Correva l’anno 1943. Quando Piero Chiara a Varese rinchiuse la foto di Mussolini nella gabbia degli imputati
La notizia delle dimissioni di Mussolini scatenò l'agitazione in molti paesi del Varesotto. A Ferrera ci scappa il morto, mentre nelle fabbriche si sciopera
L’annuncio delle dimissioni di Mussolini e dell’incarico di governo al generale Pietro Badoglio fu dato alla radio alle 23 del 25 luglio 1943. Nonostante l’ora tarda furono in molti, anche a Varese, ad ascoltarlo. Il giorno successivo, già dal mattino presto, la città e molti paesi del Varesotto erano in agitazione. C’era eccitazione, contentezza e soprattutto la speranza che oltre alla dittatura sarebbe finita anche la guerra.
LO SBERLEFFO DI PIERO CHIARA
A Varese, la mattina del 26 luglio, fu improvvisato un corteo che si diresse verso la sede del PNF, l’attuale questura, dove era anche la sede del quotidiano “Cronaca Prealpina”. Il corteo fu fermato da uno schieramento di soldati. I cittadini ripiegarono verso il centro e qui il giornalista antifascista Mino Tenaglia tenne un discorso per celebrare l’accaduto.
Nelle stesse ore, un giovane impiegato del Tribunale di Varese, di nome Piero Chiara (nella foto), rinchiuse la foto di Mussolini nella gabbia degli imputati. Il gesto gli costerà la condanna a 14 anni di prigione da parte della Repubblica di Salò. Chiara si salverà fuggendo in Svizzera dalla sua Luino.
A Sesto Calende un gruppo di operai della Siae Marchetti invece di entrare al lavoro percorse la cittadina per “fare pulizia”. Furono rimossi i simboli fascisti ovunque. A Gorla Maggiore furono alcuni giovani a distruggere i simboli del fascismo e a occupare la sede del Fascio. A Gallarate, nel pomeriggio, Guido Canziani l’ultimo segretario della Camera del Lavoro tenne e un comizio ma fu arrestato. Stessa sorte toccherà a sei operai che in serata festeggiavano la caduta del regime cantando “Bandiera Rossa” al caffè Nazionale di Laveno. Mussolini non era più al potere ma la libertà di opinione e di pensiero non c’erano ancora.
Nel Luinese ci furono diverse manifestazioni di popolo: a Germignaga una folla di un centinaio di persone assaltò la sede del Fascio, a Creva vennero rimossi tutti i simboli del regime fascista, a Voldomino fu bruciato in piazza un ritratto del Duce.
IL PRIMO MORTO A FERRERA
Il 28 luglio, a Ferrera, il primo morto per gli scontri i tra manifestanti che festeggiano la caduta di Mussolini e i fascisti. Dopo una rissa in piazza resta a terra una camicia nera. Dell’omicidio viene accusato Davide Rocca, un comunista. Ferrera e Voldomino erano tra i luoghi dove il fascismo aveva usato i modi più brutali per affermarsi e dove i circoli operai erano stati assaltati più volte negli anni Venti. Una sera del gennaio del 1923 il segretario della lega dei tessili, Giuseppe Piccinelli, era stato aggredito e bastonato a casa sua perché non forniva l’elenco degli iscritti. I rancori a lungo covati iniziavano ad esplodere.
GLI SCIOPERI NEL VARESOTTO
Trascorsi i primi giorni di entusiasmo, con manifestazioni spontanee e rese dei conti, comincia ad insinuarsi il dubbio che nulla sia cambiato. La guerra, come annunciato ambiguamente da Badoglio, continua e la fame anche. Inizia così una vasta ondata di scioperi per chiedere l’aumento dei salari. Il 12 agosto 1943 sciopera la Galileo di Angera. I protagonisti sono i giovanissimi apprendisti. Cinque di loro, tutti di appena 17 anni, verranno denunciati al tribunale militare. Il 20 agosto oltre duemila operai di quattro differenti fabbriche scioperano a Varese città. Il 26 agosto scioperano i mille dipendenti della polveriera di Taino. Sedici di loro, tra cui tre donne, sono arrestati. Il 27 agosto a Fagnano Olona scioperano le operaie della Tessitura Candiani. Vengono tutte denunciate. Il 3 settembre a Busto Arsizio si sciopera al Cotonificio Candiani e in risposta vengono arrestate tredici donne e due uomini. Tutti gli arrestati vengono deferiti al Tribunale Militare.
Di quanto è accaduto nei giorni successivi al 25 luglio e degli scioperi non si trova nulla sulla stampa locale. La “Cronaca Prealpina” e il periodico cattolico “Luce” hanno cancellato dalle loro colonne ogni riferimento a Mussolini e al fascismo e ligi al motto di Badoglio: ”la guerra continua” continuano il racconto della guerra raccontando di mirabolanti ed eroici sforzi delle truppe italiane per respingere gli angloamericani in Sicilia. Bugie. La Sicilia sarà abbandonata dall’esercito italiano il 19 agosto, poco più di un mese dopo lo sbarco degli Alleati. Si raccontavano le bugie del regime fascista prima, e si continua con quelle di Badoglio che all’insaputa di tutti, tranne che del Re, sta trattando la resa con gli anglo-americani.
LA LINEA DEL “LUCE”
Il Luce rappresenta quella parte del mondo cattolico turbata dal possibile ritorno del socialismo nel Varesotto. I canti di Bandiera Rossa, uditi di nuovo nelle officine nei giorni successivi al 25 luglio nonostante la repressione del governo ricordano loro l’egemonia socialista in questo territorio prima dell’avvento del fascismo. L’antico nemico del mondo cattolico che si pensava fosse stato stroncato per sempre dal fascismo riappare. Le pagine del periodico si riempiono di articoli che invitano gli operai a non prestare di nuovo fede alla sirena del socialismo ignorando quanto sta invece avvenendo nel paese. C’è chi invece ha la capacità e l’intelligenza di farlo.
ANDREA BELTRAMINI IL SINDACO RESISTENTE
Dopo il 25 luglio i tedeschi hanno inviato in Italia sedici divisioni. Tutte si sono attestare a nord di Roma, ben lontane dal fronte. Ne scrive ai suoi colleghi ex deputati Andrea Beltramini, primo sindaco socialista di Varese inviato due volte al confino. Lui non ha dubbi su chi sarà il vero nemico nei prossimi mesi. E come lui ci sono altri che hanno capito ciò che sta per accadere e stanno cercando di organizzarsi. Sono queste persone, questi gruppi che reagiranno dopo l’annuncio dell’armistizio dando il via alla Resistenza. Andrea Beltramini, che ha 66 anni, la mattina del 10 settembre correrà a Como alla testa di due autocarri di operai per chiedere al comandante di piazza le armi per combattere.
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