Le “scale della coca” nei boschi della Valtravaglia infestati dai pusher
La coppia di venditori sorpresa dai Cacciatori dei carabinieri che ne arrestano uno. Ragazzi giovani arrivati da Milano, avevano “adattato“ la piazza di spaccio con una scalinata posticcia per far arrivare i clienti
Era arrivato in Italia da nemmeno 30 giorni. Poche parole di italiano, tanto che il giudice ha dovuto far arrivare un inteprete. Eppure lui, 22 anni, marocchino, e il collega coetaneo riuscito a scappare dal blitz dei Cacciatori di Calabria erano piuttosto esperti di come si fa a tenere una piazza di spaccio. Di come cioè si ricava un punto “imboscato“ ma vicino alla strada, coperto dalla vegetazione ma reso comodo e accessibile ai clienti al minuto della dose che quando va bene vengono servizi a bordo dell’auto, quando invece va male devono scendere e comprare.
Ma, appunto, le fonti confidenziali hanno avvisato i carabinieri della Compagnia di Luino agli ordini del capitano Vincenzo Piazza che hanno avvisato: «Sono arrivati anche qui».
La comunicazione è diventata ordine operativo e la cellula di spacciatori è stata decapitata, ma uno dei due è scappato appunto durante l’entrata in azione dei reparti speciali.
Il 22 enne è così finito martedì dinanzi al tribunale di Varese per la convalida dell’arresto per direttissima e ora è in custodia cautelare in carcere. Presso il bivacco, organizzato con tutto il necessario per una permanenza di qualche giorno, il personale operante ha rinvenuto, occultato all’interno del marsupio di colore nero, oltre un etto di sostanze stupefacenti tra cocaina, eroina e hashish, un bilancino di precisione e un machete, arma quasi onnipresente nelle postazioni di spaccio. «Nel contesto delle operazioni ha destato particolare stupore l’accuratezza con la quale i pusher hanno realizzato la logistica di base nell’area boschiva, costruendo addirittura una scalinata rudimentale con gradini scavati nel terreno per agevolare l’afflusso al bivacco», spiegano gli stessi militari.
Il giovane, colto in flagranza, dopo le operazioni di fotosegnalamento necessarie per la sua compiuta identificazione, è stato trattenuto presso la camera di sicurezza della Compagnia di Luino prima del processo: durante l’udienza, con una traduttrice fatta appositamente arrivare per spiegargli quanto gli veniva contestato, il ragazzo ha spiegato di arrivare da Milano. Di aver incontrato cioè un connazionale che gli ha proposto un lavoro, di avere accettato per un prezzo pattuito e di essersi perciò trovato in prima fila nell’attività di spaccio non distante dal Villaggio Olandese, a Brezzo di Bedero.
Un copione consolidato che già nei mesi scorsi aveva portato altri spacciatori, in altre zone del Vrsotto, a spiegate di essere entrati nella catena di montaggio dello spaccio del droga provenendo sempre da Milano: «Cinquanta euro per una giornata di lavoro». A spacciare.
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