Essenzialità e comunità, i Keemosabe presentano la loro opera prima “Look Closer”
Fuga della città, rinnovamento individuale e condivisione. La band del Lago Maggiore racconta il disco d’esordio, un album corale che invita a guardare più attentamente al presente per viverlo con più intensità
Per un musicista avere tra le mani il proprio disco d’esordio è una gioia davvero indescrivibile. L’odore ancora fresco della confezione, il libretto dei testi tutto da sfogliare, la custodia da riporre accanto alla propria collezione: tutti gesti ieratici, che hanno a che fare con un oggetto ormai raro, quasi dimenticato, il cui fascino rimane però insuperato e insuperabile. Lo sanno bene i Keemosabe che a distanza di un mese dall’uscita in digitale adesso possono godersi insieme ai propri ascoltatori anche la copia fisica della loro opera prima, Look Closer.
Uscito lo scorso 23 ottobre per Believe Music, Look Closer è un disco che racconta, tra riff di chitarra da far ballare i palchi di Glastonbury e lunghe suite musicali, la fuga di una donna “schiava di una vita che non gli appartiene”. Ancor prima di mettersi le cuffie alle orecchie, il messaggio della band è chiaro già dalla copertina: la donna è dipinta tutta di blu, il colore secondo Kandinskij della spiritualità, ma anche del rinnovamento, del cielo e del Lago, come il Maggiore, dove al momento, in tempi di lock-down, la band si è rifugiata nel proprio “home-studio”.
«Purtroppo, la situazione attuale ci ha tolto l’occasione di presentare e suonare dal vivo il disco – spiegano i “fratelli da madre diversa” Alberto, Andrea e Sebastiano -. Un disco che è stato pensato e scritto per essere suonato dal vivo, sul palco. Ci sono venute a mancare certe fondamenta ma ci stiamo riorganizzando, trascorrendo insieme queste giornate nel nostro studio, suonando e divertendoci».
Non solo il lock-down, quest’estate, a registrazioni concluse, la band “modern rock” apprezzata sul palco delle selezioni di X Factor ha dovuto affrontare un cambio di formazione dopo l’abbandono del bassista Pino Muscatelli: «È stato un enorme dispiacere e una scelta davvero sofferta – commentano i ragazzi -. Adesso siamo un trio e questo paradossalmente apre molte possibilità: quando riduci gli strumenti a disposizione si ritorna all’essenziale e il nostro disco parla proprio di essenzialità. Suonare con uno strumentista in meno significa anche dare più importanza ai quei dettagli che prima magari era più facile perdere».
Essenziali ma non per questo povere e minimali – la cavalcata Let the Sun Set ne è la prova – le dodici tracce incise dai Keemosabe in Look Closer. Si parte subito a mille con All is One, il giro di basso è una chiara dichiarazione di intenti, un’anteprima dell’identità e dell’alchimia musicale che la band ha raggiunto dopo tanti anni tra palco e sala prove. Come ogni album che si rispetti seguono i cavalli di battaglia, i singoli Out Of The City pt.2 e The Lights Go Down (di quest’ultima ve ne abbiamo parlato qui).
Come spiegato dalla band, l’album si può dividere in tre sezioni: fuga, rivelazione, ritorno. «Tutto ciò che la donna protagonista dell’album ha compiuto nel corso della sua vita è stato un compromesso per soddisfare le aspettative delle persone attorno a lei, mai per accontentare se stessa – questo il fil rouge di Look Closer -. Da qui la decisione di smettere di essere una macchina dell’inutilità e intraprende un sentiero sconosciuto che la condurrà al vero senso della vita, una strada circondata da deserti, fiumi, tempeste».
Lungo lo scorrere dei brani, la donna, così come l’ascoltatore, giunge alla intima ballata di “The Valley”, una metafora dell’eden, con le armonie da “istant classic” alla Father John Misty.
Il pezzo, che su vinile sarebbe perfetto per segnare il passaggio da “side A” a “side B”, rappresenta la comprensione dell’esistenza umana da parte della donna, ma qualcosa in lei non va.
«Quello che dovrebbe significare il raggiungimento dell’eterna felicità provoca in lei una sensazione di smarrimento – spiega la band -. Sente il bisogno di condividere il messaggio appreso con le persone amate. Riprende dunque una strada lunga e tortuosa, tornando alla sua quotidianità ma con una nuova rivelazione spirituale: la risposta era sempre stata lì, nelle piccole cose a cui non aveva mai prestato attenzione, ma solo ora è in grado guardare più attentamente (da qui il titolo Look Closer, ndr) e vivere il presente più intensamente».
L’essenzialità nei Keemosabe si sposa dunque con un’altra parola, comunità, ricercata anche fuori dal disco, tra featuring, colonne sonore, videoclip cinematografici (sopra il video di Out of the City pt.2 realizzato da Montsugi)e le “Keemo-call”, le dirette Instagram con cui la band intervista ospiti e fa conoscere il mondo all’ombra dei riflettori: dalla produzione alla distribuzione musicale, passando naturalmente per giornalisti, dj radiofonici, band amiche e alcuni nomi di spicco come Boosta dei Subsonica.
«Il cuore del nostro progetto è collaborare e creare una comunità con le altre persone che seguono il nostro pensiero e stile di vita: ci riteniamo un’entità abbastanza unica e questo ha rafforzato il nostro rapporto. Adesso la nostra volontà è di aprire la “realtà Keemosabe” a qualcosa di più di una semplice band».
Non è infatti mancato il supporto di artisti come Flora Cavina e Matteo Costanzo, o il maestro aronese Leonardo Varsalona, musicisti, ma non solo, che hanno dato vita all’album insieme alla band.
«Look Closer nasce con l’impronta di più persone – sottolineano i Keemo -. A volte di queste persone rimane soltanto il nome all’interno del disco ma noi non possiamo dimenticare il lavoro di Luca Martegni, Enrico Mangione e Tommaso Colliva, premio Grammy che ha reso l’Italia illustre nella produzione musicale. L’impegno di tutti ha dato vita a qualcosa di speciale e ce ne rendiamo conto ancora di più adesso, che il disco lo possiamo tenere tra le nostre mani – concludono -. Un tempo un disco era un oggetto sacro e per questo abbiamo realizzato insieme a Francesco Curci e Walter Pirone un prodotto dal packaging prezioso, colorato d’oro e con le lucidature UV. È stato davvero un “lavorone” ma siamo estremamente contenti del risultato».
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