L’ultima alba
di Gian Paolo Zoni
Al Green se ne sta seduto sopra una tanica di benzina, la barba ispida tinteggia il volto di grigio, negli occhi lo stesso colore della ruggine. Mastica tabacco e lo sputa al ritmo di un Boogie Woogie. Tra le dita nodose stringe un fazzoletto logoro, ogni tanto se lo passa sulla fronte. In lontananza, oltre le colline, si ode, spinto da un vento gelido, il gracchiare insistito di corvi imperiali.
«Cosa hai visto?»chiede lo sceriffo per l’ennesima volta. Rispondere non è mai stato così difficile per lui. Giù a Sonvilleè conosciuto come Al il chiacchierone, offrigli un wiskey e ti racconterà la sua vita, e se sono tutte balle quelle che escono dalla sua bocca impastata importa a nessuno, ancor meno a lui, che sorriderà sornione, sempre. Ma ora? Ora è diverso. Rivede la scena di continuo. Non sarebbe bastato un bicchiere di quello puro, al diavolo! Neppure una bottiglia avrebbe oscurato quell’orrore. Si mette la testa tra le mani. Maledice l’istante in cui considerò l’idea di portare la sua malandata carcassa verso la vecchia casa dei Bones. Pensava che il saggio Rob avrebbe avuto il buon cuore di offrire un goccio del suo distillato migliore a un amico, e la moglie Mary poteva aggiustare con ago e filo la giacca a vento scucita sulle maniche. E se fosse stato fortunato avrebbe incontrato anche la figlia ventenne Annie, ragazza dalle buone curve. Quando giunse in cima alla salita dello sterrato, notò la Pontiac malmessa di Rob, era sotto la tettoia costruita l’estate precedente con assi di recupero, non un granché da vedere, ma robusta e affidabile. A passi lenti si avvicinò alla rimessa. Si accorse del batuffolo di peli ambrati a pochi metri dall’auto. Il piccolo bastardino, di cui non ricordava il nome, giaceva immobile accanto alla gomma posteriore, pareva un cespuglio di chaparral in una giornata secca. Macchie rossastre sulla pelliccia, la lingua aveva il colorito di una sovracoscia di pollo. La porta di ingresso era socchiusa. Chiamò a gran voce. Nessuna risposta. Poi dall’interno si udì uno scalpiccio, e una figura emerse dalla penombra proprio a ridosso della soglia. La prima cosa che gli venne in mente guardando quell’essere fu di trovarsi davanti a un diavolo dell’inferno. Qualcosa gli penzolava dal collo enorme e, perdio, parevano teste. Sogghignava e lo fissava. Al non riusciva a gridare, né a muovere un solo muscolo. Improvvisamente quella cosa corse via, spruzzando al suo passaggio, come sudore, il sangue dei Bones. Al entrò nella casa. «Allora Green, per favore, rispondi.Cosa hai visto?»
«Ho visto l’alba della fine del mondo».
Racconto di Gian Paolo Zoni (www.ilcavedio.org)
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