Il destino dell’America: Biden resiste vs. Biden desiste
Due scenari diversi: se Biden resiste, se Biden desiste. Le opinioni di Giuseppe Geneletti
Un mio carissimo amico mi ha chiesto cosa ne penso dell’idea di organizzare una notte bianca elettorale in occasione delle presidenziali americane. Gli ho detto che dipende dalle sue inclinazioni politiche e da come evolve lo scenario. Se Biden non molla, Trump vince, e potrebbe essere una notte tragica, o epica, in funzione delle proprie convinzioni. Questo mi ha spinto a fantapoliticare (credo sia un neologismo) due scenari.
Se Biden resiste
Agosto: la resa dei conti alla convention. La Convention Nazionale Democratica di agosto diventa un campo di battaglia ad alta tensione teatrale. Nonostante le richieste di un nuovo leader, Biden conferma la sua decisione di candidarsi. La convention è caratterizzata da dibattiti infuocati e divisioni palpabili all’interno del partito. Alcuni delegati spingono per un’elezione primaria aperta, ma i fedelissimi di Biden assicurano la sua nomina tra crescenti preoccupazioni riguardo alle sue capacità fisiche e cognitive. Kamala Harris è confermata come sua vice, ma i disordini della convention lasciano un’amarezza diffusa.
Settembre: una campagna tumultuosa. Settembre vede Biden lottare per mantenere un programma di campagna elettorale coerente. Le sue apparizioni pubbliche sono strettamente scrutinate, con ogni passo falso ingrandito dai media e attaccato dalla campagna di Trump. Nonostante gli sforzi per coalizzare il sostegno, i discorsi di Biden spesso mancano del vigore necessario per energizzare la base. Nel frattempo, Trump capitalizza sul caos, auto-ritraendosi come simbolo di stabilità e forza in contrasto con la crescente fragilità di Biden.
Ottobre: disastri nei dibattiti. I dibattiti presidenziali di ottobre sono un punto critico. La performance di Biden è discontinua, con momenti di lucidità oscurati da inciampi e lapsus. Trump, con il suo caratteristico coraggio, domina il palco, martellando Biden sulla sua età e idoneità a guidare. La narrazione mediatica si concentra sulle capacità in diminuzione di Biden, oscurando le discussioni politiche. La fiducia degli elettori in Biden diminuisce, e le critiche interne al partito diventano più vocali.
Novembre: l’avvicinarsi del giorno delle elezioni. Man mano che novembre si avvicina, la base democratica è demoralizzata. Le previsioni sull’affluenza degli elettori suggeriscono un calo significativo rispetto al 2020. Gli stati chiave in bilico, un tempo propensi verso i democratici, mostrano sondaggi testa a testa, con Trump in ascesa. Gli sforzi per mobilitare i giovani e le minoranze falliscono, con molti che si sentono disconnessi dalla campagna di Biden. Il messaggio di Trump di un ritorno alla prosperità economica e all’ordine pubblico trova riscontro tra gli elettori indecisi.
La notte delle elezioni: la vittoria di Trump. La notte delle elezioni, i risultati sono chiari. Trump ottiene una vittoria decisiva, riconquistando la Casa Bianca. Il Partito Democratico affronta un’analisi post-mortem su ciò che è andato storto, con tutti che incolpano l’insistenza di Biden nel candidarsi nonostante i chiari segni di vulnerabilità. La sconfitta è vista come un fallimento nel riconoscere la necessità di un cambiamento generazionale e di un candidato più dinamico per affrontare la sfida repubblicana. Il futuro del Partito Democratico diventa il centro del dibattito, mentre i leader chiedono un reset completo per prevenire un’altra sconfitta.
Se Biden desiste
Agosto: un nuovo inizio. La Convention Nazionale Democratica di agosto prende una svolta drammatica quando Biden annuncia la sua decisione di farsi da parte. La convention diventa una piattaforma per i nuovi leader emergenti per presentare la loro visione per il futuro. Kamala Harris guadagna rapidamente slancio come candidata principale, con altre figure di spicco come Gavin Newsom e Pete Buttigieg che entrano in gara. L’energia della convention è palpabile, con un rinnovato senso di unità possibile.
Settembre: una primaria dinamica. Settembre è segnato da una potente campagna per le primarie. I dibattiti tra i candidati sono accesi, ma focalizzati sulle loro visioni politiche, piuttosto che su attacchi personali. Harris emerge come la favorita, con performance forti che evidenziano la sua esperienza e capacità di leadership. La copertura mediatica si sposta dalle lotte interne dei democratici alle differenze sostanziali tra i candidati, generando attenzione positiva ed entusiasmo tra gli elettori.
Ottobre: unire il partito. Entro ottobre, Harris ottiene la nomina, con Buttigieg come suo vice. Il partito si compatta rapidamente attorno al ticket, enfatizzando l’unità e un’agenda orientata al futuro. Harris e Buttigieg intraprendono un tour nazionale, attirando grandi folle e rivitalizzando la base democratica. La loro campagna si concentra su politiche progressiste, giustizia sociale e riforma economica, in netto contrasto con la piattaforma di Trump.
Novembre: costruire slancio. Con l’approssimarsi di novembre, la campagna democratica guadagna slancio significativo. Le campagne di registrazione degli elettori e gli sforzi di mobilitazione di base portano a un’ondata di entusiasmo, in particolare tra i giovani e le minoranze. I sondaggi indicano una corsa serrata, ma il messaggio dei democratici di cambiamento e inclusività risuona forte ovunque. Le approvazioni da figure influenti del mondo mediatico e internazionale rafforzano la credibilità e la portata della campagna.
La notte delle elezioni: una vittoria democratica. La notte delle elezioni, i risultati sono sul filo del rasoio. Tuttavia, il ticket democratico prevale, con Harris che fa storia come la prima presidente donna. La vittoria è vista come un trionfo di visione e resilienza, con il partito che ha superato con successo in una difficile primaria per presentare un fronte unito contro Trump. Il risultato riflette il desiderio dell’elettorato di una nuova leadership e una nuova direzione, con Harris e Buttigieg pronti a guidare il paese in una nuova era.
Ho vissuto sette anni negli Stati Uniti, ma sono tornato in Italia perché sento di appartenere alla nostra cultura, con tutti i suoi pregi e difetti. Tuttavia, sono rimasto profondamente americano dentro. Gli Stati Uniti rimangono la terra promessa delle opportunità, della libertà e della democrazia, per quanto siano possibili su questa parte dell’Universo in questa epoca storica. Non si meritano una scelta tra due opzioni impresentabili, e nemmeno noi.
“Quando il cittadino è passivo è la democrazia che s’ammala”, Visconte Alexis De Tocqueville.
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