La storia di Piero di Curiglia raccolta in un essiccatoio e in un nome, Ambrogio
Un uomo ha riscoperto l’essenza della vita in un paese un tempo abbandonato. Tra silenzi, erbe selvatiche e reperti antichi, Ambrogio e altri diciannove abitanti hanno trasformato questa frazione in un simbolo di resistenza e armonia con la natura
Ci sono storie di vita che “germogliano” in angoli remoti del mondo, luoghi invisibili agli occhi distratti. Racconti di scelte fatte da giovani, i cui volti oggi portano il segno degli anni passati, mentre inseguono un futuro migliore e cercano di riscoprire quel legame profondo con la natura, che ancora ci parla e ci racconta. Questa è la storia di Ambrogio, una storia che affonda le sue radici nei primi anni ’60, a Piero – oggi una frazione incantata di Curiglia con Monteviasco, – dove il tempo sembrava sospeso e la vita, piano piano, come un seme dormiente, iniziava a riprendere a scorrere.
Ambrogio, un tempo contabile milanese con l’animo inquieto di chi cerca qualcosa di più autentico, scoprì Piero per caso, grazie ai racconti che circolavano tra i gruppi di artisti e ribelli di Brera. «Quelli veri», specifica lui con un sorriso. Raccontavano di un luogo selvaggio, dove il silenzio era re e l’abbandono una forma di salvezza. «Eravamo giovani, assetati di scoprire il mondo. Decidemmo di andare a vedere».
Piero, ancora oggi raggiungibile solo con una breve camminata di 10 minuti, lo conquistò con la sua autenticità e la promessa di un’esistenza scandita dai ritmi della terra. All’inizio degli anni ’60 fino a circa la metà, il borgo era quasi un paese fantasma: case diroccate, tetti crollati, tracce di una vita passata che si nascondevano tra le pietre. Ambrogio, da semplice visitatore, non impiegò molto a capire che quel luogo avrebbe potuto essere la sua casa. Così, nel 1977, a 27 anni, decise di radicarsi a Piero, facendone il suo rifugio.
«Ho sempre amato leggere, e la botanica è stata una passione che ho coltivato sin da ragazzo – racconta Ambrogio -. Da piccolo andavo nelle vecchie erboristerie di Milano, quelle con le erbe nei sacchi di juta, e chiedevo di poterne prendere un po’. Volevo sapere, conoscere. Qui, a Piero, ho trovato un tesoro di erbe selvatiche che non avrei immaginato». E fu proprio qui che Ambrogio aprì la sua piccola erboristeria, un rifugio di conoscenza e tradizione che ha chiuso solo una decina d’anni fa.
Ma la vita di Ambrogio non si fermava alla raccolta di erbe. Col passare del tempo, iniziò a raccogliere anche i frammenti di una storia che rischiava di svanire per sempre. Vecchie scarpette, utensili arrugginiti, cocci dimenticati — testimonianze di un tempo remoto che Ambrogio restaurava con pazienza, quasi come a voler riportare in vita non solo gli oggetti, ma l’anima stessa del borgo. Oggi, molti di quegli oggetti sono custoditi nel vecchio essiccatoio dove, per anni, ha creato rimedi naturali e prodotti artigianali, attingendo solo a ciò che la terra gli offriva. Quel luogo, impregnato del profumo delle piante essiccate, è diventato un piccolo museo, il simbolo del suo percorso e del legame indissolubile con la natura.
Il sogno di Ambrogio, però, è ora condiviso con i diciannove abitanti di Piero. Uniti sotto il segno di Legambiente, lavorano per ridare nuova vita al borgo, e tra i loro progetti più ambiziosi c’è proprio quello di trasformare l’antica erboristeria in un vero museo. Un luogo aperto a tutti, dove immergersi in un passato che ha saputo trasformare quel piccolo “villaggio” in qualcosa di speciale: una casa, un rifugio, dove la natura è ancora sovrana.
Ambrogio parla dei reperti che ha trovato come se fossero vivi, sospesi in un tempo che, per lui, non è mai finito. È un uomo in equilibrio tra il ragazzo di ventisette anni che scelse Piero come dimora, e l’uomo che oggi guarda con gratitudine a ciò che ha costruito. Nei suoi occhi non c’è rimpianto, solo soddisfazione per un’esistenza spesa a coltivare non solo la terra, ma anche i legami con il passato e con la natura.
«In un mondo che sembra correre sempre più veloce, e con tutto quello che sta capitando, tra guerre e cambiamento climatico, venire qui è come entrare in un’altra dimensione – riflette Ambrogio -. Qui la natura parla ancora. Cambia da sola, senza che l’uomo intervenga. Ogni giorno mi regala un angolo nuovo da scoprire».
Piero, con le sue case di pietra e i suoi venti abitanti, racconta una storia di resistenza e speranza. Un borgo che sembra essere sfuggito al tempo, ma che continua a offrire una visione di futuro possibile, dove l’uomo e la natura vivono in armonia, e il silenzio custodisce saggezza.
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.