Rsa Don Guanella: “Paura e preghiera ci hanno aiutato a tener lontano il virus”
Per molti ospiti l'atmosfera che si respira ricorda quella della guerra. La direzione: "Un pensiero ai colleghi delle Rsa duramente colpite dal Covid"
«La paura ci ha aiutato a tenere alta la guardia, la preghiera quotidiana a ritrovare un senso per i nostri sforzi». Le settimane più difficili alle spalle e nessuna criticità legata al Coronavirus. Alla Casa Don Guanella di Barza, si è aperta una nuova fase, che sarà altrettanto impegnativa e delicata affinché quella che finora si è dimostrata un’eccezione positiva tra tante tristi notizie di cronaca, rimanga tale. La Rsa isprese è coordinata da Roberta Gerola con la dottoressa Cristina Petitti (responsabile sanitario) e sotto la direzione di Don Domenico Scibetta.
Qual è la situazione attuale nella vostra Rsa?
«Gli ospiti hanno superato la fase 1 senza sintomi attribuibili al Covid. Sono rattristati dal non poter vedere i propri familiari se non attraverso le videochiamate e fanno tante domande relative a cosa sta succedendo fuori, avendo la percezione di una situazione spaventosa che loro riconducono alla “guerra”
Che cosa vi ha permesso, secondo voi, di evitare possibilità di contagio?
«Ci siamo posti più volte questa domanda e, in sintesi, possiamo dire: la fortuna, la preghiera e lo spirito di squadra. L’équipe direttiva ha valutato i rischi e chiuso totalmente la struttura (visite, cdi e ingressi) ai primi di marzo. E’ stata importante la scelta di condividere con gli operatori sia le criticità che le scelte per superarle e ognuno ha dato il proprio contributo professionale e personale. Tante segnalazioni interne ci hanno permesso di affrontare ciò che appariva “critico” in tempi brevi e adottando strategie di “allontanamento” e/o di“cambiamento”.»
Quali sono stati i momenti in cui avete avuto maggiormente paura e come li avete affrontati?
«I momenti difficili sono stati tanti e la paura non ci ha sopraffatti solo grazie al sostegno che ognuno di noi ha dato e ricevuto dall’altro. Abbiamo avuto paura di non proteggere gli operatori in caso di Covid perché non c’erano DPI ed era difficile trovarli, ma siamo stati aiutati già in quel primo frangente dal Sindaco di Ispra che non ci ha mai lasciati soli, e in seguito dalle numerose donazioni fra cui la Provincia religiosa guanelliana di cui facciamo parte, da vari altri donatori e dai fornitori che, capendo la gravità della situazione hanno evaso gli ordini. La paura è sempre con noi e la consideriamo uno strumento perché ci spinge a non abbassare ancora la guardia».
Ci sono stati momenti critici?
«Il momento più critico è l’attuale: la fase 2. Questo nome dà la percezione che qualcosa è finito e che si può iniziare ad essere più elastici. La fase due permette la ricongiunzione con i familiari ma l’équipe direttiva ha deciso di attendere, di non permettere. Sappiamo che è doloroso per i familiari e per gli Ospiti ma l’assenza di certezze ci spinge a restare nella posizione più protettiva».
Quanti sono gli ospiti della vostra struttura? E quanti gli operatori? Per loro sono state previste procedure particolari di prevenzione?
«Gli ospiti della nostra struttura sono 59 e gli operatori 63. Per loro le prime forme di prevenzione sono state la formazione e l’informazione. Abbiamo sollecitato gli operatori ad aiutarsi e autosorvegliarsi per utilizzare in modo adeguato i DPI e applicare tutte le procedure stabilite. Questo è stato fatto in un clima di serenità ma anche con una certa rigidità. E’ stato richiesto un comportamento responsabile non solo all’interno della RSA ma anche all’esterno per limitare il rischio di contagio e di trasmissione».
Come immaginate la fase successiva a quella che stiamo attraversando? Si riapriranno prima o poi le visite, come si potrà garantire incontri in sicurezza?
«Ci stiamo preparando per poter organizzare le visite in sicurezza. Chiederemo ai parenti un ulteriore sforzo e collaborazione. Le visite saranno concordate per limitare numero e poterle supervisionare. Avverranno rispettando la distanza adeguata, utilizzando i DPI. Non è facile perché gli ospiti spesso vedono poco e sentono poco e quindi la distanza sociale già limitante per chi non ha deficit diviene una barriera per chi li ha. Gli educatori e tutti gli operatori hanno imparato ad essere mediatori, a descrivere i sorrisi dei figli, dei mariti e delle mogli e a riportare le parole di affetto pronunciate via telefono e non sempre udibili. Questa mediazione affettiva e sociale sarà ancora necessaria. Lo spirito Guanelliano ci ha portato a non pensare solo a quello che stava succedendo a noi ma a considerare il mondo. E’ nell’indole di ogni casa guanelliana il percepire ed essere accompagnati e mai dimenticati da un Padre che provvede e sostiene. Ed è per questo che, insieme, come operatori in turno e religiosi della Casa abbiamo voluto e stiamo portando avanti anche in questo tempo così delicato, due appuntamenti di preghiera uno quotidiano con gli Ospiti in apertura di giornata e l’altro settimanale in turni di Adorazione continua, consapevoli che i nostri sforzi e il nostro impegno trovano in Dio il senso e il compimento. I momenti di preghiera sono rivolti a sostegno di quei familiari che hanno perso i loro cari senza aver potuto dare un addio, alle persone che non ce l’hanno fatta e a tutti gli operatori in prima linea. Un pensiero va ai colleghi delle RSA che sono stati colpiti duramente dalla pandemia e che piangono, insieme ai familiari, la perdita di tanti ospiti. Sappiamo che come noi hanno cercato di alzare barriere e proteggere ma basta davvero poco e tutto diventa un incubo.
“Prudenza e protezione, così abbiamo evitato i contagi nelle Rsa ispresi”
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