.
Un vero e proprio universo con il suo linguaggio, le sue regole e le sue opportunità.
Cambiando prospettiva c’è chi prova a non considerare i videogiochi un problema, ma renderli parte della soluzione. Questo è il pensiero che ha spinto le professioniste e i professionisti del Progetto Sakidō ad avviare un laboratorio sperimentale a Corgeno di Vergiate di Video Game Therapy® in piccolo gruppo, rivolto alle ragazze e ai ragazzi intercettati dal servizio attivo e che stanno attraversando una fase di fatica relazionale o di ritiro sociale.
Di seguito Matteo Zanon – psicoterapeuta di Sakidō, facilitatore del metodo Video Game Therapy® tra i relatori del convegno internazionale “The Power of Play | Gaming for mental health” di qualche settimana fa – risponde alcune domande per capire meglio come alcuni videogiochi, utilizzati in maniera consapevole, possono diventare strumento di ritorno alla socialità per i ragazzi in Ritiro sociale.
. Cos’è la Video Game Therapy®?
È’ un approccio psicologico integrato, sviluppato dallo psicoterapeuta adleriano Francesco Bocci, che utilizza i videogiochi per promuovere il benessere psicologico. La cosa particolare è che si utilizzano videogiochi commerciali, quindi quelli normalmente in commercio, non giochi costruiti apposta per la terapia.
. Come funziona la Video Game Therapy®?
Per capire come funziona questo approccio terapeutico, è necessario tenere a mente il concetto di “piacere” e quello di “benessere”. Noi esseri umani, per questioni evolutive e – diciamo – strutturali, siamo programmati per andare alla ricerca del benessere, del piacere. Lo chiamo fototropismo psichico. Come le piante vanno sempre verso la luce, così la nostra mente è sempre alla ricerca del piacere e del benessere. È così per ognuno di noi.
Per molte ragazze e ragazzi, questo piacere si trova nella pratica del videogioco, che rappresenta per loro un’occasione di benessere. E allora è proprio con i videogiochi, che abbiamo bisogno di iniziare a lavorare, per capire perché i ragazi cerchino il piacere proprio lì e – parlando delle situazioni più complesse – perché non lo trovino altrove.
. In che modo i videogiochi possono generare piacere e benessere per gli adolescenti?
Come dicono molti studi neuroscientifici, il videogioco è in grado di generare uno stato di benessere, che è quello che in psicologia viene definito “stato di flow”. È molto comune tra gli sportivi o tra gli artisti e si verifica quando ci si trova di fronte a una sfida che però è commisurata alle proprie competenze e abilità. L’idea quindi di affrontare e superare la sfida, genera adrenalina e serenità. Ed è esattamente il motivo per cui gli adolescenti cercano spesso i videogiochi, soprattutto quando si sentono in difficoltà.
. Una delle cose dei videogiochi che più spaventa noi adulti, è vedere le ragazze e i ragazzi arrabbiarsi e agitarsi durante le sessioni di gioco. In che modo questo può collegarsi con il concetto di piacere?
È vero. Eppure, sembrerà strano, ma anche questo aspetto è profondamente collegato con i concetti di piacere e di benessere. Perché chiama in causa quello che viene definito “hard fun”, ovvero un livello più complesso di divertimento, che non è più solo intrattenimento ma diventa un vero e proprio impegno. I videogiochi, infatti, sono in grado di generare un “giusto grado di tensione”, e diciamo “giusto” perché sei tu che decidi quanta tensione provare, quando e per quanto tempo. In questo modo, in quella finestra di tempo e con quelle specifiche modalità, quella tensione ti fa stare bene. Si collega al piacere, che può essere associato ad emozioni particolari, a volte anche a quelle – come la rabbia – che tendiamo a considerare culturalmente deprecabili.
. In cosa consiste il laboratorio di Video Game Therapy® attivato nell’ambito del Progetto Sakidō?
Sono delle sedute di gioco alla presenza di uno psicoterapeuta. A differenza della normale pratica della Video Game Therapy®, che vede l’interazione solo tra terapeuta e ragazzo, noi stiamo sperimentando questa attività in piccolo gruppo, quindi con un numero ristretto di adolescenti contemporaneamente. Questo perché ci interessa moltissimo che i ragazzi con cui lavoriamo possano riappropriarsi, anche in maniera mediata e accompagnata, di una dimensione relazione e sociale. Il terapeuta quindi è un facilitatore: crea ponti tra i ragazzi e il gioco, tra i ragazzi e gli altri, tra il mondo reale e quello del gioco. Il suo compito è quello di costruire il senso di quello che si sta facendo insieme, trasformare la sessione in una occasione di consapevolezza. Attraverso il videogioco il terapeuta porta i ragazzi a prendere confidenza con il piacere, con la sensazione di benessere che comporta, aiutandoli un po’ per volta ad andare a cercarlo anche altrove. La sessione di gioco, in qualche modo, diventa un allenamento. Con la scusa della partita in corso, i ragazzi e le ragazze si trovano ad interagire, ad entrare in relazione (e quasi sempre è molto di più di quello che normalmente fanno nella vita di tutti i giorni).
. E gli adulti?
Il laboratorio ci permette di lavorare con i ragazzi ma anche di fare un percorso psico-educativo con i genitori, che spesso arrivano con l’idea che i videogiochi siano il male. In verità si tratta di capire cosa succede nel nostro cervello quando giochiamo. Perché il meccanismo della ricerca del benessere non vale solo per chi gioca, ma è una dinamica comune a tutti gli esseri umani. Se cominciamo a pensarla così, allora, i videogiochi non sono più solo il luogo in cui scaricare la colpa, ma qualcosa che può diventare realmente rilevante nel percorso educativo. E’ necessario attribuire senso a questa esperienza, e l’adulto ha un po’ questo ruolo.
. Esiste la possibilità che i videogiochi generino dipendenza?
Le cose o le attività della vita che generano dopamina (e quindi “piacere”) sono moltissime. È un meccanismo normale, che il nostro organismo attiva con scopo adattivo. I videogiochi, certo, ma anche il cibo, lo sport, l’amore, o prendere un buon voto a scuola. Tutto ciò che può generare piacere può, potenzialmente, generare anche dipendenza. Il rischio concreto sorge quando le fonti di dopamina sono poche o poco differenziate.
Un ragazzo che non sta andando bene a scuola, che ha delle difficoltà relazionali con i pari e con i genitori, scarsa stima di sé, difficoltà ad accettare il proprio corpo potrebbe trovare nel videogioco (o in un’altra fonte di dopamina) l’occasione per non pensare alle fatiche che sta affrontando, nonché l’unica reale esperienza di piacere della sua vita. Questo potrebbe condurre a dedicare una grande quantità di tempo e di energia al videogioco, creando un loop nel circuito dopaminergico. Succede anche agli adulti, persino col lavoro quando è l’unico aspetto della vita che da soddisfazione.
. Questo rischio di dipendenza rende il videogioco una potenziale droga?
I meccanismi di rilascio della dopamina nel videogioco e nell’assunzione di sostanze, non sono direttamente sovrapponibili. Afferiscono allo stesso circuito, è vero, ma seguono meccaniche completamente diverse. Il tema è complesso e sfaccettato, meriterebbe convegni interi di approfondimento, sicuramente non poche righe. Quello che però possiamo dire in generale è che servono una ricerca e una comunicazione accurata su questi temi, per evitare allarmismi poco utili, che sviano lo sguardo da quello che è il reale nodo della questione: perché alcuni ragazzi e alcune ragazze trovano nei videogiochi (o nella droga, o nella scuola, ecc) la loro unica fonte di dopamina?
. Questo significa che i videogiochi sono del tutto innocui?
Naturalmente no, come ogni cosa. Gli aspetti potenzialmente dannosi – si stanno studiando da un po’ di tempo – dipendono da alcune meccaniche interne al gioco stesso, come la ricompensa randomica, la necessità di intervento quotidiano o le chat non moderate. L’invito che lanciamo sempre ai genitori è quello di approfondire, osservare con attenzione e conoscere i giochi a cui si dedicano i propri figli. Senza avere la pretesa di sapere tutto, ma almeno avendo gli estremi per comprendere se e quando la situazione si sta facendo realmente critica.
Per approfondimenti si segnala la serata informativa gratuita rivolta ad adulti e genitori Lezioni di aikido tecnologico che si terrà lunedì 8 aprile alle ore 20:30 in Villa Truffini a Tradate, realizzata con il sostegno di ATS Insubria e dedicata proprio al mondo degli adolescenti, dove verranno approfonditi i linguaggi di videogiochi, anime e manga QUI LA LOCANDINA
Sakido è il progetto sociale della Cooperativa Sociale L’Aquilone e realizzato con la collaborazione di diversi partner del territorio, che si occupa contrastare e prevenire il Ritiro sociale in adolescenza in provincia di Varese. Per rimanere aggiornati rispetto alle iniziative del progetto, è possibile iscriversi alla newsletter QUI
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