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Quello che le capre sanno ma non dicono

Escono di notte e fanno varie tappe per cibarsi di ginestre, ontano verde e cespugli di mirtilli per poi ritornare, dopo 14 ore, in stalla. Il pascolo libero è uno dei punti di forza degli allevamenti delle nostre valli

Che cosa mangiano le capre e soprattutto devono dipendere sempre dall’uomo?
Una interessante indagine sul comportamento delle greggi di capre al pascolo libero ha rivelato che uno dei punti di forza degli allevamenti nelle Valli del Luinese è la capacità di utilizzare il pascolo per un periodo molto lungo, per almeno 8 o 9 mesi all’anno, da aprile a novembre.

I benefici, secondo l’esperto Giorgio Zanatta, sono notevoli a partire dalla riduzione dei costi alimentari al mantenimento di un buon livello produttivo, dall’ottenere produzioni casearie con aromi particolari derivanti dalle diverse essenze che stagionalmente si susseguono al benessere animale, fino a benefici ambientali come il contenimento delle specie arbustive invasive,  come la ginestra dei carbonai, l’ontano verde e il rovo, che possono dare un notevole apporto nutrizionale in proteine.

Lo studio ha monitorato un gregge di capre nere di Verzasca al pascolo notturno libero nell’arco di 14 ore nel mese di luglio con partenza e arrivo alla stalla situata all’Alpe di Monterecchio, un percorso di 5.400 metri per un dislivello totale di 380 metri. Uscite alle 18 e 20 minuti, le capre hanno fatto una prima tappa, durata 90 minuti a quota 1275 metri, dove si sono cibate di arbusteto a ginestra dei carbonai, poi una fermata sulla costa del Faietto per gustare un betulleto rado con cotico e via verso la sommità del monte Paglione (quota 1553) dove il menù riserva una bella prateria a molinia e arbusteto al mirtillo.

Lo stazionamento qui è durato molto: le capre hanno smesso di mangiare intorno alla mezzanotte, hanno riposato fino alle 5 di mattina e poi hanno ricominciato a mangiare e gradualmente a scendere verso la stalla. Intorno alle 6 e 30 hanno fatto uno spuntino base di arbusteto a ontano verde e in prossimità del rientro in stalla un ultimo spuntino a base di cespugli di molinia cerulea, calura vulgaris e cytisus scopanus.

Lo studio, previsto all’interno del Programma Interreg II sulla valorizzazione e tipizzazione delle produzioni agricole della Comunità Montana Valli del Luinese, è stato pubblicato nel libro “Insubria rurale” (Mimesis/Centro internazionale insubrico).

Pubblicato il 22 Dicembre 2014
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