“Le piazze vuote. Ritrovare gli spazi della politica”. Il sociologo Filippo Barbera a Varesevive
Il libro pubblicato da Laterza sarà presentato da "Progetto concittadino" sabato 21 settembre alle 15 e 30 nella Sala Varesevive in via San Francesco. Interverrà l'autore
La possibilità di sperimentarsi in ruoli di cittadinanza è strettamente legata agli spazi, edifici e infrastrutture sociali per la persona del luogo in cui si vive. Sono spazi organizzati dove si agisce per trovare un accordo e «dove le nostre necessità trovano soluzioni che chiamano in causa gli assetti sociali più generali e i bisogni degli altri».
“Le piazze vuote. Ritrovare gli spazi della politica” (Laterza) del sociologo Filippo Barbera, ordinario di sociologia economica e del lavoro all’Università di Torino e Fellow al Collegio Carlo Alberto, apre una riflessione fondamentale sulla partecipazione democratica la cui crisi è direttamente legata alla mancanza di spazi sociali condivisi dove poter far «atterrare» domanda e offerta di futuro. Non un futuro qualsiasi, ma più un futuro più giusto. Aspirazione che appartiene specificamente all’essere umano.
Secondo Barbera, questi spazi devono comprendere la “voice” dei marginali, che non è solo quella dei poveri, ma di tutte quelle persone, organizzazioni e territori che patiscono esclusioni e diseguaglianze economiche e sociali. Si realizza così un mix dissonante, basato su pratiche e azioni in comune, che determina le condizioni ideali per far nascere una domanda di un futuro più giusto. È in questa direzione che dovrebbe guardare l’azione pubblica per potenziare le opportunità di cittadinanza e con essa la varietà di ruoli pubblici a disposizione dei cittadini.
Barbera analizza anche gli spazi delle élite, riservati a persone che ricoprono ruoli di prestigio e hanno una certa influenza nella struttura sociale. La crisi che stanno vivendo i cosiddetti corpi intermedi (pensiamo ai partiti politici) è il risultato di una contrazione consistente e continua degli spazi a loro dedicati. Un aspetto cruciale della nostra democrazia, quasi totalmente ignorato dal dibattito pubblico. Scrive il sociologo: «La contrazione degli spazi intermedi dedicati all’elaborazione collettiva ostacola l’offerta di futuro e la qualità di discorso politico che una società riesce a esprimere attraverso la sua classe dirigente».
Una contrazione che ha ridotto notevolmente in termini di qualità l’elaborazione e il contributo al dibattito da parte della politica. Mentre nella Prima Repubblica il livello dell’analisi era il frutto di un percorso che coinvolgeva l’intera filiera socio-culturale di un partito, oggi esprime un livello notevolmente «più povero e rozzo». Il sociologo ne parla senza tradire alcuna nostalgia rispetto all’esperienza politica passata. Resta il fatto che quel passato è un benchmark interessante per valutare la qualità dell’argomentazione politica attuale.
Nella crisi generale dei partiti, a pagare il prezzo più caro è la sinistra che ha perso la capacità di rappresentare i gruppi sociali più deboli, lasciando alla destra le risposte alla pressante domanda di protezione e controllo, sempre più esposte alla precarietà e all’incertezza. Questo vuoto ha favorito la crescita e l’affermazione in Europa di una cultura politica basata sul potere della scelta individuale «ibridato con il sovranismo nativista», un modello neoliberale che viene capitalizzato dalle destre.
In questo contesto, sostiene Barbera, per far incontrare domanda e offerta di futuro occorre distinguere tra spazi e luoghi e progettare azioni pubbliche su questa distinzione. Se lo spazio rimanda in termini assoluti a contenitori immobili, i luoghi rimandano invece «alla vita quotidiana delle persone, all’infrastruttura della cittadinanza sociale, ai significati che la territorialità genera e tramanda nel tempo, ai confini mobili e porosi dei luoghi in relazione all’azione politica degli attori sociali».
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