Zamboni, il genio del ghiaccio
Non è un giocatore né un allenatore ma senza di lui non si potrebbe giocare a hockey. La straordinaria storia di un imprenditore italo-americano e della macchina che prende il suo nome
(d. f.) Terzo episodio della seconda stagione della rubrica di Marco Giannatiempo, curata dalla redazione sportiva di V2 Media/ VareseNews e dedicata alla cultura dell’hockey su ghiaccio. In questa puntata raccontiamo la storia di un uomo senza il quale sarebbe molto più complicato disputare una partita, o pattinare: Frank Zamboni. “Alla balaustra” ha cadenza quindicinale e viene pubblicata il primo e terzo (ed eventualmente quinto) lunedì pomeriggio di ogni mese. Gli otto racconti della prima stagione e i primi due della seconda sono disponibili in calce all’articolo.
«Dietro ogni problema c’è un’opportunità» diceva un famoso fisico, astronomo, filosofo, matematico e scrittore italiano, considerato il padre della scienza moderna. Già, perché Galileo Galilei in effetti di problemi ne aveva avuti parecchi, e quasi sempre era riuscito a superarli trasformando situazioni piuttosto complesse in opportunità.
Di problemi che si trasformano in opportunità ne sa qualcosa anche Frank Joseph Zamboni Jr., un americano di chiare origini italiane. O quasi, visto che il padre Francesco Giuseppe era del Tirolo quando quella regione sottostava al dominio dell’impero austro-ungarico, mentre la madre, Carmelina Masoero, era piemontese. Assieme decisero di tentar fortuna nel Nuovo Mondo, dove arrivarono dopo un viaggio lungo un mese e ventun giorni. I primi tempi in America per i coniugi Zamboni non sono semplici, ma poi le cose si sistemano e i due acquistano anche una piccola fattoria dove, il 6 gennaio del 1901 in una gelida mattina d’inverno, nasce Frank.
Siamo nello Utah, e più precisamente a Eureka. Già, “Eureka”, la stessa esclamazione che viene attribuita ad Archimede, il matematico siracusano che la pronuncia quando scopre il principio che regola la spinta idrostatica che ricevono i corpi in galleggiamento. In effetti che qualcosa di geniale ci sia in Frank lo si capisce sin da piccolo, quando aiuta il padre nei lavori in fattoria, inventando accessori per facilitare il lavoro grazie ad un’intelligenza decisamente fuori dal comune.
Passano gli anni e nel 1920 Frank si trasferisce in California, dove assieme al fratello George apre un’officina di riparazione auto: è un attività che funziona e gli permette di recuperare i soldi necessari per dare vita a una azienda che si occupa della produzione dei blocchi di ghiaccio che servono per raffreddare e mantenere i prodotti ortofrutticoli. La richiesta è tanta e l’espansione immediata: in pochi anni la sua diventa una delle realtà più importanti del settore.
Ma un pomeriggio, mentre attraversa la Orange Avenue con sua Lincoln, Frank vede in vetrina un rettangolo di lamiera ed un cartello con sopra un blocco di ghiaccio e una X rossa. Gira due isolati, si ferma a bordo strada e si rende conto che quell’oggetto è un frigorifero lanciato da General Electric in vasta scala. Sembra l’inizio della fine: il suo impero del freddo è destinato a sciogliersi come neve, anzi ghiaccio, al torrido sole della California. Cosa se ne farà della montagna di ghiaccio che le sue aziende producono giornalmente?
Bel problema, ma lui è Frank J. Zamboni, lui è uno di quelli a cui vengono le idee (eureka!) e infatti ci pensa e decide di capitalizzare la sua conoscenza in fatto di ghiaccio creando l’Iceland Skating Rink a Paramount. La pista di pattinaggio più grande del Paese, su cui possono pattinare oltre 800 persone. Il business funziona, e nel giro di poco ne apre altre tre fornendo, in parallelo, ghiaccio a tutte le più importanti piste degli States.
Il pattinaggio si diffonde, così come le squadre di hockey, ma c’è un problema: il lavoro di rifacimento del ghiaccio richiede molto tempo e personale, almeno 90 minuti per una pista di medie dimensioni con sei/otto addetti che, tramite strumenti rudimentali, si occupa della levigatura della pista. Per prima cosa il nostro protagonista si inventa uno show durante il rifacimento della pista, ma così non va: serve un’idea e a Frank naturalmente l’idea viene (eureka!. Progetta e realizza una macchina sulla base di una jeep militare – siamo nel 1947 e c’è disponibilità di molti potenti mezzi bellici adatti al camminamento su ogni superfice – sulla quale pone due serbatoi d’acqua nella parte anteriore e una speciale vasca nella parte posteriore per il recupero della “neve” che risale tramite un apposito congegno.
La macchina sembra funzionare: è la prima rolba, anzi, la prima Zamboni, come la chiamano tutt’oggi negli USA. Il prototipo va via via migliorando, ma già nella sua fase preliminare la macchina consente di rifare il ghiaccio con un solo addetto in appena 20 minuti, con una qualità mai raggiunta.
L’evoluzione del modello di Zamboni è un incredibile successo: la produzione non è ancora strutturata, ma la voce si sparge e gli impresari sono disposti a pagarla letteralmente a peso d’oro.
Memorabile l’offerta di una pista di Berkeley, dalle parti di San Francisco, che offre dieci volte il valore economico per averla in tre giorni; Frank accetta ma non ci sono treni da lì ad una settimana e l’affare rischia di sfumare. Due giorni dopo una volante della polizia segnala alla centrale un imponente mezzo riverso sul lato fuori dalla carreggiata: non è sicuramente un auto ma neppure un camion. Si avvicinano e notano un uomo impegnato ad armeggiare sullo strano macchinario: agli agenti dice di chiamarsi Frank J. Zamboni, spiega che è appena uscito di strada per un guasto al volante ma che lo si sistemerà presto e si rimetterà in marcia. Era a metà delle 450 miglia (che sono più di 720 chilometri) per consegnare la macchina Berkeley. Gli agenti aiutano l’imprenditore e lui a destinazione ci arriva con un girono di anticipo, scambia quella futuristica macchina con un bel mucchio di dollari e se ne torna a casa.
In NHL la Zamboni ci arriva il 1° gennaio del 1954, al Boston Garden Arena, dove i Bruins sfidano i New York Rangers. E quello stesso modello, l’E21, troverà posto nella Hockey Hall of Fame in uno spazio interamente dedicato alla Zamboni e alla sua storia nell’hockey. La Zamboni, tra l’altro, è stata più volte celebrata nei fumetti dei Peanuts e da un doodle di Google nel 2013. Eureka!
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