Chiara Gatti riconfermata alla guida del MAN di Nuoro: “Il museo continuerà a essere un luogo vivo, aperto al pensiero contemporaneo”
Riconfermata alla direzione del MAN di Nuoro, Chiara Gatti traccia un bilancio dei tre anni appena conclusi e anticipa visioni e progetti per il museo d’arte moderna e contemporanea della Sardegna

Dopo tre anni alla direzione del MAN di Nuoro, Chiara Gatti è stata confermata alla guida del museo sardo. Storica dell’arte, curatrice e critica, Gatti ha saputo imprimere al museo un’identità riconoscibile, capace di coniugare ricerca, sperimentazione e attenzione al territorio. La sua riconferma rappresenta un segnale di continuità, ma anche l’occasione per rilanciare una visione del museo come spazio aperto, inclusivo e innovativo. In questa intervista, Gatti traccia un bilancio del lavoro svolto e anticipa progetti e prospettive per il futuro.
Qual è il bilancio di questi primi tre anni al MAN?
Sono molto soddisfatta. Abbiamo lavorato con grande impegno e passione in un museo che ha alle spalle una storia importante: il MAN è nato venticinque anni fa con la guida di Cristiana Collu, che gli ha dato una fisionomia chiara e coraggiosa. Il mio obiettivo è stato quello di proseguire in quella direzione, portando avanti una tradizione che distingue questo museo nel panorama nazionale, ma aggiungendo anche una nuova prospettiva.
Quale?
Accanto alla vocazione per l’arte moderna e contemporanea, ho voluto aprire un dialogo con il mondo dell’archeologia, che in Sardegna ha un peso culturale immenso. Questo sguardo al passato, che si è rivelato molto fruttuoso, ci ha permesso di creare progetti ibridi e innovativi, come quello realizzato in collaborazione con Pininfarina: una capsula del tempo che unisce design, arte e archeologia. All’interno abbiamo inserito una scultura luminosa di Patrick Tuttofuoco e i bronzetti nuragici, simboli dell’identità sarda. È un’opera che ha ricevuto anche il Compasso d’Oro.

Un museo che unisce mondi diversi, dunque.
Esattamente. La Sardegna ha una cultura archeologica straordinaria, forse unica in Europa per coerenza e compattezza. Dalla civiltà nuragica ai pozzi sacri, dalle tombe dei giganti ai siti disseminati in tutta l’isola: tutto è perfettamente armonico, omogeneo. È una realtà molto diversa dalla Sicilia, che pure è ricchissima, ma è frammentata in tante “Sicilie”. In Sardegna, invece, si percepisce un senso di identità profondo, fortissimo, che si riflette anche nel modo in cui il pubblico vive il museo: c’è un senso di appartenenza che altrove non ho mai riscontrato.
Il pubblico partecipa attivamente?
Sì, con grande entusiasmo. Molte persone tornano più volte alle mostre, le vivono quasi come un film da rivedere. All’inaugurazione c’è sempre una partecipazione sentita, emozionata. Questo ci conferma che il museo è percepito come un luogo vivo, parte della comunità.
Eppure gli spazi non sono immensi…
Il MAN è piccolo, e questo è un limite per certi versi. Stiamo aspettando da tempo l’ampliamento previsto in piazza Satta, che ci permetterebbe di esporre di più, di meglio, e di offrire al pubblico una fruizione ancora più ricca.

Quali sono i progetti in corso e quelli futuri?
Al momento abbiamo in corso un ciclo espositivo dedicato al tema della natura e abbiamo attivato una serie di residenze legate a Monte Verità, in collaborazione con Nicoletta Mongini. A partire dal 21 marzo è in corso una grande antologica dedicata a Pintori, dopo la sede al museo di Chiasso: vogliamo far emergere anche il suo ruolo fondamentale nel design dell’Olivetti.
E poi c’è la mostra estiva, “Isole e Idoli”, un grande progetto dedicato all’immaginario delle isole attraverso lo sguardo di artisti come Gauguin, Matisse e Miró. Racconteremo l’iconografia dell’idolo, esplorando il legame tra arte moderna e suggestioni arcaiche.
Un museo che guarda lontano, ma con radici ben piantate nel territorio.
Esattamente. Il nostro obiettivo è continuare a essere un laboratorio di idee, capace di connettere il presente con la memoria del passato, aprendo sempre nuovi orizzonti di senso.
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