Bocciatura e brutte pagelle: niente panico, è successo anche a futuri premi Nobel
Brutti voti in pagella, esami a settembre o la bocciatura sono una battuta d’arresto ma anche un’opportunità. Considerarli un fallimento, peggio se genitoriale, non aiuta i figli a crescere
La pagella è importante, così come l’essere promossi con voti soddisfacenti. Ma può capitare a tutti di inciampare. Tanto che persino tra i personaggi più illustri della storia italiana ci sono dei bocciati e delle pagelle non proprio desiderabili.
Ad esempio il premio nobel per la medicina Rita Levi Montalcini alle medie non aveva proprio un’ottima pagella e si dice che le materie su cui arrancasse di più fossero proprio matematica e fisica.
Anche Giulio Andreotti, uno dei personaggi politici più controversi della recente storia italiana, pare venne bocciato in terza media con un clamoroso quattro in latino.
Certo, sono due personaggi che poi nella vita hanno avuto notevole successo e le eccezioni non sempre sono la regola, ma il loro esempio aiuta ad affrontare con maggiore serenità uno dei temi più discussi ed educativamente complessi del fine scuola: gli esami a settembre e la bocciatura.
Come un autogol
Naturalmente i genitori non possono sentirsi né orgogliosi né felici davanti a una bocciatura o a brutti voti in pagella. Con ogni probabilità non lo erano neppure le famiglie dei due noti personaggi appena citati.
Essere bocciati, così come essere rimandati agli esami di riparazione, può suonare come un autogol, cioè un’eventualità da evitare e, in molti casi, è visto e percepito come un vero e proprio fallimento. Sì, ma un fallimento di chi?
. Genitori: – “Dottore, non ci sono molte cose da dire, nostra figlia non può essere in alcun modo bocciata. Sarebbe un fallimento.”
. Pedagogista: – “Un fallimento di chi?”
. Genitori: – “Un fallimento nostro come genitori, ovviamente!”
Cos’è la bocciatura?
Per il dizionario “Bocciare” significa “Respingere, non approvare”.
Seguendo questa semantica, come dare torto a quei genitori che vivono così tragicamente il giudizio della bocciatura.
Ma dal punto di vista scolastico, educativo e formativo la bocciatura è dovuta a una “parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline”.
Questa descrizione fa leva non tanto sulla idoneità o meno della persona, quanto sui livelli di apprendimento. Vista così la bocciatura non risulta più accettabile?
Chi viene bocciato?
Chi viene bocciato: i genitori o gli studenti? Seguendo la prima definizione viene forse più spontaneo da parte di un genitore identificarsi con il fallimento del figlio.
Nel secondo caso invece la bocciatura è il risultato di un mancato o parziale apprendimento. L’apprendimento si può valutare ed è un fatto di misurazione, quindi neutro.
Sembrerebbe utile ribadire che è lo studente a non aver acquisito in modo totale o parziale i livelli di apprendimento su una o più discipline. Forse qualche genitore potrebbe sentire meno il peso della propria responsabilità genitoriale, mentre per qualcun altro ancora non basta.
La bocciatura è un’esperienza verso la vita adulta
La bocciatura fa parte della gamma di esperienze belle e brutte, rilevanti ed irrilevanti, che la vita può proporre. In ogni caso, che si veda la bocciatura come una opportunità o che la si veda come un trauma, si tratta di un’esperienza, di un gradino da salire, di un pezzo in più di quel futuro adulto. Ecco, è qui la parola chiave di tutto il ragionamento: “Adulto”.
. Pedagogista: – “Raccontatemi di come, secondo voi, siete diventati autonomi, indipendenti, insomma, adulti.”
. Genitore: -“Io non avevo genitori attenti come lo siamo noi con nostro figlio. Quando ero piccolo io non era come adesso. Io ho imparato a cavarmela fin da subito a differenza sua”.
I genitori associano spesso una certa “lontananza educativa” alla loro capacità di crescere responsabili o quanto meno autonomi. Non tutti rispondono così, ma ai fini del ragionamento risulta davvero utile estrapolare questo genere di risposte.
Dobbiamo lasciare che i ragazzi diventino adulti muovendo i propri passi anche quando sembrano battute d’arresto.
Fiducia e giusta distanza educativa
Proprio come questi genitori, tutti i ragazzi hanno bisogno di una certa “distanza” per fare sì che le esperienze della loro vita vengano vissute a pieno e non protette dai genitori.
Se non lasciassimo ai ragazzi l’opportunità di muovere i propri passi, anche quando sembrano delle battute d’arresto, come potremo pensarli “adulti” e come potrebbero sentirsi tali loro stessi?
Avere il timore perenne che possano non farcela, è sintomo di una profonda sfiducia che andrà a colpire inesorabilmente anche loro.
Al di là delle ragioni, motivazioni, limiti o ingiustizie presunte, ciò che davvero importa quando si viene bocciati è l’esperienza di vita che deve essere preservata da tutto ciò che non ha a che fare con il ragazzo, ma che ha a che fare con il sentirsi giudicati come genitori.
La bocciatura, così come gli esami di riparazione, costituiscono una battuta d’arresto, certo, non c’è dubbio. Allo stesso tempo, se Rita Levi Montalcini e Giulio Andreotti fossero stati identificati con quell’esperienza, probabilmente oggi parleremmo di adulti differenti.
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.