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Incendio di Leggiuno nella fattoria, quando gli animalisti dissero: “Non siamo stati noi”

Una delle persone che aveva contattato varesenews per dirsi completamente estranea alla vicenda è finita a processo per il rogo di tre anni fa

Generico 03 Mar 2025

È sempre una questione di presunzione di innocenza quando si parla di processi penali. Ma è anche difficile fare finta di nulla quando, esercitando il diritto di cronaca, si diventa vettori di messaggi che, alla luce dei fatti, risultano a dir poco ambigui.

Dunque, riavvolgendo il nastro dell’«autunno caldo» del 2022, eravamo in piena polemica animalista, con un’associazione che aveva contattato la redazione di VareseNews per esporre un fatto degno di pubblico interesse, vale a dire la condizione in cui veniva allevato un bovino. Vitello poi macellato nell’allevamento dove l’animale era custodito.

Un allarme che aveva mobilitato attivisti animalisti e tanti curiosi, tanto che le telecamere degli allevatori di Leggiuno avevano più volte immortalato ignoti che, col favore delle tenebre e con passamontagna “Mephisto“, si introducevano nella fattoria. Questo fino alla fatidica notte di metà ottobre, quando avvenne l’incendio, subito identificato come doloso dai vigili del fuoco e dai carabinieri, che attivarono le indagini.

Ed è proprio in questo preciso momento che arriva alla redazione di VareseNews una nota, puntualmente pubblicata, in cui la presidente dell’associazione animalista sottolineava «la propria estraneità» rispetto ai fatti accaduti a Leggiuno, dichiarando che l’associazione aveva pubblicato la stessa comunicazione anche sulla propria pagina Facebook per chiarire la propria posizione e dissociarsi da quanto accaduto.

Peccato che la persona che firmava la nota inviata ai giornali sia la medesima (insieme a una complice) che risulta oggi indagata per incendio aggravato, reato che prevede una pena da tre a sette anni, aumentata “se il fatto è commesso su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o cantieri, su aziende agricole, su miniere, cave, sorgenti, acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque“.

I fatti risalgono, come detto, all’autunno di tre anni fa e per essi la Procura di Varese ha chiesto il rinvio a giudizio; non solo per le due esecutrici materiali dell’incendio, ma anche per il favoreggiamento personale attuato da una guardia ecozoofila che, venuta a conoscenza della perquisizione domiciliare operata dai carabinieri di Laveno Mombello, avrebbe avvertito l’altra indagata dell’imminente accesso dei militari presso la sua abitazione.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it
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Pubblicato il 06 Marzo 2025
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