“Lettera a una professoressa contro la disinformazione”. Luca Montani presenta il suo nuovo libro a Gallarate
L'autore, attento osservatore del mondo della comunicazione e della qualità dell'informazione, apre una riflessione sul ruolo che la scuola potrebbe avere "nel contrastare la bulimia da immaginario che imperversa e che ci spinge a ritenere vere cose che appaiono soltanto"
“Lettera a una professoressa contro la disinformazione” (Baldini + Castoldi, Collana Le formiche) è il nuovo libro di Luca Montani. Lo scrittore, esperto di comunicazione pubblica e istituzionale e soprattutto attento osservatore della qualità e delle forme dell’informazione, torna in libreria con un libro che trova ispirazione nel celebre manifesto di Don Lorenzo Milani e ne traccia un nuovo capitolo declinato al presente. Qual è il ruolo della scuola oggi nell’aiutare i ragazzi a orientarsi online e nel mondo dei social? Come è possibile dare gli strumenti per non essere travolti dall’infodemia o dall’eccesso di emotività virtuale? Su questi temi l’autore si interroga e invita i lettori alla riflessione.
Il libro sarà presentato domani, venerdì 13 settembre, alle 18 da Mondadori Bookstore a Gallarate in piazza della Libertà.
“Abbiamo bisogno di rimettere l’etica al centro della comunicazione”
“Lettera a una professoressa contro la disinformazione“
LA SCHEDA DEL LIBRO – Nel 1967 esce Lettera a una professoressa scritto da don Lorenzo Milani e dai ragazzi della scuola di Barbiana. Un libro manifesto, un invito a organizzare le retrovie per l’emancipazione di interi strati sociali attanagliati da analfabetismo e miseria (che poi, a ben vedere, sono la medesima cosa). Come allora, anche oggi abbiamo un’emergenza disfunzionale, che interessa tutti. Questo è un carteggio con un’insegnante che ha lasciato la scuola perché non ha trovato gli anticorpi per difendersi dal virus del momento: l’emotività in rete. Dall’eccesso di emozioni all’infodemia il passo è stato troppo breve. Perché un’insegnante? Perché la scuola? Tutti noi facciamo riferimento a quel mondo di professioni e di valori, o per prenderne le distanze, o per complimentarci. Ogni famiglia ha a che fare con la scuola dei figli. All’autore interessa la lateralità dei suoi sguardi, l’effetto specchio, tanto prezioso quanto accecante perché illude e disorienta. Ancora meglio: si è rivolto all’insegnante per confrontarsi sul ruolo che la scuola potrebbe avere nel contrastare la bulimia da immaginario che imperversa e che ci spinge a ritenere vere cose che appaiono soltanto. L’escamotage epistolare è anche manifesto generazionale perché dimostra un’ansia prestazionale tipica di questo momento storico che genera contenuti unilaterali. Un esercizio didattico metafora di altri esercizi: le conversazioni su WhatsApp o le conversazioni social in generale. Il bisogno di scriversi addosso è tutto qui: intervenire nel contemporaneo dialogo tra sordi che è pratica di scrittura, pratica sociale, pratica culturale. Ventitré lettere e una risposta finale, quella decisiva. Decisiva perché l’insegnante che lascia non getta la spugna: resta un custode digitale, un rimotivatore, un intellettuale, un debunker, un addestratore… Riguarda tutti, motiva tanti, provoca alcuni.
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