L’identità di un territorio è come un Giano Bifronte: guarda al passato e al futuro contemporaneamente
Stefano Rolando (IULM) è intervenuto alla Camera di Commercio di Como e Lecco: identità, comunicazione e public branding per un futuro sostenibile oltre il marketing

Quando si afferma che il territorio è un’opportunità, per coglierla occorre guardare al passato o al futuro? «Bisogna provare a non guardare il territorio come scrigno del passato, nostalgia delle radici, ma come ambito di lavoro sull’evoluzione identitaria verso un futuro sostenibile. Guardare al passato è rassicurante ma se vuoi sperimentare le opportunità devi volgere lo sguardo in avanti».
Nella lectio magistralis che ha tenuto martedì 25 marzo alla Camera di Commercio di Como e Lecco, Stefano Rolando (foto sopra), professore di Politiche pubbliche per le comunicazioni e di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica allo Iulm di Milano, ha indicato un percorso per andare verso un futuro sostenibile.
DAMMI TRE PAROLE
Il professore fa un ragionamento articolato su tre parole: identità, comunicazione e public branding. La loro scomposizione rivela le connessioni tra passato e futuro sostenibile. A maggior ragione in una società post industriale e su un territorio plurale come quello comasco, dove turismo digitale, industria e agricoltura convivono in forme nuove.
L’identità è come un Giano Bifronte: «È nostra, ma significa anche aprirsi per conoscersi e conoscere gli altri. Quindi guarda al passato e contemporaneaente al futuro» ha precisato Rolando.
Scavando nella storia recente dell’imprenditoria nostrana si scoprono cose interessanti sull’indole dell’imprenditore italiano del Boom economico. «Gli imprenditori avevano dentro il fuoco del fare e della trasformazione convinti che c’era bisogno di un altro linguaggio e di un’altra metabolizzazione. E quella trasformazione fa parte dell’identità di questo territorio. Siete dei privilegiati» ha raccontato lo studioso alla platea della Camera di Commercio di Como che ha avviato da tempo – ben prima del Covid- un percorso sul futuro sostenibile.
LA COMUNICAZIONE
Sulla parola comunicazione bisogna distinguere tra comunicazione di impresa e comunicazione pubblica. Negli anni ’80, Stefano Rolando venne chiamato a Palazzo Chigi per mettere in piedi un cantiere di comunicazione pubblica, a cominciare dal governo. «In campo – ha sottolineato Rolando – c’era solo la cultura d’impresa e non la comunicazione pubblica. La definizione ce la siamo inventata per distinguerla da quella dove andavamo a prendere gli attrezzi del mestiere».
Diverse sono le finalità: la comunicazione d’impresa mira a potenziare il brand e a piazzare il prodotto. Mentre nella comunicazione pubblica la tecnica è al servizio di un processo di spiegazione, di accompagnamento sociale, fondamentalmente di spiegazione delle norme. «Non si tratta di vendere un panettone – ha spiegato il relatore – ma di costruire la classe dirigente di un paese».
Questi due forme di comunicazione non si sono mai parlate rimanendo pertanto separate. Ma dentro un quadro di crisi, comunicazione pubblica e comunicazione d’impresa devono parlarsi perché il sistema si compone di quelle due logiche.
UN TAVOLO COMUNE E CONDIVISO
«Nei momenti di crisi la comunicazione d’impresa non si occupa solo di vendere il prodotto – ha spiegato il professore -. Sta al tavolo perché c’è un problema ambientale, occupazionale, sociale, di valutazione dei processi migratori che il sistema d’impresa normalmente fa e meglio della politica».
Il tema sociale nella comunicazione ha un meccanismo prezioso per una democrazia e quindi è molto importante imparare a usarlo. Un bisogno raccontato, riconosciuto, si trasforma in un diritto. E di fronte a un diritto, il comportamento delle amministrazioni non è più volontario, è obbligatorio». La comunicazione, in un’epoca di policrisi, va intesa nella sua triplice accezione, cioè d’impresa, sociale e pubblica. La presenza del professor Rolando alla Camera di Commercio di Como e Lecco è la riprova che in un’istituzione, espressione delle imprese del territorio, c’è la volontà precisa di mettere attorno a un tavolo tutte e tre le dimensioni della comunicazione.
IL MARKETING NON PUÒ FARE LA REGIA
Rolando, consapevole delle critiche già ricevute dai colleghi del marketing, si spinge oltre. Per immaginare quel futuro sostenibile, lo studioso, esclude dal tavolo di regia proprio il marketing.
«Siamo così sicuri di voler vendere la città?» Ha chiesto provocatoriamente al pubblico presente alla Camera di Commercio di Como e Lecco.
«Vendere i posti letto, i posti dove mangiare e vedere garantisce la salvezza nel breve periodo, ma nel lungo? Vi è mai capitato di girare per il centro di Firenze negli ultimi 10 anni? Sapete che via Tornabuoni non si può attraversare a piedi? Non si riesce ad arrivare al fondo della strada. È normale che a Napoli le motonavi scarichino 600mila persone alle 10 di mattina e alle 16 ripartano? Il dubbio che il marketing abbia fatto solo cose egregie, rimane».
La vendita si inserisce in un processo ed è per questo motivo che, secondo Rolando, il marketing non può far parte della cabina di regia che invece va affidata al sindaco in quanto capo simbolico e non in quanto proprietario dei contenuti. «Questo tavolo – ha concluso Rolando – lo chiamerei public branding, come lo hanno chiamato in Olanda, in Inghilterra e in Francia. Il problema ce l’hanno tutti. Abbiamo un grandissimo bisogno competitivo, quindi di cambiamento, e il cambiamento lo compiono solo quei tavoli in grado di vedere dov’è il punto critico».
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